You’re Next #172

Finalmente la WWE, dopo aver annunciato Shawn Michaels mesi fa ormai ed aver poi lasciato che restassero solo le voci a rincorrersi, ha dato la sterzata definitiva alla classe 2011 della sua Hall Of Fame. A HBK infatti si sono aggiunti altri tre personaggi, dunque ora You're Next! può cimentarsi nel ripercorrere brevemente le loro carriere e capire se son degni o meno di cotale onore, nell'attesa tra due settimane di commentare altri nomi che sicuramente si aggiungeranno.


Iniziamo con l'ultimo nome saltato fuori, quello della lottatrice che per prima ha incarnato il concetto di Diva come lo conosciamo oggi: Tammy Lynn Sytch, aka Sunny.

La bella nativa del New Jersey non ha alcun titolo di rilievo in bacheca, ma è stata in assoluto colei che ha importato nella WWE, dove debuttò come manageressa a poco più di vent'anni nel lontano 1994, quelle movenze, quegli abbigliamenti, quei modi di fare provocanti che fino a quel momento non facevano parte del wrestling business. Fabulous Moolah, Wendi Richter, Leilani Kai, Alundra Blaze, Velvet McIntyre, Bull Nakano, nessuna di queste lottatrici aveva mai portato in scena la sua bella presenza prima della tecnica sul ring. Neppure Miss Elizabeth e Sensational Sherri erano arrivate a tanto. Sunny invece, a dispetto di un palmares praticamente inesistente, è stata in grado di ritagliarsi il suo spazio tra tutine succinte, sguardi ammiccanti e atteggiamento sbruffone e sopra le righe, in mezzo all'universo WWE, mettendo in secondo piano qualsiasi aspetto tecnico. Oggi il wrestling femminile, nella federazione di Stamford soprattutto, conta quanto il due di picche, ma se il business-Divas esiste e va avanti tra seni rifatti e modi ammalianti, il merito è di Sunny. Non so se questo può essere bastevole per l'ingresso nella Hall Of Fame della WWE, ma se oggi tra un match e un altro ci rifacciamo un po' gli occhi è merito suo, dunque diciamo di sì dai.

“Bullet” Bob Armstrong. Il nome, anche a qualcuno dei più appassionati, può non dire nulla. Questo signore oggi di una certa età proveniente da Marietta, in Georgia, è stato una leggenda del circuito NWA per quanto riguarda il Sud, ed ha vinto qualcosa come cinquanta cinture tonde tonde, senza contare i successi ottenuti in altre federazioni minori. Ma Bob Armstrong non ha solo il merito delle sue tante vittorie nella NWA: il suo principale successo infatti è stato l'essersi dedicato anima e corpo al business, tanto da essere il capostipite di una dinastia che si nutre solo ed esclusivamente di wrestling. Bob è il padre di Brad (una vita nella NWA piena di cinture e la conquista di due titoli, il Six Man Tag ed il Light Heavyweight nella WCW), Scott (una decina di titoli tra NWA e compagnie minori da wrestler e oggi arbitro della WWE), Steve (campione US nella WCW nel 1991) e soprattutto di Brian Gerard, ovvero BG James, ovvero Roaddog, cinque titoli di coppia, un intercontinentale e un hardcore nella WWE, due di coppia nell'allora NWA-TNA, e soprattutto membro, con Billy Gunn (i due formavano i New Age Outlaws), della seconda D-Generation X assieme a Triple H, “X-Pac” Sean Waltman e Chyna. Per quanto mi riguarda un uomo che ha dedicato la propria vita al wrestling instradandovi il resto della famiglia, è un uomo degno della WWE Hall Of Fame.

Il terzo nome è invece quello di un personaggio ben noto, nonostante alla voce titoli figurino appena un titolo TV ed uno US della WCW: “Hacksaw” Jim Duggan. Duggan, newyorkese classe 1954 approdato al wrestling solo perché un brutto infortunio gli chiuse le porte del football e della NFL, è stato uno dei tanti patrioti americani, forse il meno vincente, ma di certo il più simpatico. Duggan è riuscito come pochi nel corso della sua carriera a rimanere sempre ben impresso nella mente di ogni fan di wrestling che si rispetti, grazie al caratteristico “Hoooooooo!” che accompagnava ogni suo ingresso in scena ed all'asse di legno brandita tra le mani. E comunque non è vero che non ha mai vinto nulla di importante: il 24 gennaio 1988 alla Copps Coliseum di Hamilton, stato di Ontario in Canada, eliminando per ultimo One Man Gang (e prima di lui Danny Davis e Nikolai Volkoff), Duggan vince una strana battaglia a 20 wrestler, senza nulla in palio, che per la WWE rappresentava poco più che un esperimento. Si chiamava Royal Rumble, e dopo ventiquattro edizioni resta sempre il momento più emozionante dell'anno. Nel suo albo d'oro figurano Hulk Hogan, Ric Flair, Bret Hart, Yokozuna, Steve Austin, Triple H, The Rock, e tanti altri che ben sapete. Duggan all'epoca non sapeva che primeggiare in quel battaglione significasse entrare nella storia. Oggi lo sa bene, e perciò è ben giusto che il suo nome figuri nell'Arca della Gloria della WWE.

Chiudiamo con quello che certamente non ha bisogno di presentazioni, a meno che tra i lettori non ci sia qualcuno che ha iniziato a seguire il business da pochi mesi, e sul cui merito per l'ingresso nella Hall Of Fame della WWE non grava certo dubbio alcuno: Shawn Michaels.

La bacheca dell'Heartbreak Kid, 46 anni a luglio e oltre 25 di questi trascorsi sulla cresta dell'onda, parla da sola: nei secoli fedele alla WWE come solo Undertaker è stato in grado di esserlo, lo Showstopper in carriera ha conquistato tre titoli intercontinentali, quattro di coppia, quattro mondiali e un europeo. Ma non è solo questo a rendere infinito HBK: sono il tag team con Marty Jannetty, le due vittorie consecutive (1995 e 1996) nella Royal Rumble, le faide con Bret Hart, Undertaker, “Stone Cold” Steve Austin, Triple H, Ric Flair, Mankind, Hulk Hogan solo per citarne alcuni, e soprattutto quei capolavori messi in piedi a Wrestlemania, su tutti i due incontri con il becchino, lo stratosferico match contro Ric Flair, il Triple Threat della ventesima edizione con The Game e Chris Benoit, e poi la gemma, l'Iron Man Match chiuso ai supplementari contro Bret a Wrestlemania XII. Shawn Michaels è l'incarnazione dell'emozione, come solo Hogan, Austin e The Rock sono riusciti a infondere nella folla. The Main Eventer, the Showstopper, the Headliner. Tutto questo è semplicemente HBK. Shawn Michaels. Un uomo che della Hall Of Fame deve averne le chiavi.

Booya!

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