The Codebreaker #68 – Believe in the Shield. Provare per credere

The Codebreaker

In un contesto complessivamente non soddisfacente le maggiori gioie provengono dai tag-team e dalle stable. Finalmente gli Usos, al termine di un'estenuante rincorsa, hanno conquistato i meritatissimi titoli di coppia, ponendo fine all'ultimo, almeno si spera, regno dei New Age Outlaws. Mentre i Real Americans sono recentemente coinvolti in una faida interna dalla quale Cesaro ha tutto da perdere, in quanto meritevole di ben altre rivalità, e match di elevata qualità vengono ancora offerti dai fratelli Rhodes, dalla Wyatt Family (con il leader Bray semplicemente perfetto nel discorso face to face con l'icona del passato Hulk Hogan e l'attuale uomo copertina John Cena), l'attenzione di molti fans e addetti ai lavori è stata rivolta alla situazione interna dello Shield.


I mastini della giustizia sono stati recentemente caratterizzati da dissidi interni, screzi apparentemente insanabili, il “noi” passato in secondo piano rispetto ad ogni singola individualità, l'egocentrismo ai massimi livelli, un'unità non più coesa come un tempo e pronta ad esplodere da un momento all'altro. Prima il mancato contributo di Dean Ambrose nella parte finale del match di Elimination Chamber, poi il colpo di scena con Seth Rollings che nega il cambio al campione USA in carica nel match di rivincita. La stable, capace di dettare legge in WWE nell'ultimo anno, sembrava giunta al capolinea e destinata ad uscire di scena dopo lo strepitoso match offerto in ppv contro la Wyatt Family.

E invece è accaduto l'esatto contrario. Seth Rollings, seppure a fatica e subendo gli attacchi verbali e gli schiaffi di Dean Ambrose, si è confermato il punto di forza psicologico, l'anello di congiunzione, capace di far ragionare i compagni, gestire e risolvere le rivalità interne, tener testa ma, al tempo stesso, farsi ascoltare nonostante le provocazioni di Ambrose e gli sguardi minacciosi di Reigns, mettendo in primo piano il futuro dell'unione rispetto alle ambizioni personali. Dopo le belle parole e l'apparente riappacificazione occorreva però in breve tempo un attendibile banco di prova, puntualmente arrivato nell'ultimo taping di Raw. Roman Reigns e Seth Rollings, con Dean Ambrose a bordo ring, vs Cody Rhodes e Goldust.

Il match si è rivelato equilibrato, emozionante, ricco di capovolgimenti di fronte e ritmo elevato. Alla fine Seth Rollings, dopo aver neutralizzato le due migliori mosse finali di Cody, ha chiuso con la propria finisher, facendo trionfare il vecchio nuovo Shield, nel quale tutti sono rimasti al proprio posto per non danneggiare gli equilibri, ognuno si è sacrificato per il bene del gruppo, chi gettando il cuore oltre l'ostacolo, chi spaccando il match nel momento topico, chi incoraggiando i compagni a bordo ring senza perdersi in controproducenti squalifiche. In tanti lo davano per spacciato, in troppi lo consideravano soltanto un gran bel ricordo, invece lo Shield ha dimostrato di rappresentare ancora una parte troppo importante della WWE per dover rinunciare ad ulteriori pagine di storia.

Singolarmente Reigns, Ambrose e Rollings hanno tutto per sfondare: potenza, velocità, imprevedibilità, talento, carisma, resistenza, gioventù, ma, al tempo stesso, in stable rappresentano un qualcosa di unico e difficilmente ripetibile, le diverse sfaccettature del wrestler perfetto: il braccio, la mente, l'astuzia. Nell'attesa che ognuno intraprenda un domani la strada da singolo, godiamoci la seconda giovinezza, il ritorno di fiamma, la riunione della stable che ha dominato nell'ultimo anno a Stamford.

La Wyatt Family ha finora vinto il duello, ma, anche in virtù delle gimmick assunte, costituisce un gruppo non paritario, con Bray Wyatt, straordinario dentro e fuori dal ring, a dettare legge, a far valere la propria leadership nei confronti dei propri scagnozzi pronti a tutto pur di non deludere il loro mentore. Lo Shield invece si è fondato fin originariamente sullo spirito di gruppo, sulla coesione. Un formidabile trio, tre galli nel pollaio non disposti ad abbassare la cresta soltanto contro nemici esterni.

Ognuno è consapevole di poter intraprendere un cammino da singolo in qualsiasi momento, ma è altrettanto convinto di vivere e trasmettere determinate emozioni soltanto rimanendo uniti, sacrificandosi per il compagno in difficoltà. Quei tre pugni uniti si completano a vicenda, riescono a sfruttare nel migliore dei modi ogni situazione, a trovare il bandolo della matassa ogni qual volta il caos sembra prevalere, a tirar fuori l'asso dalla manica quando soltanto apparentemente si gioca a carte scoperte. Tre potenziali campioni, tre talenti in grado di raggiungere traguardi prestigiosi e diventare quello che attualmente Randy Orton rappresenta per l'intero universo WWE, ma non è ancora giunto il momento.

Il face to face nel backstage con Kane ne è la dimostrazione, è stato l'antipasto di quanto andato in scena pochi minuti dopo sul ring contro i fratelli Rhodes: ci troviamo dinanzi a tre voci, a tre anime di una stessa volontà, della medesima forza, assolutamente desiderosa di non farsi ostacolare da nessun demone. Qualunque sia il loro futuro, la WWE cadrà in piedi, si ritrova tra le mani tre wrestler fenomenali dentro e fuori dal ring; smettere di valorizzare il loro enorme talento si rivelerebbe un clamoroso e imperdonabile autogoal.

Con il passar del tempo i mastini della giustizia non rappresentano più i classici heel odiati dal pubblico, il quale ha imparato ad apprezzarne qualità e meriti, non perdendo occasione per regalare autentiche standing – ovation. Anche gli scettici hanno cambiato idea, ormai tutti credono nello Shield. Provare per credere.

Scritto da Diego Anelli
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