The Codebreaker #57 – La quotidianità e la storyline

Ciclicamente in WWE irrompe una storyline dedicata alla famiglia Mc Mahon, concentrata su rivalità interne, o un dominio assoluto a danno di determinate superstar. In un momento reso difficoltoso dal prolungato stop di John Cena, l'infortunio subito da Sheamus e contraddistinto da una pausa di riflessione per tirare un po' il fiato dopo l'appuntamento di Summerslam, la federazione ha puntato sulla storyline principale della famiglia che esercita il potere in maniera dittatoriale.


Ciò si abbina perfettamente allo straordinario push ricevuto da Daniel Bryan, diventato tra i wrestlers maggiormente tifati dai fan negli ultimi anni. Summerslam, partito piuttosto deludente con le consuete interferenze dello Sheald e della Wyatt Family, si è riscattato alla grande con prove sicuramente all'altezza, Del Rio vs Christian e Sandow vs Rhodes, e toccato l'apice con la battaglia The Best vs The Beast e il main event. Proprio nella sfida finale del ppv è successo di tutto: prima Bryan ha sconfitto pulito un John Cena palesemente infortunato, poi ha perso il titolo dopo pochi secondi con Randy Orton che ha incassato la valigetta senza nemmeno muovere un dito, gli è bastato schienare l'ex compagno di coppia di Kane dopo il pedigree realizzato a tradimento da HHH.

Nel giro di pochi attimi la federazione è riuscita a dimostrare tutto il valore di Bryan, a ridimensionare in due modi la sconfitta del rapper di Boston, facendo leva sia sull'infortunio sia sui pochi secondi di durata del regno di Daniel, a riportare HHH e Randy Orton in versione heel e inaspettatamente tra loro alleati, tutto per il cosiddetto “bene dell'azienda”. Da quel momento i tapings si sono concentrati su un unico duello: da una parte Bryan e i rivoltosi presunti o tali (da The Big Show a Dolph Ziggler, da The Miz a Cody Rhodes), dall'altra HHH, tutta la famiglia Mc Mahon, Randy Orton, lo Shield e, perché no, Ryback.

Per l'ennesima volta la WWE si è arricchita, ha portato avanti la baracca, ha fatto ascolti, ha dedicato ampio minutaggio, ha assegnato lo status di principale storyline al dominio della famiglia, al bene del business, al volto della federazione, ma, prima di tutto, ha dimostrato ulteriormente come sia disposta e brava a sfruttare il peso della finzione nella realtà, il fattore realtà nella storyline. Mi spiego meglio.

Partiamo dalla considerazione che Daniel Bryan non possa ricoprire il ruolo di campione WWE. È piccolo, non è fisicato, ha una lunga barba, non spaccherebbe lo schermo, ma sul ring incanta e ha tutto il pubblico dalla propria parte. Sullo schermo assistiamo alla storyline, ma la realtà irrompe nello show. Quante volte Bryan avrà davvero dovuto fare i conti con tali considerazioni? In quante occasioni ha dovuto ingoiare bocconi amari, non salire su importanti treni nel corso della propria carriera, non sfruttare scorciatoie servite sul piatto d'argento ad altri colleghi?

Le stesse accuse, i medesimi luoghi comuni, gli identici discorsi prevenuti diventati routine per gente del calibro di Chris Benoit, Eddie Guerrero, Rey Mysterio. Tutti atleti dal grande valore tecnico, incapaci di deludere sul ring, che hanno dovuto attendere decenni e decenni, sudare molto di più delle proverbiali sette camicie per coronare un sogno. Per tanti, per troppi dirigenti non contavano il talento, la velocità, la tecnica, la resistenza, gli applausi del pubblico, ma la stazza, l'intrattenimento, il business, appunto. Tutti hanno conquistato il titolo più ambito nella fase finale della propria carriera, allenandosi intensamente per assumere maggiori kg.

Il primo ha conquistato il titolo quando era ormai impossibile evitare che ciò avvenisse per poi perderlo proprio contro Randy Orton, il secondo dopo anni di applausi a scena aperta, il terzo poco dopo la morte di Eddie. Purtroppo oggi in due non possono più raccontare quelle emozioni, mentre Rey, per l'età che avanza e qualche infortunio di troppo subito proprio dopo l'apice della carriera, è lontano dagli schermi da tempo ormai immemore.

Che dire poi di The Big Show. Per anni sottovalutato, spesso deriso per gimmick o situazioni dannose per la sua immagine, ora nuovamente nei panni del gigante buono costretto a non imporre la propria volontà. In lacrime, in ginocchio, costretto a subire la filosofia dirigenziale contro Daniel Bryan e chiunque si opponga alla volontà precostituita, diventato un burattino piangente in mano di chi comanda, dimostrando a tutti quanti come nella vita il proprio posto di valore vada tenuto a tutti i costi, anche vedendo calpestati i propri valori, ideali e dimenticata la propria dignità. A chiudere il cerchio nel “migliore dei modi” le considerazioni di Stephanie sulla più breve vita dei giganti….

Il licenziamento di Cody Rhodes, al termine peraltro di un altro match di grande livello, è stato sfruttato dalla federazione per riportare la realtà nella finzione, la storyline nella realtà. La perdita del posto di lavoro ha portato Cody a fare dichiarazioni pesanti sulle ridicole gimmick interpretate in WWE dal padre e dal fratello, dalla presunta ostilità della federazione nei confronti della sua famiglia, un nucleo familiare che ha fatto la storia del wrestling.

In tale contesto non viene coinvolto CM Punk, il più importante esponente del racconto di storie vere nel taping, essendo capace di sganciare autentiche bombe verbali contro chiunque gli abbia messo i bastoni tra le ruote nel lavoro e nella vita. In questo momento il leader della filosofia Straight Edge è concentrato totalmente sulla vendetta da eseguire ai danni di Paul Heyman, ma tra le situazioni esiste in ogni modo un fondamentale comune denominatore. Il mix tra realtà e finzione, la storyline che si intreccia con il rapporto tra l'ex campione WWE e il volto dell'unica ECW, la rabbia incontenibile di Heyman mischiata da lacrime di un amore tradito al momento dell'ultimo pestaggio ai danni dello storico pupillo.

Nel wrestling moderno la capacità portare tematiche, storie, aneddoti autentici all'interno della storyline vanno di moda, appassionano, interessano, catturano l'attenzione, possono ottenere in definitiva apprezzamenti o critiche, ma l'importante è che se ne parli e in tale senso la WWE ha raggiunto appieno il proprio obiettivo. Quanto viene trasmesso deve rappresentare lo specchio della realtà, deve entrare nell'io di ogni individuo, diventare un giorno della nostra vita quotidiana, portare la gente ad identificarsi in certi personaggi, in determinate situazioni, in alcuni errori compiuti, in certe scorciatoie intraprese, in traguardi raggiunti, in sogni infranti, in tradimenti e riscatti.

Daniel Bryan, The Big Show e Cody Rhodes sono stati protagonisti o vittime di una filosofia di gestione del prodotto WWE forse finalizzata a colmare il vuoto lasciato da John Cena, dall'infortunio subito da Sheamus e dalla lontananza di CM Punk dal titolo WWE e simbolo di una concezione ripetitiva nel tempo con la famiglia a dettare legge. In ogni caso la finzione è entrata nella realtà quotidiana e la vita di tutti i giorni si è trasformata in linfa vitale della storyline. Era l'obiettivo della federazione ed è stato raggiunto.

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