AEW Planet #42 – Debutti e rese dei conti

Ne stanno succedendo di cose in quel di Dynamite. Plenty of things to talk ’bout, si direbbe al di là del laghetto Atlantico. Potremmo iniziare con i debutti, visto che ad Andrade El Idolo, annunciato a gran (…) voce da Vickie Guerrero, si è aggiunto anche Tommy End. O come cavolo si chiama, ha detto Jim Ross durante Road Rager. Per poi chiamarlo Malakai Black. Che vabeh, andava bene anche Tommy End a quel punto. Peraltro, può calcare i ring in casa AEW grazie a quei volponi della WWE che hanno dimenticato di aggiornare la clausola del “fermi tutti” ai 90 giorni canonici. Così dopo 30 giorni e qualcosa Black debutta in AEW, in modo ottimo peraltro. E contro un avversario perfetto, così finalmente – forse – Cody avrà qualcosa di utile da fare, invece di ammorbarci con faide senza senso.


Deludente, di contro, il debutto di Andrade, che affrontava Matt Sydal in un match nato per dei contrasti da bulletti liceali di secondo grado. Io spingo te, tu ti arrabbi e allora mi sfidi per farmi pelo e contropelo. Mah. Il primo impatto di un wrestler nuovo è fondamentale per far capire al pubblico come intendi lanciarlo. Spesso in AEW i debutti sono stati gestiti alla grande, da Sting allo stesso Black, passando per il compianto Brodie Lee. Purtroppo con Andrade l’impressione è che non si sappia realmente dove metterlo: dalla poca fantasia nell’affiancarlo a Vickie Guerrero, peraltro già manager (con percentuale di successo zerovirgola) di Nyla Rose, al suo primo incontro letteralmente con uno a caso, al fatto che di spazio in zone più competenti della card ce ne sia veramente poco.

Potremmo anche parlare della resa dei conti tra Inner Circle e Pinnacle in una faida che si trascina ormai da tanti (troppi, forse) mesi. E in cui facciamo fatica a capire con esattezza quale sia l’elemento trainante, ormai. I due quintetti si scambiano vittorie e sconfitte senza una logica apparente, considerato che l’obiettivo finale non può non essere MJF che batte Jericho sancendo quindi il successo per il suo team. Nel mezzo, però, l’impressione è che si stia cercando di dare risalto a Wardlow, mattatore anche in incontri in cui non partecipa sul ring. Il tutto a discapito dei veri tag team, che in questo feud stanno giocando un ruolo davvero marginale, ed è un vero peccato, vista la qualità dei match che FTR e Santana & Ortiz potrebbero tirare fuori.

E riguardo ai tag team, potremmo parlare anche degli Young Bucks e di un regno che numeri alla mano è dominante a dir poco. I fratelli Jackson, però, sono costantemente sull’orlo di un pericoloso precipizio: i loro personaggi, a parer mio, sono eccessivamente caricaturati. Il loro stile di combattimento e la loro storia in AEW difficilmente li farà mai passare di moda, però nella gestione di un heel, bisogna sempre stare attenti a non eccedere nell’heat, perché poi i fischi non diventano per il ruolo, ma perché semplicemente ne abbiamo avuto abbastanza. Come di Callis e Good Brothers, per esempio. O di quest’intera storia che riguarda l’Elite, campione di tutto, ma sminuita nel merito dal fatto che ogni match sia sostanzialmente deciso dalle interferenze.

Compresi quelli del campione Kenny Omega, che ora si trova ad affrontare l’avversario più pericoloso che ci sia all’interno del roster AEW. E non per questioni di ranking, ma per una costruzione lenta, metodica, meticolosa e puntuale che non può che collimare con una run titolata. Adam “Hangman” Page è l’esempio perfetto di come dev’essere gestita una narrazione a lungo termine. I suoi primi momenti in AEW sembravano un po’ così, in ombra rispetto ai membri portanti della neonata federazione di Jacksonville. Era sempre lasciato lì come un cane sciolto, slegato da storyline particolarmente interessanti, fino all’unione con Kenny Omega nel tag team che ha dominato la scena titolata del primo anno. Da lì, abbiamo cominciato a capire che Page realmente poteva diventare oro puro. E che lui sarebbe stato il prescelto in grado di detronizzare il campione, simbolo del male.

E il modo in cui ci stanno anticipando tutto questo è secondo me ottimo: abbiamo Omega, la cui tracotanza ha raggiunto il suo apice e che ora sembra più apparenza che sostanza, e abbiamo Page che si trova con l’occasione della vita e teme di lasciarsela scappare via. Come già avvenuto in passato. Page teme Omega, Omega sa che Page può batterlo. E sa che il suo regno del terrore da champion of everything è a un punto di svolta e su più fronti. Una trama molto realistica e in cui il lato umano degli ex tag team partner può sublimare una performance in ring che si spera sia priva di elementi esterni. Basta Don Callis, basta Good Brothers, basta Young Bucks. Questo è un dream match che stiamo aspettando e che stanno costruendo da un sacco di tempo.

Insomma, abbiamo parlato di tante cose. Il che non può che essere un sintomo di come a Dynamite stiano facendo bene, ultimamente, il loro lavoro dopo una fase di monotonia primaverile. La musica sta cambiando, ogni parte della card sembra pensata e calibrata per valorizzare chi ne fa parte. Abbiamo feud interessanti praticamente ovunque, Darby Allin e Page (Ethan) sono pronti al face off, così come Cage e Starks per l’FTW e più in generale per il futuro del team Taz, potremmo aver chiuso il penoso capitolo Cody vs QT… E non è poco. Le premesse ci sono tutte, non ci resta che goderci lo show!

Andrea Samele
Andrea Samele
Laureato in filosofia, amante della creatività, della scrittura e del suono musicale di una chop. Appassionato di wrestling di lunga data per la capacità di creare personaggi e storyline in grado di coinvolgere gli spettatori. Per Tuttowrestling.com curo l'AEW Planet.
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