5 Star Frog Splash #175 – The Ambrosial Breakdown

È decisamente un momento particolare per essere un fan di wrestling. Nonostante in WWE ci siano continui cali nei ratings, nonostante Impact Wrestling (che ora è uno show più che decente, non come gli anni passati) fatichi a trovare un canale televisivo e la sua attuale collocazione gli consenta di farsi vedere da circa 10.000 anime, penso sia innegabile che la qualità del wrestling in giro per il mondo non sia mai stata così elevata. La NJPW è famosa da sempre per produrre alcuni tra i migliori show del mondo e Wrestle Kingdom è ormai un must see ogni anno anche per il fan più casuale di wrestling (non ancora per me però, prima o poi riuscirò a trovare il tempo e il modo di vederlo). Il Messico è tornato alla ribalta delle cronache per aver dato i natali ad alcuni dei fenomeni venuti fuori da lì negli ultimi anni: Andrade, Pentagón Jr. e Fénix sono solo alcuni nomi. Impact non sarà un prodotto incredibile ma riesce a fare il suo, quantomeno nei PPV, proponendo bei match. L'Europa sta tornando un centro importante per il wrestling mondiale: se n'è accorta persino la WWE, che per assicurarsi i migliori talenti europei ha aperto un suo show e un suo Performance Center qui in Europa. Tutto questo, però, si coniuga con un momento in cui quella che dovrebbe essere la più grande compagnia del pianeta si trova in un momento di totale sbando creativo. Ne parlavo la settimana scorsa con il mio collega Daniele La Spina, poi nel weekend ho sentito il Wrestling Cafe e ho sentito dire a Erik Ganzerli le stesse parole da me pronunciate qualche giorno prima: io non ricordo un periodo in cui la WWE si sia mai trovata così allo sbando. Anche quando la qualità del roster era pessima, anche quando tutto era unicamente sulle spalle di John Cena, anche quando il wrestling era tutt'altro che il focus della compagnia di Stamford.


Una Becky Lynch che poteva essere qualcosa di speciale ridotta a un personaggio normalissimo, niente rispetto a quello che sarebbe potuto diventare da novembre in poi. Una Wrestlemania con qualche ottimo match ma che non ti lascia niente, perché nonostante abbia ospitato i trionfi dei tre maggiori babyface della compagnia (Kofi Kingston, che continuo a ribadire sia la cosa migliore al momento in WWE, Seth Rollins e Becky) ti lascia inevitabilmente svuotato per la pochezza delle storyline proposte e per l'enorme quantità di wrestling da sorbirsi. Wrestler fenomenali tenuti nelle retrovie con scarsa o nulla considerazione (qualcuno ha detto Finn Bálor?) e wrestler dalle capacità quantomeno dubbie perentoriamente inseriti in storyline importanti e propinati giù per la gola (qualcuno ha detto Baron Corbin ed Elias?). Stesso discorso vale per i titoli: cinture che dovrebbero avere una loro importanza sono lasciate fuori dagli show e poi viene introdotto un titolo per i jobber che occupa una parte importante dello show – sì, lo so che è solo perché è la sua seconda settimana di vita e che presto sparirà nell'anonimato ma per il momento la situazione è questa. Una, due, tre settimane di Superstar Shakeup che vengono rese inutili e completamente ininfluenti la settimana successiva con la Wild Card Rule della quale ci siamo già dimenticati dato che nessuno tiene più il conto. E potrei continuare ancora per molte, molte righe.

In questo momento di fenomenale wrestling cosmico in un minuscolo spazio di writing va a incastonarsi perfettamente l'intervista che Dean Ambrose, pardon Jon Moxley, ha tenuto qualche giorno fa al podcast di Chris Jericho. L'avete ascoltata? Bravi. Ve la siete persa? Recuperatela subito, anche se non siete dei fan di Talk Is Jericho. Perché questa intervista racconta uno spaccato di verità straordinario e getta nuova luce sulle possibili motivazioni per cui uno come Moxley, che è un WWE Grand Slam Champion, ex main eventer nonché membro di quella che è la fazione più importante dell'ultimo decennio, abbia deciso di lasciare la WWE, la compagnia di wrestling più conosciuta al mondo, in grado di offrire ai suoi wrestler dei contratti faraonici. Scontentezza. Infelicità. Depressione. Disamore per quello che Moxley definisce “il suo unico grande amore” oltre a sua moglie. E, attenzione, questa non è l'intervista al vetriolo del classico wrestler licenziato dalla compagnia di Stamford o che decide di andarsene per insoddisfazione o perché sdegnato dal trattamento subito dalla WWE. Un'intervista che potrebbe rilasciare un Neville/PAC o un Austin Aries, per intenderci. Nono, Moxley apre l'intervista dicendo di essere grato alla WWE. Grato per averlo preso quando era solo un ragazzo, per averlo fatto crescere e fatto diventare un uomo, per avergli dato la possibilità di lottare davanti a platee immense, di poter incontrare i suoi fan e di aver potuto partecipare al Make A Wish. Poi però, dopo questa premessa doverosa e necessaria, Moxley inizia a parlare del perché abbia deciso di lasciare la compagnia, di chi e cosa gli abbia instillato il desiderio di andare via senza voltarsi indietro.

