The Codebreaker #27 – Un vuoto di potere da colmare

La prosecuzione dei regni titolati di CM Punk e Sheamus, lo split di The Big Show, il licenziamento di John Laurinaitis, la situazione di Ziggler, la gestione dei nuovi talenti e molto altro ancora. Sul fuoco possiamo trovare tutti gli argomenti che desideriamo, ma nel mio piccolo voglio focalizzare l'attenzione su una storyline in particolare, su un personaggio nello specifico.


In argomenti del genere è facilissimo finire per scoprire l'acqua calda, meravigliarsi della normalità, evidenziare aspetti conosciuti e rivisitati un milione di volte, ma, a mio parere, quando la qualità torna d'attualità, il pathos entra in scena, si resta attaccati alla poltrona per ascoltare anche la minima parola, non perdersi una mimica facciale, pazienza se il microfono ha preso il posto dell'azione, il prodotto è più che godibile.

Mi sto riferendo alla storyline che sta vedendo impegnati HHH e Brock Lesnar, seppure in episodi occasionali e quasi sempre aventi come protagonista uno solo dei duellanti, ma non mi fermo qui. Al di là della storica attitudine di The Game nelle vesti di intrattenitore, esperto dei mind games, e della potenza inarrestabile di Brock, in questa vicenda chi sta tornando in primo piano è Paul Heyman.

Può essere gradito a qualcuno, qualcun altro non l'avrà mai dimenticato, ci sarà chi non lo sopporta proprio e non ne sentiva nemmeno un pochino di nostalgia, ma, al di là di preferenze e gusti personali, credo che il wrestling possa soltanto guadagnare, almeno sullo schermo, da un personaggio simile. Non era la prima volta che Heyman e The King of Kings si trovavano uno davanti all'altro sul medesimo ring, le scintille verbali non erano mancate, ma nell'ultimo taping di Raw si è andato oltre e non mi riferisco soltanto al cazzotto rifilato da The Game a chi le veci legali di Lesnar, ma a tutto quanto è accaduto in precedenza.

Non ci sono misteri sul fatto che HHH rappresenti uno dei più grandi intrattenitori e personaggi carismatici mai saliti su un ring WWE negli ultimi decenni, nemmeno Paul Heyman è una sorpresa per chi segue il wrestling da un minimo di tempo, ma, pur conoscendolo da anni, non mi smette mai di stupire. Nell'ultimo Raw è riuscito con disinvoltura, naturalezza, personalità, carisma a tenere testa a The Game, incassando e rispondendo colpo su colpo, motivando le proprie ragioni, non temendo il muro contro muro, provocando, accusando il nemico, lavorando sui punti deboli altrui, evidenziando la capacità di leggere negli occhi del proprio interlocutore, tutti elementi spesso utilissimi per raggiungere il proprio obiettivo, con le buone o con le cattive maniere, in queste storyline poco importa, in questi casi il fine giustifica i mezzi.

Non conosco gli scenari futuri, ma per il momento chi esce a testa alta coincide con chi è stato steso da un cazzotto in pieno volto. HHH ha provato a resistere, ma poi è caduto nel tranello di una vecchia volpe del wrestling, uno abituato a lavorare sulla psicologia dell'avversario, a tirare fuori il meglio e il peggio dalla controparte. Adoro The Game, è stato, è e resterà per sempre uno dei miei lottatori preferiti, ha scritto pagine di storia, ma non posso e non sarebbe giusto ignorare le sensazioni trasmesse nello show rosso, per limitarci a questo taping, da Paul Heyman. Sguardi, parole, mimiche facciali, tutte cose da grande personaggio, quale è sempre stato.

Soprattutto in un periodo caratterizzato dalla storyline del vuoto di potere negli show WWE con il licenziamento di John Laurinaitis, il pugno proibito subito da Vince McMahon e gli scatti d'ira di HHH, potrebbe scoccare l'ora di un rientro in pianta stabile dell'ex ECW. Non vivo in contatto né con i bookers, né con i dirigenti WWE, non posso entrare nella testa della famiglia Mc Mahon né in quella di Heyman, non sono in grado di conoscere le sfaccettature caratteriali dei protagonisti, presunti feeling o scorie del passato che potrebbero eventualmente tornare d'attualità.

