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Il tempo passa, per tutti, è un fatto innegabile che non puoi fare altro che rassegnarti ad accettare. Nel mondo sportivo poi, un universo fatto di idoli e miti, il passare del tempo è incontrastabile, perché nei cuori di chi tifa ci sarà sempre una nuova figura da venerare.


L'esempio del passare del tempo nel wrestling business l'ho avuto in questa ultima settimana, la prima senza “The Macho Man” Randy Savage, scomparso il 20 maggio a Tampa, in Florida, in seguito ad un botto stradale causato da un infarto (anche se tutte le cause sono ancora da chiarire).

Aveva 58 anni il leggendario cultore del machismo, ed una particolarità: era tra i pochi a poter dire di aver veramente scritto un pezzo importante della storia del wrestling, anche solo per essersi riuscito a imporre e a vincere qualcosa quando sulle scene imperversavano Hulk Hogan ed il più grande fenomeno mediatico sviluppatosi nel breve periodo, Ultimate Warrior.

Nella WWE dei tempi d'oro, quella dell'era gimmick nella seconda metà degli anni '80, Randy riuscì a conquistare due volte il titolo mondiale e una quello intercontinentale; inezie rispetto a tanti palmares sfoggiati oggi da attuali wrestler della federazione di Stamford, ma che per l'epoca rappresentavano successi inestimabili.

C'è da dire che uno dei due allori mondiali lo vinse prima nel backstage che non sul ring: a Wrestlemania IV, nel 1988, la decisione dei booker era che il vacante Winged Eagle sarebbe dovuto finire alla vita di “The Million Dollar Man” Ted DiBiase, dopo che i favoriti al successo finale, Hulk Hogan e Andre The Giant (protagonisti del main event l'anno prima a Wrestlemania III in quello che tutt'oggi è il match più famoso della storia), erano finiti fuori dal torneo d'assegnazione della cintura per doppia squalifica; Savage però prima della finale puntò i piedi, arrivando a minacciare di lasciare la compagnia se non gli avessero dato il titolo in finale. Andò a finire che per placarlo, alla fine Vince McMahon e soci lo accontentarono, lasciando a DiBiase la promessa che a lui sarebbe toccato dopo conquistare il titolo mondiale. Promessa che svanì col passare dei mesi…

Ciò non toglie che Randy meritava quel titolo tanto quanto DiBiase, sia chiaro. Aveva fisico, carisma, un tono di voce straordinariamente accattivante, una valletta d'eccezione, quella Miss Elizabeth compagna nella vita come sul ring.

Un personaggio Macho Man, in termini assoluti. L'angle del matrimonio sul ring è storia; il match a Wrestlemania III, pur perso, contro Ricky “The Dragon” Steamboat per il titolo intercontinentale, è storia; i Mega Powers assieme ad Hulk Hogan sono storia. E tante altre situazioni vissute da questo italo-americano (il cognome vero è Poffo, il padre Angelo nacque in America pochi mesi dopo l'arrivo dei genitori dall'Italia) sono storia.

L'ha fatta anche nella WCW, dove è stato il primo ex WWE ad avere successo facendo crescere a dismisura la principale rivale di Vince McMahon: ben quattro i titoli mondiali conquistati alla corte di Ted Turner, che partì da lui per costruire la cavalcata che la portò a superare la promotion di Stamford alla leadership del wrestling business.

L'ha fatta anche fuori dai ring, con tante dichiarazioni sopra le righe che probabilmente tra i principali deliranti fuoriusciti dal mondo del wrestling lo rendono inferiore solamente a Ultimate Warrior, Iron Sheik e Damien Demento. Una su tutte: nel 2004 dichiarò di andare in giro con un coltello per difendersi da Hulk Hogan, che per lui rappresentava la paranoia più grande…

Torniamo all'inizio però: il tempo passa, e secondo me la dipartita di “The Macho Man” Randy Savage è passata troppo sotto silenzio. Quasi dimenticato, lui, uno dei pochi a vincere qualcosa nell'era del cannibale.

Questo perché probabilmente è vero che almeno da noi in Italia il wrestling è una disciplina che attira ragazzi sempre troppo giovani per conoscere chi ha fatto la storia di qualcosa nel nostro Paese.

Come Randy, al quale mandiamo il nostro ultimo “oh yeaaaaaaah!”…

Booya!

Scritto da Niccolò Bagnoli
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