The Codebreaker #63 – Se il ringraziamento non è dovuto…

Negli Stati Uniti pochi giorni fa hanno festeggiato il giorno del ringraziamento. Almeno in termini di wrestling il verbo “ringraziare” va sempre meno di moda, talvolta per sfortuna, in altre occasioni per incapacità, ogni tanto per una buona dose di confusione.


Spesso e volentieri i tapings prossimi a quella ricorrenza sono caratterizzati da gag, momenti dedicati al divertimento, alla festa e a qualche risata in allegria, ma con il lungo segmento di Titus O'Neil in preda ad un attacco di vomito si è raggiunto uno dei punti più bassi degli ultimi tempi. Tutto a danno della disciplina, di un prodotto a tratti insufficiente, di chi segue il nostro sport – entertainment preferito e, in primis,del diretto interessato, peraltro coinvolto nel Raw precedente in un segmento che ha confermato l'assoluta inutilità nell'invitare personaggi famosi provenienti da altri sport, o settori ben lontani dal ring.

Un paio di secondi di risate, poi stop, il gioco è bello quando dura poco, la parte centrale di Smackdown dedicata ad un qualcosa senza senso. Da sempre ho voluto e continuo tuttora a guardare il bicchiere mezzo pieno, ad evidenziare gli aspetti positivi emersi dalla gestione WWE e le grandi qualità di numerosi talenti nei roster di Stamford, ma nemmeno io ho il prosciutto sugli occhi e certe cose vengono difficilmente digerite anche da un appassionato ottimista come il sottoscritto.

Ad inizio editoriale facevo riferimento alla confusione, un qualcosa emerso nei miei pensieri analizzando ad esempio le recenti prestazioni di Alberto Del Rio, sicuramente brillante contro John Cena, capace di mettere k.o. un gigante come Big Show con due calci alla testa, ma è anche lo stesso lottatore che, per decisione dei bookers, quattro giorni più tardi viene schienato pulito da Sincara, interpretato nell'occasione da Hunico.

Un talento messicano, gradito o meno ad alcuni appassionati, ma già capace di conquistare più volte il titolo mondiale, perfetto in versione heel, assolutamente godibile e completo tecnicamente parlando, capace di non far più rialzare un gigante di oltre 2 metri e 20, al tempo stesso battuto, senza scorciatoie né episodi controversi, da una gimmick fallimentare, interpretata peraltro da un wrestler di terza fascia lontano da mesi dagli show che contano. La confusione regna sovrana.

La decisione di unificare i titoli può avere i suoi pro e i suoi contro, non farlo in uno degli show principali dell'annata fa riflettere. Secondo qualcuno potrebbe rappresentare la volontà di valorizzare un ulteriore ppv, scrivere una pagina di storia in una nuova occasione, secondo altri tale scelta potrebbe invece nascondere un finale deludente, rocambolesco e inconcludente. Il rischio c'è ed è concreto. Unificare le cinture mondiali (sempre se sarà concretamente possibile) non è una bestemmia a priori, ma non è escluso possa tramutarsi in un boomerang, in un'ulteriore ammissione di non avere la volontà o la possibilità di meritare contemporaneamente due campioni, finendo inoltre per chiudere le porte ai quartieri alti a numerosi talenti in rampa di lancio ed eventualmente costretti a marcire dietro le quinte, o a mettersi in fila per i titoli secondari.

Tra John Cena e Randy Orton il possibile campione unificato, l'eventuale volto della federazione. Sarà dovuto a diverse circostanze sfavorevoli e casuali, per gli acciacchi fisici, per altre storyline in corso di svolgimento, ma sia CM Punk, che Daniel Bryan sono esclusi da quel duello, entrambi lottatori di primissimo livello, tra i migliori, tecnicamente parlando, al mondo, ma non solo. Il primo ha già scritto e scriverà pagine di storia anche con il microfono in mano, il secondo è migliorato in maniera incalcolabile, riuscendo a colmare il gap di intrattenimento esistente tra il wrestling di Stamford e la disciplina perseguita altrove.

Non sono lottatori creati, cresciuti in casa, ma esplosi, con tutto il proprio talento, nel vasto mondo delle indies, nelle quali non necessariamente bisogna essere figli d'arte, o lottatori di terza generazione per farsi notare, emergere e raggiungere il successo. È soltanto il ring a parlare, non conta il cognome che porti, o le amicizie che puoi vantare nell'ambiente e nemmeno essere l'uomo copertina, il simbolo dell'industria del merchandising, capace di farti vendere magliette, cappellini e gadget di ogni tipo in primis ai bambini, del resto in WWE la tendenza è concentrare le proprie attenzioni sul target sempre più giovanile, è un dato di fatto, ciò però non significa dover essere forzatamente soddisfatti del prodotto ricevuto.

Il ritorno di Rey Mysterio in pianta stabile, nonostante sia ancora lontano dal top della condizione fisica, i presunti acciacchi passati e presenti di CM Punk, il futuro di The Big Show e Rvd rappresentano ulteriori argomenti dove la fortuna talvolta ha girato le spalle alla federazione, ma è altrettanto vero che la buona sorte va anche cercata e spesso premia gli audaci, sicuramente non chi stabilisce ben due handicap match 3 contro 1 a TLC… ci si attendono almeno sorprese dell'ultimo secondo per salvare due sfide altrimenti viste e riviste e troppo sbilanciate per un ppv. Quando vedo la palese incapacità di saper gestire con oculatezza, attenzione e coerenza atleti del livello di Dolph Ziggler, The Miz e Wade Barrett, ora impegnato in una sorta di tg dell'ultima ora, mi tocco se ci sono. Fortunatamente non tutto va giudicato con realistica delusione e critica, sebbene sia costruttiva.

Il push di Big E Langston potrebbe rivelarsi un'arma vincente, la Wyatt Family ha dimostrato di andare ben oltre l'impatto della gimmick mettendo in mostra un ottimo mix di tecnica, potenza e resistenza sul ring, dal suo leader a tutti i suoi membri, Antonio Cesaro continua ad incantare ma non è messo nelle condizioni per puntare a traguardi prestigiosi. Lo Shield intanto si guadagna sempre la pagnotta, con un Roman Reigns protagonista di un push costante, e, al tempo stesso, potrebbe paradossalmente avvicinarsi il giorno di una scissione, per poter dare il là ad un'importante carriera da singoli per i tre paladini della giustizia.

La WWE sta lavorando, si sta valorizzando e potenziando, talvolta commette errori, non li capisce e finisce per ripeterli, aggravando la situazione. È un momento delicato, la reazione di alcuni spettatori nel main event di Survivor Series, i cori pro Zack Ryder in un recente main event di Raw dovrebbero e devono far riflettere chi ha potere, perché è giusto rischiare e tirare la corda, ma non ci si può permettere di spezzarla, correndo il pericolo di perdere una fetta di pubblico ormai troppo lontano da certe dinamiche impossibili da comprendere e apprezzare. Io sono e resto ottimista, ma mi auguro di non dovermi ricredere.

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