Possono esserci mille pro e altrettanti contro, ma una cosa è certa: un personaggio di tale tenore, a prescindere che sia adorabile o criticabile, è un valore aggiunto, in particolare in un momento come quello attuale, nel quale la WWE fa spesso leva al passato per colmare le lacune del presente e i punti interrogativi del futuro. Intendiamoci, in circolazione esistono personaggi di livello che potrebbero regalarci emozioni, il primo che mi viene in mente è ad esempio JBL, a mio modesto parere perfetto nel ruolo di general manager, ma Paul Heyman è già nel vivo delle storyline, ha una grande capacità che tanti non posseggono, una qualità che né un ring, né un booker, né un maestro può regalare, anche se ci si può lavorare: bucare lo schermo.

Sto parlando forse qualcosa di irrealizzabile, probabilmente di irrealistico, chissà magari di criticabile all'infinito, ognuno la penserà in maniera diversa, per qualcuno sto parlando di un fenomeno dirigenziale, per altri di un qualcosa che ha fatto il suo tempo o un mancato valore aggiunto, tutte le opinioni sono rispettabili, ma sono curioso di attendere gli sviluppi. Il ruolo attuale l'ha costretto a fare finta di niente, a limitarsi ad un sorriso dalle mille interpretazioni quando all'ingresso nel ring l'arena era dominata dal costante e forte coro “ECW ECW ECW ECW” e chissà se dietro al suo ritorno sugli schermi ci sia dietro la volontà della federazione in termini di marketing di incentivare la vendita dell'ultimo dvd dedicato all'indimenticabile, meravigliosa e originale ECW. Può anche essere.

Sicuramente gli appassionati di wrestling meritano, vivono e respirano di emozioni, sensazioni, sorprese, colpi di scena, tanta lotta e altrettante qualità. A tal proposito termino l'editoriale facendo riferimento ad un cartello tanto semplice quanto meravigliosamente sintetico ed esauriente che un piccolo fan del guerriero celtico ha alzato durante uno degli ultimi taping WWE, nel quale veniva segnalato che Sheamus non sarebe un wrestler, ma un lottatore. Non è la stessa cosa, a mio parere è un complimento, un giudizio che non sminuisce assolutamente l'irlandese, ma che ne esalta la furia, la forza inarrestabile, un qualcosa che fa parte del suo dna, un dna vincente, travolgente, contagioso. Raramente ho visto un lottatore di questo livello, uno che bada al sodo, capace di tirare fuori dal cilindro una lunga serie di mosse finali, offrire, salve rarissime eccezioni, match sempre di grande livello nonostante l'incredibile frequenza di incontri nei quali viene coinvolto.

Tutto è legato ad un filo, forse sottilissimo, magari invisibile, ma indistruttibile. Il cartello del bambino, il coro ECW, ma soprattutto la capacità di Paul Heyman di bucare lo schermo. Sono ancora tante le armi, le qualità alle quali la WWE può far ricorso per sorprenderci ancora, per molto tempo ancora e non mi sto riferendo ad un ritorno alla pur amata ECW, sia chiaro. Saranno minestre riscaldate, saranno sorprese preziose, forze vitali o soltanto sciocchezze, ognuno la veda a modo proprio. Nel mio piccolo rappresentano i simboli del wrestling con la W maiuscola, quello che ci auguriamo sia sempre destinato a sorprenderci e a non perdere la voglia di sorprendere, di spaccare il mondo tramite le emozioni trasmesse, di non perdere il fascino e l'imprevedibilità proprio laddove la predeterminazione e spesso la monotonia la fanno da padroni. Nonostante il passaggio dei decenni, il ricambio generazionale. Nonostante tutto e tutti.

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