The Codebreaker #4 – CM Punk e HHH: chi fa della parola un’arte

Termina l'ultima puntata di Raw andata in onda e pensi: ma, a parte The Miz, tutto il resto del roster di Raw cosa c'entra con HHH e CM Punk, cosa può condividere con loro? La risposta, almeno la mia che non deve necessariamente corrispondere alla verità, è tanto breve, quanto immediata: quasi nulla. Un taping quanto può durare? Un'ora e quaranta minuti circa, compresi recap e spot vari, bene. Stiamo parlando di uno show di wrestling, quindi di lotta, ma non solo, anche di entertainment, la WWE è sport entertainment, l'ultima puntata dello show di punta ne rappresenta il più classico degli esempi, ma si è andato ben oltre.
I due face to face verbali, d'apertura e chiusura dello show, tra CM Punk e HHH, da soli, sono valsi il prezzo del biglietto. Personalmente rappresento un appassionato di wrestling di vecchia data, quindi ovviamente più legato all'aspetto strettamente tecnico piuttosto che ai momenti parlati, ma, dinanzi a chi fa anche (e non solo) della parola un'arte, un qualcosa d'indelebile, un valore aggiunto, beh anch'io mi inchino a così tanta classe. Quando a prendere il microfono sono personaggi che riescono a concentrare su loro stessi l'attenzione di un'arena intera che pende dalle loro labbra, a portare gli spettatori da casa a non muoversi dal divano per non perdere, nemmeno per un attimo, il filo del discorso, allora siamo dinanzi a campioni, artisti, simboli di adrenalina, carisma e personalità.
Era tanta l'attesa per il primo confronto WWE tra il nuovo Capo e il campione ribelle ed è stata premiata da grandi attimi. Mimiche facciali, incrocio e scontro di sguardi, sorrisi carichi di sicurezza in se stessi, sfida e provocazione, consapevolezza dei propri ruoli e voglia di mettere alla prova la resistenza caratteriale altrui, la capacità di non cadere nella trappola costruita su accuse talvolta indirette, spesso dirette senza fermate intermedie. Nel backstage CM Punk l'ha ammesso: ha voluto testare la forza dell'avversario in giacca e cravatta, e, a suo parere, ha ben superato l'esame.
In entrambi i duelli verbali sono emerse innanzitutto due tendenze di base. La voglia di HHH di restare fedele al suo ruolo dirigenziale, l'indole di CM Punk di mettere in discussione il potere, scoprirlo, metterlo a nudo, attaccarlo, colpirlo e rovesciarlo. Le prime schermaglie sono state di studio, di routine, caratterizzate da ipocrisia, frasi di circostanza, apprezzamenti gratuiti per occupare qualche minuto di programma, onorare il nuovo potere che avanza e dare il giusto riconoscimento al campione, quello autentico, rimesso sotto contratto dopo il tira e molla contrattuale.
Il leader della filosofia straight edge se ne è accorto, l'ipocrisia non fa parte del suo dna, come del resto nemmeno trova casa in HHH, il quale lo ha evidenziato per primo, evidenziando che le proprie considerazioni personali nei confronti del campione sono ben lontane dalla convenienza a non lasciarlo partire verso altri lidi, ma soltanto per il bene della compagnia. The Game ha varcato il confine delle frasi di circostanza, CM Punk ha sfruttato un assist in mischia e lo ha tramutato in rete, riaprendo il sacco e portando la controparte a fare altrettanto.
Da accuse professionali si è passati ben presto a colpi bassi di esclusivo carattere personale, HHH ha dovuto difendersi accusando, CM Punk l'ha anticipato ed è andato giù durissimo riprendendo il discorso già iniziato pubblicamente fuori dalla WWE sulla presunta sudditanza del nuovo manager al potere della moglie, ma non solo. Ha colto l'occasione anche per ribadire la propria concezione di wrestling ben lontana dalla macchina di merchandising targata WWE, dal potere acquisito da John Cena e dal wrestling che rappresenta e ha evidenziato il timore, o la quasi convinzione che, alla fine dei conti, il passaggio da Vince Mc Mahon a HHH rappresenti unicamente un cambiamento di facciata, nel quale la sostanza lasci campo alla forma.
Negli ultimi anni molto probabilmente HHH, dal punto di vista verbale, non era mai stato messo così in difficoltà, anche perché, volendo mantenersi entro i confini stabiliti dal suo nuovo ruolo, non ha potuto sfogarsi sul rivale alzando le mani: ha dovuto incassare, difendersi e contrattaccare sempre verbalmente, un campo che conosce perfettamente e nel quale rappresenta un autentico maestro, ma stavolta ha trovato pane per i suoi denti. Se CM Punk può anche aver trovato ragioni magari per qualcuno nemmeno originali, o sconvolgenti nell'attaccare il nuovo uomo del potere, ma ha lasciato il segno per il come ha sferrato l'assalto, HHH non è andato oltre i giudizi negativi su un corpo zeppo di tatuaggi e su un ego recentemente arrivato alle stelle, ma elemento comune in entrambi.
Motivazioni, ragioni di per sé magari ovvie, scontate, facili da tirare fuori, ma temi solidi, motivati, ricchi di spunti di discussione se sono due fenomeni, caratterizzati dal dono della parola, ad argomentarli, come possiamo considerare HHH e CM Punk. Nel segmento finale sicuramente apprezzabile l'apporto portato alla causa da John Cena, un altro indiscutibile artista con il microfono in mano, ma coloro che lo avevano preceduto sul ring avevano già cantato e portato la croce, si erano già preoccupati di preparare la tavola, mangiare e sparecchiare, mancava al massimo il dessert, il caffè, o l'ammazzacaffè a seconda delle preferenze. Cena ha chiuso il cerchio a modo suo, con qualità e adrenalina, ma, con o senza di lui, la storia era già scritta, l'inchiostro originale era giunto alla fine, almeno per il momento non è rimasta nemmeno una goccia, non erano necessarie ulteriori parole.