The Codebreaker #16 – Why?

Nell'assistere ad uno show WWE ogni tanto mi pongo diversi interrogativi, vado alla ricerca di una risposta almeno sensata, la cerco anche disperatamente, ma non la trovo. I tapings vanno avanti, le settimane passano e non capisci cosa spinga i bookers a compiere determinate scelte. Gli ultimi numeri di “Codebreaker” hanno cercato di trovare spesso l'aspetto positivo, quello legato alla psicologia dei personaggi e degli eventi, talvolta toccabili con mano, in altre circostanze non decifrabili a prima vista, ma in grado di emergere ad un'analisi più attenta di addetti ai lavori e appassionati, ma capita, e purtroppo nemmeno così raramente ai tempi moderni, che risulti impossibile, o almeno arduo trovare delle motivazioni valide per spiegare certe decisioni, determinati episodi, alcune strategie. Mi limito a commentare il presente, andando ad individuare quattro eventi avvenuti negli ultimi tapings.
La categoria di coppia. Non scopriamo sicuramente oggi che la categoria tag-team sia altamente sottovalutata, oggetto di disinteresse anche dopo l'unificazione delle cinture. Negli ultimi tempi una pausa di dignità , qualità e decoroso spazio si è registrata soltanto quando a detenerle erano due lottatori e personaggi del calibro di Chris Jericho e The Big Show, per il resto il buio assoluto, o quasi. Non si scopre l'acqua calda ad evidenziare tale situazione, ma quanto avvenuto nell'ultima settimana ha sinceramente dell'incredibile, anche se non si tratta e non si tratterà di un evento unico. Kofi Kingston e Evan Bourne hanno perso le cinture in un match svoltosi in uno show non ripreso dalle telecamere, in un anonimo ring nel buio dell'arena, senza le luci dei riflettori, senza il seguito televisivo. Un cambio di titolo avvenuto in silenzio, in maniera assolutamente irrispettosa non soltanto nei confronti dei nuovi campioni e di quello che possano rappresentare tali cinture al giorno d'oggi, ma soprattutto per il fascino, la storia, il prestigio capaci di incantare gli appassionati per decenni interi. Si vuole pushare Epico e Primo, ok, allora perché non assistere al cambio di titolo in un ppv, o almeno in uno taping settimanale? Si rubava spazio a momenti di intrattenimento almeno discutibili nel backstage, oppure agli interventi di autentiche “macchiette” in sostituzione di grandi talenti non più appartenenti ai rosters WWE, come per esempio Shelton Benjamin e John Morrison?
Drew Mcintyre. Ricordo negli anni scorsi come gli eventi accaduti sul ring potessero finire per punire chi si era contraddistinto per un atteggiamento non impeccabile nel backstage con dirigenti, o colleghi lottatori. Non sono nei corridoi per la WWE per sapere se si tratta di un caso simile, ma qualche ragione seria deve esistere, perché altrimenti ci troveremmo dinanzi all'ennesima strategia incomprensibile portata avanti dalla WWE. Fu definito da Vince in persona come il “prescelto”, conquistò il titolo intercontinentale, dimostrando sia sul ring che al microfono di avere un potenziale di grande livello, di vantare fisicità e tecnica sul ring, capacità di sfondare come heel, tutti elementi destinati a portarlo a breve nei quartieri alti della federazione e invece da un anno a questa parte è ormai diventato un semplice jobber. Mesi e mesi lontano dagli show di punta, apparizioni esclusivamente a Superstars, poi di colpo ecco la decisione di fargli cambiare nuovamente roster, il ritorno a Smackdown. Qualcuno si sarà chiesto “magari è la volta buona”, invece no. Match persi in maniera goffa contro Jackson, Marella e Dibiase, la storyline di un presunto licenziamento ad un passo. Domandiamoci e, spero, si domandino “perché tutto ciò?”.
Molti hanno atteso per mesi e mesi (fortunatamente io ho vissuto ben felice anche se non se l'avessi rivisto) il ritorno di Brodus Clay dopo quanto fatto intravedere al fianco di Del Rio, poco o tanto che fosse. Mi immaginavo un personaggio heel puro, il classico lottatore di peso che i bookers pushano per un po', cercano di convincere i fans che si tratti del nuovo big man del roster mandandolo contro autentici jobber, facendogli vincere qualche titolo di secondo piano se avrà fortuna, oppure riportandolo nel dimenticatoio dopo qualche mese. Invece si è riusciti a far peggio: Brodus Clay in versione ballerino era sinceramente un qualcosa d'impensabile, roba da non credere, invece è tutto vero, purtroppo. Una delle pagine più basse della recente WWE. Nulla da dire sull'impegno del diretto interessato, fa e viene pagato per le decisioni dei bookers, ma esiste sempre un limite in termini di rispetto nei confronti dei fans e della disciplina. La ciliegina sulla torta è rappresentato da quanto non si veda sul ring: zero mosse, qualche panciata in corsa e i malcapitati Hawkins, Tyson Kidd e JTG a subire schienamenti senza porre resistenze.
Termino l'editoriale soffermandomi su Zack Ryder. Tanti lo adorano, altrettanti non lo considerano un wrestler all'altezza. Nel mio piccolo posso dire che soltanto il tempo ci dirà chi ha ragione, forse alla lunga stancherà e potrebbe ritornare nell'ombra, ma è giusto evidenziare come il suo personaggio abbia conquistato gran parte degli americani, Zack si è dimostrato perfettamente all'altezza nel ruolo assegnatogli andando forse oltre le migliori aspettative, fa ridere, diverte e trascina il pubblico, sul ring è un “Piccolo John”, nel senso che non conta come Cena, ma sul quadrato lo imita portando a casa una lunga serie di successi con un numero di mosse molto limitato. È il personaggio del momento, tanti mesi di push sul web e finalmente una cavalcata trionfale sul ring e poi? Gli si fa perdere il titolo in precarie condizioni fisiche in un taping di Raw contro Jack Swagger, il quale non aveva dimostrato nulla di significativo recentemente per meritarsi una chance per il titolo, ma soltanto le giustificate proteste per lo schienamento discutibile subito nel match contro CM Punk della settimana precedente. Qualcuno dovrebbe spiegarci se il push di Ryder è già terminato, oppure cosa se si è deciso di fare con Swagger, destinato a passare continuamente da improvvisi momenti di gloria a lunghi periodi di anonimato, ma il condizionale, mai come in questi casi, è d'obbligo.