The Codebreaker #36 – Occasione non sfruttata a dovere

The Codebreaker

Nei giorni precedenti a “Hell in a Cell” avevo la sensazione che finalmente qualcosa di godibile stesse per arrivare, non soltanto perché Sheamus vs The Big Show da una parte, CM Punk vs Ryback dall'altra, rappresentavano sfide assolutamente inedite, ma in quanto il lavoro svolto attorno ai feud titolati era stato portato avanti più che discretamente e la tipologia del ppv sicuramente contribuiva in positivo al prodotto finale.


Le conferme e le sorprese (negative) sono arrivate tempestivamente. Un ppv di valore sufficiente senza acuti, senza crolli vertiginosi considerando buona parte dei match, qualcosa qualitativamente sopra la media è arrivato eccome. In ordine cronologicamente innanzitutto con Orton vs Delrio, un duello sicuramente godibile, caratterizzato da alcuni momenti sopra la media e da interessamenti capovolgimenti di fronte. Il picco è stato raggiunto, come mi auguravo alla vigilia, con il primo dei match titolati, nel quale Sheamus e The Big Show si sono resi protagonisti, nonostante la stazza fisica presente sul ring, di una sfida emozionante, equilibrata, rabbiosa, tecnicamente anche valida.

Si è andati oltre il limite della resistenza, si è alzata la cosiddetta “asticella”, da sole le finisher non sono bastate in un'unica circostanza, sono state ripetute per affossare il rivale. Una sfida pulita, senza interferenze né irregolarità, al termine della quale viene posta la parola fine al lungo regno titolato di Sheamus, ma l'irlandese esce a testa altissima, sia per la qualità del suo dominio, sia per il match disputato. Che dire di The Big Show. Non è più un ragazzino, non posso prevedere per quanti anni potrà ancora salire sul ring, ma una cosa è certa. Finalmente dopo tante e troppe occasioni nelle quali ha dovuto jobbare o rendersi protagonista di figure non meritevoli della sua stazza fisica e del proprio valore, conquista con pieno merito la cintura, schienando uno dei campioni più convincenti degli ultimi anni. Una grande prova di orgoglio finalizzata anche ad allontanare dalla mente quei 45 secondi di felicità cancellati dalla valigetta. Se Sheamus doveva proprio alzare bandiera bianca, mi fa piacere che sia avvenuto con chi ha dato tanto all'Universo WWE, in molte occasioni si è “sacrificato” per il bene della federazione e sul ring è spesso riuscito a dare filo da torcere a lottatori magari non superiori, ma con alle spalle push maggiori.

Al di là di qualche sfida senza peso specifico ma messe in piedi soltanto per assicurare la presenza di un big (es. come Rey Mysterio, fortunatamente c'è ancora, Sincara non è nemmeno paragonabile alle sue qualità), il peggio è arrivato nel main event, come se non fossero bastate le assenze dei vari Ziggler, Cena e Barrett, l'impresentabile finale nel match con in palio i titoli di coppia (non ne possiamo più di squalifiche in occasione di ppv con titoli in palio) e fino a quel momento nessuna sfida nella gabbia d'acciaio (nemmeno quella per il titolo dei pesi massimi, allora cambiamo il nome al ppv). Eppure al duello per il titolo WWE arrivo comunque ben fiducioso, perché l'altra sfida titolata aveva mantenuto alla grande le promesse.

Dopo la visione del ppv mi sono soffermato a leggere le opinioni di altri appassionati sul forum di Tuttowrestling.com e mi sono trovato d'accordo con molti di loro. CM Punk e Ryback stavano offrendo una sfida complessivamente sufficiente, ma comunque inadeguata allo status di main event con eccessive pause e alla tipologia di “Hell in a Cell”, visto lo scarso sfruttamento della struttura. Dalla parte dei bookers c'erano da difendere essenzialmente 3 elementi: il titolo detenuto dall'ex leader della Straight Edge, il suo presunto nuovo status di “campione intimorito” e la forza distruttrice del nuovo sfidante. Obiettivi tutti raggiunti, alla fine è andata a farsi benedire la striscia vincente di Ryback, forse il male minore per i vertici. A questo punto è però lecito domandarsi se era l'unica strada percorribile per porre fine, a mio parere nel peggiore dei modi, ad un main event di un ppv, ad un heel in a cell?

Parliamoci chiaro. In un momento nel quale gli ascolti perdono i colpi, si parla tanto di giovani talenti da lanciare e pushare, ma si tende sempre più spesso a far ricorso alle leggende per non raschiare il fondo del barile, mi pare sempre più evidente che chi vanta poteri decisionali e strategici in termini di storyline debba fare il punto della situazione e giungere ad una netta inversione di tendenza. Un colpo basso di un arbitro ai danni dello sfidante al titolo è forse un episodio raramente accaduto nella storia, ma ciò non significa che ci troviamo dinanzi ad un qualcosa di azzeccato, tutt'altro. Non sarà senz'altro né il primo, né l'ultimo esito finale controverso in una sfida caratterizzata dalla grande posta in palio, in passato, anche nei tempi d'oro, ne abbiamo visti numerosi, ma c'è modo e modo per intervenire e soprattutto dipende dalla caratura dei protagonisti coinvolti. Il post-match con Ryback che devasta l'arbitro e affossa CM Punk in cima alla struttura rappresenta un semplice contentino per chi resta più impressionato dalla forma che dalla sostanza.

Nel precedente editoriale parlavo di ipotetico punto di svolta, col senno di poi la WWE ha dimostrato di aver sfruttato soltanto parzialmente l'occasione, evidenziando di avere i mezzi per offrire un prodotto se non indimenticabile ma almeno di qualità elevata (es. da applausi Sheamus vs The Big Show), ma purtroppo e ripeto purtroppo non possiamo mettere bocca sulle decisioni dei bookers e invertire la politica del fare soldi in un numero di show senza sosta, danneggiando la qualità e mancando talvolta di rispetto nei confronti degli appassionati.

Scritto da Diego Anelli
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