The Codebreaker #33 – Rispetto: se ne parla, ma non si dimostra

The Codebreaker

Recentemente la parola “rispetto” rappresenta uno dei principali argomenti che tengono banco in casa WWE, in particolare nella storyline avente per protagonista Cm Punk. In questo editoriale non voglio soffermarmi sulle lamentale dell'attuale campione WWE, ma partire dal significato del termine “rispetto” per collegarmi ad un altro evento recentemente accaduto a Stamford.


Negli ultimi decenni in molte occasioni si è mancato di rispetto ai fan, a chi si sacrifica sul ring con mille rinunce mettendo spesso la vita privata in secondo piano, e al wrestling inteso come disciplina. Ciò è avvenuto tramite gimmick assolutamente ridicole, spesso talmente pericolose da compromettere in parte o definitivamente il futuro di un lottatore, storyline talvolta assurde se non perfino allucinanti in quanto concentrate su ipotetiche o reali questioni personali, familiari, private, per non parlare poi delle condizioni fisiche dei wrestlers.

L'ultimo argomento è stato fin troppo sottovalutato fino a qualche anno fa, si aveva l'impressione di aver a che fare con degli autentici robot, lo show aveva la precedenza su qualunque altra cosa e pazienza, se anno dopo anno, l'elenco delle scomparse o delle menomazioni aumentava a dismisura, comprendendo sia lottatori affermati, sia colleghi meno noti, perché non esistono morti di serie A o di serie B, a proposito di rispetto. Talvolta si aveva la sensazione che chi lavorava dietro le quinte, chi dovrebbe avere il compito di promuovere, garantire qualità e credibilità alla disciplina, chi avrebbe il ruolo di contribuire nel proprio piccolo a dare una mano al movimento per controbattere colpo su colpo le accuse spesso prevenute, le offese senza giri di parole dei propri detrattori, non facesse altro che facilitare invece il lavoro di chi attendeva il cadavere del wrestling in riva al fiume.

In tante, troppe occasioni non si sa nemmeno minimamente cosa si intende per “rispetto”. Quel termine dovrebbe essere garantito verso chi sale sul ring, cercando di assegnare ai protagonisti del quadrato sia gimmick che storyline il più possibile credibili e adatte ai diretti interessati. È vero, nessuno possiede la sfera di cristallo per sapere in anticipo chi e cosa possa ottenere il gradimento del pubblico dinanzi a gusti e preferenze molto variabili nel corso degli anni e ovviamente soggette all'influenza della società nella quale si vive. Quello che si può e si deve chiedere sarebbe invece non venire meno ad alcuni parametri, ovvero il buon senso, il buon gusto, il tatto e la consapevolezza di non concedere spazio a questioni personali, private, reali o presunte poco importa.

Il “rispetto” si perde spesso e volentieri anche con gimmick, o tendenze assolutamente evitabili, capaci di far sorridere, interessare nel breve termine, ma destinate a diventare inguardabili, fastidiose, inutili, o addirittura controproducenti nel lungo. Restando all'attualità si potrebbe far riferimento al guanto del “cobra”, alla band composta da un uomo solo, alle “gag” di Hornswoggle o Zack Ryder, al Little Jimmy, o fino all'altro ieri alla donna che emana gas puzzolenti, per finire a chi si toglie la polvere dalla spalla, soltanto per fare alcuni esempi. Personaggi, uomini, lottatori che non trovano lo sbocco decisivo della propria carriera o non riescono ad esprimere tutto il loro talento a causa di determinate scelte prese dietro le quinte.

Qualcuno potrebbe anche sostenere il contrario, ovvero che una gimmick azzeccata possa esaltare un lottatore tecnicamente povero, è vero, può accadere e accade spesso, magari uno come Santino Marella, senza la sua bravura nelle gag e il “cobra”, non avrebbe vinto così tante cinture e sarebbe stato mandato a casa come gente tecnicamente fenomenale del calibro di Shelton Benjamin e John Morrison. È altrettanto corretto sostenere però il contrario; diversi addetti ai lavori evidenziavano il grande bagaglio tecnico che avrebbe consentito a Santino di fare grandi cose sul ring, ma probabilmente nessuno gli darà la possibilità per dimostrarlo e noi per potercelo godere.

