The Codebreaker #65 – Viaggio di andata senza ritorno?

Dopo un periodo di stop forzato ritorna online il vostro The Codebreaker e non possono mancare gli argomenti pochi giorni dopo la Royal Rumble e il successivo Raw. Purtroppo la WWE, fatta eccezione per alcuni momenti e decisioni, è caduta in errori banali, incomprensibili, talvolta al limite dell'autolesionismo, ma andiamo con ordine. In tale occasione preferisco approfondire singolarmente top e flop delle ultime giornate, intensissime, ricche di colpi di scena, momenti da restare a bocca aperta, attimi di panico e incredulità.
TOP:
BRAY WYATT: poteva essere la serata della sua consacrazione, del salto di qualità e così è stato. Il leader della Family è stato protagonista di un match a cinque stelle contro Daniel Bryan, tra i migliori esponenti in assoluto in termini di tecnica e velocità attualmente presenti sui ring WWE. L'heel ha prevalso in maniera netta, chiara, pulita, senza se e senza ma, senza interferenze o irregolarità, mettendo in mostra un bagaglio di tecnica, potenza, carisma, resistenza assai rilevanti, senza scordare una capacità straordinaria nell'immedesimarsi in un personaggio difficilissimo da interpretare. Almeno per il sottoscritto era dai tempi di Kane e Mankind che non assistevo ad un ruolo simile; mix di pazzia, leadership, realtà e mistero in grado di salire in cattedra con personalità, credibilità e coinvolgimento. La WWE si ritrova tra le mani un personaggio che tira, un wrestler completo anche per la disciplina moderna, in grado di lasciare il segno lottando e con il microfono in mano, un patrimonio da non disperdere.
ROMAN REIGNS: è il vincitore morale della Rumble, sconfitto soltanto da Batista, un ritorno trionfale ma in sostanza già vicino dall'essere ritenuto fallimentare. Sancisce il nuovo record di eliminazioni in una rissa reale nella storia della federazione, conferma un carisma, una consapevolezza dei propri mezzi, una rabbia agonistica davvero travolgentI. Se non ci saranno imprevisti sul suo cammino, è destinato a conquistare il massimo alloro nel medio lungo termine, percorrendo la carriera da singolo dopo essere entrato nella storia, assieme agli altri componenti dello Shield, del wrestling recente. Ha tempo e modo per perfezionare e arricchire il proprio parco mosse, mantenere e incrementare la concretezza senza rischiare di perdersi in un bicchiere d'acqua. Il pubblico è già dalla sua parte, ne ha riconosciuto il talento e la potenza, il futuro è dalla sua parte.
FLOP:
BATISTA: è vero, non è mai stato un fulmine di guerra sul ring (non bisogna ricordarsi soltanto gli ultimi periodi di successi e netti miglioramenti in qualità di intrattenitore al microfono, ma anche le annate precedenti, vissute da tipico super palestrato ma impedito sul quadrato e impalpabile dinanzi al pubblico), era assente da ben quattro anni dalla WWE, ma dopo The Rock pensavo di non dover riscrivere certe cose e non rivedere determinati errori. L'attore di Hollywood però non soltanto è quasi unico come intrattenitore trasmettendo emozioni non appena apre bocca, ma arrivava da ben 6 anni di inattività dal mondo del wrestling e poteva avere qualche giustificazione maggiore in occasione di un rendimento non esaltante quando è stato richiamato in causa. Alla Rumble abbiamo ammirato un Batista impresentabile, incapace di lasciare il segno, spesso fuori dai giochi, caratterizzato da una lentezza disarmante, una resistenza ben al di sotto della sufficienza e una lucidità a corrente alternata. Doveva vincere e ha vinto, ma la giustificata reazione del pubblico, non soltanto dovuta all'assenza di Bryan, si è tradotta in una valanga di fischi e disapprovazione. L'Animale ha staccato il pass per il main event di Wrestlemania, ci si augura almeno che sfrutti i mesi che ci separano dallo show dell'anno per recuperare una condizione almeno accettabile, perché non si deve vivere soltanto di un passato abbastanza glorioso, ma di un presente più che dignitoso, in rispetto di chi paga il biglietto e di un movimento che dovrebbe crescere, puntare e valorizzare i propri talenti e non ripresentare minestre riscaldate, vero bookers?
