The Codebreaker #11 – Tra le stelle e le stalle il cammino è breve

Dalle stelle alle stalle, dalle mie personali stelle alle soggettive stalle, da qualcosa di luminoso a momenti di insoddisfazione e stupore. Non si parla di Wrestlemania, né della chiusura della WWE, niente di fantastico, nulla di catastrofico, semplicemente alcune personali considerazioni su quanto visto e non durante le ultime puntate di Smackdown e Raw.
Non mi reputo il più esigente fan di wrestling in circolazione, ma sicuramente nemmeno quello che si fa andare bene qualsiasi cosa, faccio parte della collettività, del gruppo di storici appassionati che seguono tale disciplina da ormai oltre 20 anni. L'ultimo taping dello show blu mi aveva notevolmente e positivamente sorpreso: match caratterizzati da sfide equilibrate, ricche di capovolgimenti di fronte, momenti meritevoli di essere ricordati per almeno qualche settimana, rivalità credibili e capaci di coinvolgere il pubblico in maniera convincente e decisa, spazio al wrestling lottato di qualità, un mix tra giochi psicologici, incroci e scontri di sguardi, momenti di tecnica sopraffina, risse da pub.
Il duello tra Randy Orton e Cody Rhodes mi ha coinvolto, lasciato immobile sul divano per una ventina di minuti: violenza, rabbia, invidia, frustrazione, egocentrismo, ambizione, fame di potere e successo, tecnica, astuzia, velocità, follia. Alla fine, come poteva essere prevedibile alla vigilia, ha vinto la Vipera, ma chi trionfa moralmente è il figlio di Dusty. Recentemente gli era capitato di sconfiggere il suo ex boss ai tempi della Legacy, stavolta è uscito sconfitto, ma sicuramente a testa alta, dopo aver sfornato l'ennesima prestazione maiuscola, dimostrando di meritare la cintura intercontinentale in un regno destinato a diventare tra i più credibili e convincenti degli ultimi tempi, e di guadagnare un buon quantitativo di punti in prospettiva, candidandosi tra i papabili a giocarsi il titolo massimo nel medio termine.
Al di là dell'attitude di Christian che sta sinceramente stufando, il match che ha visto protagonisti Sheamus e Wade Barrett è stato l'ennesimo ottimo spettacolo che i britannici hanno offerto, come in ogni precedente occasione nella quale si siano ritrovati uno contro uno sul quadrato. Poco spazio alle manfrine e ai discorsi, tanta lotta, cruda, violenta, efficace, rabbiosa, potente. L'ex leader del Nexus ha consolidato il suo ritorno ai quartieri alti, ha sfruttato un'interferenza di Christian ma comunque non ha rubato nulla, ha comandato il match per lunghi tratti, ha sfidato Sheamus a testa alta. La sconfitta non ridimensiona assolutamente le ambizioni del guerriero celtico, ormai sempre più coinvolto nel feud con Christian. Sul ring, con i fatti e non con le parole, si sarebbe già ampliamente guadagnato lo status di primo sfidante al titolo mondiale, ma non per tutti, arriverà comunque presto il suo momento.
La rivalità tra Mark Henry e The Big Show, devo dire la verità, non mi ha particolarmente emozionato soprattutto nei primi tempi, perché non rappresentano il massimo in circolazione né in termini di lotta, né in termini di entertainment, ma sto apprezzando l'impegno di entrambi nel lasciare il segno, non volendo restare delle parentesi, delle comparse, oppure semplici nomi nell'albo d'oro dei campioni. Nel backstage Mark Henry è andato oltre i propri standard, solitamente non eccezionali, nel face to face con Daniel Bryan, The Big Show mi fa impazzire con il suo pugno proibito e sta provando in ogni modo a destabilizzare l'uomo più forte del mondo, con pressione, minacce, risse e giochi psicologici.