Le mancanze di “rispetto” però hanno raggiunto il loro culmine lasciando per anni e anni i lottatori abbandonati al proprio destino, concepiti come semplici e pure “macchine da soldi”, “fattori utili a portare avanti lo show”, poi tutto il resto passava in secondo piano. Alla fine però alcune scomparse, alcuni eventi hanno fatto talmente scalpore che l'opinione pubblica (che non aspettava altro) si è abbattuta contro il fenomeno del wrestling e a quel punto tutti, anche chi non voleva aprire gli occhi o fingeva di non aprirli, ha dovuto fare un passo indietro e mettere ufficialmente la salute dei lottatori come primario obiettivo. La priorità di far soldi, avente per conseguenza il disumano ritmo di tapings, ppv e tour internazionali, e la maledetta concezione del “big man” hanno contribuito a tragiche conseguenze.

In tutti questi anni si è mancato di rispetto a chi ha trasmesso emozioni sul ring, a chi non ha avuto la possibilità di trasmetterle dovendo seguire le direttive dei bookers ma ha dato il massimo sul ring pur sapendo di svolgere semplicemente il ruolo di jobber, ai fan di tutto il mondo e alla disciplina. Alla fine le lacrime di tutti noi forse sono servite a qualcosa, ma soltanto in palese ritardo, del resto, come accade spesso per vaccini e antivirus informatici, ci si trova sempre a rincorrere i fenomeni negativi. Il recente malore di Jerry The King Lawler ha rilanciato dentro di me l'argomento del “rispetto”. Al di là che certi episodi possono avvenire ovunque, in qualsiasi momento a prescindere da tutto il resto e le cause possono essere innumerevoli, occorre però fare il possibile, anzi il massimo per evitare di trovarsi in situazioni simili.

Tanto di cappello anche al Re di Memphis per quanto ha dato sul ring, ma occorre che tutti quanti abbiano “rispetto” verso se stessi, il wrestling e i fan. Non vorrei più provare quella sensazione di perdita provata nel momento in cui tutti noi abbiamo temuto di aver perso un altro protagonista della nostra disciplina. Ricollegandomi al discorso di HHH riflettendo sull'ipotesi del ritiro, arriva un momento nel quale bisogna avere la forza, il coraggio e il rispetto per dire “basta”. Lawler ha contribuito a fare la storia del wrestling, ha una passione infinita verso il nostro sport-entertainment preferito, ma, ad una certa età, i diretti interessati e in primis i bookers devono mettersi in testa che l'attività agonistica deve restare esclusivamente un ricordo. Tra cariche dirigenziali, ruoli da manager, telecronista, intervistatore, general manager esiste l'imbarazzo della scelta, si può continuare a fare del bene al wrestling, ma senza salire sul ring.

Senza entrare in questioni mediche, nè interrogarsi sulle cause dell'episodio non avvenuto direttamente sul ring ma comunque poco dopo un suo match, una cosa è certa; raggiunta una certa età non si deve più pensare di poter ancora essere protagonisti nella veste di lottatore. Occorre aver rispetto verso se stessi, i fan e la federazione, tutelando la propria incolumità fisica e lasciando ad appassionati e addetti ai lavori i ricordi di una carriera al top e non di un ex lottatore che vuole ancora oggi le luci della ribalta, senza accettare la realtà, la consapevolezza di dover lasciare spazio ai giovani talenti.

Purtroppo ben pochi sanno il significato del termine “rispetto” (le recenti dichiarazioni rilasciate da un ex lottatore nei confronti del periodo caratterizzato dai successi di Chris Benoit ed Eddie Guerrero sono un chiaro esempio, come se non bastasse il fatto che si tratta di un uomo che ha ottenuto dal wrestling molto più di quanto abbia dimostrato di meritare sul ring ma la concezione del “big man” regnava sovrana), e spesso il bu$ine$$ ha la priorità su qualunque altra cosa. La decisione di riprendere Brock Lesnar, dopo il discusso addio di svariati anni fa, ne è la controprova.

Sono state tristi e sincere considerazioni di un vero appassionato di wrestling di vecchia data che si augura con tutto il cuore che si parli sempre meno di “rispetto”, ma che lo si dimostri con fatti chiari, indiscutibili e privi di ipocrisia nei confronti dei lottatori, di noi fan e del wrestling.

Scritto da Diego Anelli
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