QUANTI PERCHE' DESTINATI A RESTARE SENZA RISPOSTA: dopo lo splendido match tra Daniel Bryan e Bray Wyatt ero gasato e mi attendevo una sfida dura, violenta, combattuta tra Brock Lesnar e The Big Show. La WWE è invece riuscita a rovinare tutto con un pre-match nel quale la bestia ha distrutto l'avversario con un incalcolabile numero di sediate, portando, come naturale conseguenza, un match farsa, ad handicap, di brevissima durata e incapace di fornirci risposte chiare e indiscutibili. Se i bookers volevano lanciare un messaggio sulla potenza del pupillo di Paul Heyman ci si poteva concentrare su un post match così impostato, senza togliere al pubblico la possibilità di assistere ad un match equilibrato e atteso. Non possiamo conoscere le motivazioni dietro a tale scelta; le condizioni fisiche dei protagonisti, la convinzione che sarebbe uscito un match lento e prevedibile, oppure una precisa volontà di offrire una sfida simile? Resteremo probabilmente senza risposte, ma si avevano mille altre strade per offrire un prodotto decente, obiettivo completamente mancato. Ricordando gli anni della WCW sta aumentando a dismisura il numero di match decisi da una squalifica per continue interferenze e irregolarità varie, lo spegnimento delle luci può far notizie una volta, se diventa una cosa abituale perde ogni valore. Alcuni match terminano con un finale incomprensibile anche in relazione al feud in corso; lo Shield ultimamente ha perso diversi match, non sarebbe stata la prima volta, a Raw John Cena, Daniel Bryan e il rientrante Sheamus devono sconfiggere il paladini della giustizia, arriva la Wyatt Family che colpisce e nella sostanza agevola i nemici, il match termina per squalifica, lo Shield perde, i beniamini del pubblico conquistano il pass per l'Elimination Chamber senza nemmeno vincere pulito il match. L'Authority tace, lo Shield protesta, la Wyatt Family, composta da uomini della palude forse non mentalmente lucidissimi ma capeggiati da una mente pensante, regala un assist a porta vuota ai propri nemici. Non esiste una risposta comprensibile.
TITOLI DI COPPIA: da tempo la categoria tag team non viveva un periodo di tale affermazione, con buoni match offerti, lunghissimi regni titolati (prima il Team Hell No con Kane e Daniel Bryan, poi lo Shield), ottime alternative con gli Usos in costante crescita, un Cesaro capace di riportare Swagger ad un'importante serie di vittorie, Luke Harper e Erick Rowan vicinissimi a strappare i titoli ai fratelli Rhodes, con citazione in particolare per Goldust, protagonista di una seconda giovinezza. Campioni credibili, match importanti, sfidanti di valore, un percorso nettamente in controtendenza rispetto al passato, una strategia spazzata via in una sola serata, con la vittoria dei New Age Outlaws. Una coppia di ex lottatori, almeno per lo standard che dovrebbe regnare nella federazione numero 1 al mondo, inevitabile trovare un elemento eccezionale (la furia di Lesnar) per impedire una scontata perdita dei titoli a sole 24 ore dalla conquista. Parliamoci chiaro, si vive di ere, epoche, le carriere iniziano, finiscono e quando arriva il momento di lasciare spazio ai giovani, i diretti interessati e chi ha potere decisionale dovrebbero essere i primi a capirlo. Nella vita fa la differenza anche rendersi conto del tempo che passa, dei limiti dell'età raggiunta, del momento per dire basta e mettersi definitivamente da parte. Vale per i campioni, per i fenomeni, figuriamoci per lottatori nella media generale. Arriviamoci prima che sia troppo tardi, ma dirlo in un mondo dove si pretende di lottare anche all'età della pensione nonostante i problemi di cuore forse è chiedere davvero troppo