Il mio entusiasmo targato WWE si è però spento nel giro di pochissimi giorni, è bastato vedere Raw, il presunto show di punta, per tornare con i piedi per terra. Come se lo spazio concesso a personaggi come Santino e al ritorno di Kevin Nash, del quale molti di noi non sentirebbero la mancanza né sul ring (non è mai stato un fenomeno tecnicamente parlando) né con il microfono in mano (non siamo dinanzi ad un Hogan o Flair che anche ad 80 anni trasmetterebbero qualcosa d'importante), non bastasse, allo show rosso siamo andati oltre. Non voglio effettuare analisi psicologiche sui perché e sui come, né decifrare differenze presunte, reali o inesistenti tra il pubblico europeo e americano, i pro e i contro di entrambi, ma a Liverpool quando ho ascoltato il forte e ripetuto coro We want Ryder, sono rimasto letteralmente stupito e un po' deluso.
Intendiamoci, non ho nulla contro Zach Ryder, anzi, bisogna dargli merito di essere riuscito a passare dalle briciole di minutaggio ricevute negli show settimanali di puro riempimento ai main event dello show rosso, si è fatto da solo, offrendo il massimo immaginabile in una gimmick particolare, conquistando il gradimento di fans, colleghi e bookers. Il suo personaggio ha colpito nel segno, si è guadagnato uno spazio di tutto rispetto, ci può anche stare, la nostra disciplina si è trasformata nel tempo in uno sport-entertainment, o meglio entertainment-sport, ma sono rimasto a bocca aperta facendo alcune considerazioni.
Non scopro sicuramente l'acqua calda nel constatare che una gimmick possa portare alle stelle magari wrestlers dalle normali capacità tecniche, oppure alle stalle autentici fenomeni da ring ma vittime di personaggi bizzarri se non ridicoli o costretti a pagare sulla propria pelle doti non eccelse in termini di intrattenimento, ma è più che doveroso evidenziarlo. Seconda considerazione: dentro di sé cosa avrà davvero pensato John Cena? Non soltanto sommerso dai fischi e dai cori di disappunto, ormai tradizionali in quasi ogni parte del mondo, ma messo in secondo piano, collocato in piena ombra per lasciare la luce del palcoscenico a Zach Ryder, il quale, fino a poco tempo fa, non avrebbe mai creduto un giorno di poter condividere il ring con chi può vantare oltre 9 milioni di fans su Facebook. Invece è davvero è successo, purtroppo, oppure per fortuna.
Cosa ha provato davvero John Cena? Essere fischiato non necessariamente deve essere un male, anzi la WWE sta giocando sul fatto che il rapper di Boston spacchi in due i propri appassionati, perché tale rottura contribuisce a discutere, parlare, commentare, tifare, boicottare la propria stella di punta, si fa audience, si vendono magliette, si fanno soldi. Sicuramente non sarà rimasto indifferente rispetto al fatto di essere messo in secondo piano da chi viene spinto da una gimmick in certi sensi simile, capace di far breccia soltanto su una certa fetta di pubblico, concentrata più sul contorno che sul prodotto offerto sul ring, caratterizzata da un'intensa comunicazione verbale e manuale. Cena messo in un angolo rispetto a Zach Ryder, trascinato dalla gimmick del momento e ancora da decifrare bene sul ring. Caro John, un motivo per consolarti si può trovare immediatamente ponendoti tale quesito: Come stanno invece i lottatori che ti sono tecnicamente superiori quando devono concederti la luce della ribalta, oppure non avere mai il lusso di schienarti in maniera pulita?. Come vedi, in tanti stanno peggio di te.
Concludo con due brevissimi pensieri: qualcuno in WWE vuole far scattare il tanto atteso countdown per rivedere in azione un certo Brodus Clay, sicuramente per un po' di tempo verrà fatto passare come il nuovo uomo imbattibile, peccato che l'apparenza fisica e il prodotto sul ring abbiano già dimostrato che non ci troviamo dinanzi a nulla di che. Se proprio bisogna far partire un countdown, allora quello deve cominciare con la Y e concludersi con la J; Chris Jericho torna presto.