AEW Planet #88 – La fretta è cattiva consigliera

Settembre per la AEW ha rappresentato un mese critico sotto diversi punti di vista. Sull’onda lunga di All In e del successo di Wembley, parzialmente oscurato dalla vicenda CM Punk, abbiamo avuto in rapida successione All Out. Nella notte c’è stato Dynamite Grand Slam, cui farà seguito Rampage venerdì e poi WrestleDream settimana prossima. Un continuo susseguirsi di PPV e speciali che fa il paio con la notizia data da Andrew Zarian secondo cui in All Elite si passerà a 12 Pay per View invece dei consueti 4.


Una scelta in linea con le necessità dettate dai tempi, con il pubblico che chiede sempre contenuti nuovi e soddisfacenti. Ma anche un enorme rischio, parlando della genesi di questi eventi. Della costruzione, del booking, dei personaggi, della commistione con gli show settimanali che da sempre hanno avuto importanza quasi pari ai Pay per View. In questi giorni, la mia sensazione è che in AEW si stia continuamente correndo, senza avere il fiato per poter stare dietro a questa striscia infinita di occasioni speciali. All In ci ha regalato momenti magici, forse più per l’intera cornice che per i contenuti dell’evento stesso. Ma neanche il tempo di digerirlo che subito, courtesy of CM Punk, ci si è lanciati verso All Out con pochissime certezze.

E l’ansia di chiedersi che card avremmo avuto, che reazione Chicago avrebbe dedicato, cosa potersi aspettare dalle main storyline. Abbiamo avuto l’abbraccio di Cole e MJF di fronte a 81mila persone e una settimana dopo c’è ancora un PPV con loro nel low card per il titoli ROH. Legittimo e anche logico, ma tenere il passo di una schedule così ricca porta necessariamente a dover settorializzare. Tony Khan ci ha abituato a card di oltre 10 match, per durate che vanno dalle 4 alle 5 ore. Una volta a trimestre questo ha un senso, perché condensi in un solo momento mesi di preparazione. Ma triplicare la frequenza di questi macro-eventi risulterebbe in un’indigestione difficilmente gestibile. Anche se ragioniamo in ottica di quanto speciale vogliamo che un momento sia.

Pensiamo ai Death Match: averli ogni settimana o quasi è una scelta vincente? Io dico no. Perché stipulazioni, violenza crescente e armi varie ed eventuali sono dei mezzi, degli espedienti per vendere l’odio che una storyline può creare solo con il tempo. Sono occasioni “rare” che attendi per portare a termine una trama che ti ha già coinvolto. Quando si capovolge la prospettiva, secondo me si sbaglia, perché si cerca di convincere lo spettatore a guardare qualcosa non per la cosa in sé ma perché “è un Death Match, è speciale per forza, capisci?”. Questo banalizza i contenuti, sfociando nell’avere lo stesso problema che a volte palesa la WWE, ovvero di impiccio e impaccio quando arrivano alcuni PPV.

Insomma, si sarà intuito, non sono un fan dell’idea di espandere il numero dei PPV. Anche per la natura della compagnia stessa e delle sue commistioni con altre federazioni. Avremo Forbidden Door e All In anche nel 2024, avremo gli speciali settimanali come Fyter Fest, Grand Slam e affini. Questo settembre è stato una perfetta cartina di tornasole del pericolo di essere avidi in tal senso. Danielson si infortuna, Hayter fuori fino a febbraio, PAC anche lui in infermeria, CM Punk con il consueto momento di ordinaria follia, Jack Perry alla ricerca di notorietà. Per lo stile lottato della AEW non è così raro pensare a infortuni, solo Grand Slam Dynamite ne ha avuti due e importanti.

La fretta è cattiva consigliera, dice il titolo di questo editoriale. Il DNA della AEW nella sua chiamiamola età dell’oro parlava di booking a lungo termine. Di costruzione e lavorazione minuziosa di personaggi, di attenzione ai dettagli, perché in ogni minima puntata trovavi un segno di qualcosa che stava per succedere. La preparazione di Hangman Page, il ruolo di MJF, i debutti di CM Punk e Danielson, i turn heel (quasi) sempre motivati e documentati. Correre per rispettare la schedule di PPV/speciali significa sacrificare tutto questo in nome dell’occasionalità. Dover creare, quindi, storie molto più rapide e che necessitino di meno spiegazioni. Probabilmente comporterà affidarsi a personaggi già consolidati, avendo meno tempo di crearne di nuovi.

Da un lato, mantenere i tuoi tratti distintivi e identitari, dall’altro adeguarti ai tempi che cambiano ed espandere il tuo raggio di azione. Prospettive compatibili o incompatibili? Per me, la seconda. Quale scegliere? Visti i traguardi raggiunti e la fase di crescita ancora in corso, per me la prima. Consolidare i risultati raggiunti prima di guardare oltre. Insomma, Tony, va già bene così. Non credi?

Andrea Samele
Andrea Samele
Laureato in filosofia, amante della creatività, della scrittura e del suono musicale di una chop. Appassionato di wrestling di lunga data per la capacità di creare personaggi e storyline in grado di coinvolgere gli spettatori. Per Tuttowrestling.com curo l'AEW Planet.
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