La risposta al “chi” è abbastanza laconica e forse banale: Vince McMahon. Ma c'è anche un “cosa”, ovvero il processo creativo della WWE, che Moxley ha praticamente fatto a pezzi per tutta l'intervista. A ragione, come vedremo tra poco. E il “perché”? Totale mancanza di libertà per i wrestler. Idee proposte e mai prese in considerazione. Personaggi stupidi e innaturali che si esibiscono in promo stupidi e innaturali, come puntualizza più volte il fu Dean Ambrose. Che racconta di numerose volte in cui si è trovato a doversi lamentare con Vince McMahon di alcuni promo assurdi e senza senso e di essersi visto rispondere più volte dal chairman “Ma questo è così da te, questo sei tu! Tu faresti esattamente così”. Cosa che ha portato a una frustrazione totale da parte di Moxley, frustrazione che raggiunse il picco durante il feud con Seth Rollins dell'estate scorsa. Ricordate quella meravigliosa puntata di Raw in cui un dottore fa delle iniezioni a Ambrose per “vaccinarlo” dal pubblico presente nell'arena? Se la ricorda anche lui: fu il giorno in cui decise di lasciare la WWE e per poco non la lasciò su due piedi, cosa che non fece per non far sentire a disagio sua moglie Renee Young e perché non voleva problemi legali con la WWE. Prima di quello Ambrose era rimasto fuori a lungo per infortunio e racconta di aver avuto mille idee sul suo ritorno sul ring. Era eccitato per il suo ritorno, ma non di tornare in WWE. Come detto aveva delle idee che prevedevano un suo ritorno da heel. Gli fu risposto che era stato già annunciato il suo ritorno nello Shield e che quindi le sue idee non sarebbero nemmeno state prese in considerazione. Moxley racconta anche qual è stato per lui il picco dello schifo proposto dal writing team: i promo in cui sbeffeggiava la leucemia di Roman Reigns. Cosa che fece una volta e che lo fece stare male, al punto di rifiutarsi poi di farlo di nuovo.

È una intervista che colpisce. Innanzitutto perché senti parlare Moxley e ti rendi conto di quanto lui ami visceralmente il wrestling, di come ne parli con trasporto, con entusiasmo. E allo stesso tempo ti rendi conto di come la WWE abbia quasi fatto allontanare Ambrose da questo mondo, sia quasi riuscita a fargli ripudiare il wrestling. Colpisce anche la sua fermezza nell'aver deciso di andarsene a luglio dello scorso anno, nove mesi prima che scadesse il suo contratto, e di aver perseguito quell'idea per tutto il tempo. Ed è quasi alienante sentirgli raccontare di tutte le volte che è stato nell'ufficio di Vince McMahon per essere semplicemente ignorato, persino quando andò ad annunciargli la decisione di non rinnovare il suo contratto. Tanto che poi McMahon cadde dalle nuvole mesi dopo, quando d'improvviso a gennaio la prospettiva dell'addio di Ambrose si faceva sempre più vicina. Il promo postato sui social media il giorno dopo la fine del suo contratto non è stato creato così per caso: per Moxley andare via dalla WWE è stato liberarsi dalle catene di una compagnia che non gli permetteva di essere quello che voleva. E colpisce vedere come anche uno come Dustin Rhodes aka Goldust, uno che ha campato di pane e WWE per tutta la sua vita o quasi, dopo Double or Nothing abbia rilasciato un'intervista dicendo praticamente le stesse cose. Moxley parla del suo arrivo in AEW esattamente in questi termini: loro gli permetteranno di essere più libero, di essere la versione migliore di sé. Cosa che la WWE non gli ha mai concesso, frustrando Ambrose per anni. Fino all'inevitabile punto di rottura.

Il wrestling, benché sia sempre meno visto dalle grandi platee, è tornato a essere un fenomeno globale. Non esiste più solo la WWE, basta girare la testa per vedere tante altre compagnie che forse non avranno la stessa visibilità e forse non potranno offrire la stessa cifra garantita dalla WWE… ma almeno in quelle compagnie si fa wrestling. Io penso che vada inserito in quest'ottica questo movimento di ribellione che sta colpendo la WWE negli ultimi mesi, se non anni in qualche caso, e che sta privando la WWE di vari pezzi del roster anche importanti, che completamente sfibrati e sfiniti dal processo creativo della WWE decidono di abbandonarla. Ho citato prima PAC e Austin Aries, che sono stati i primi a rendersi conto dell'aria che tirava e a tirare i remi in barca. Poi basta guardare al roster attuale per rendersi conto della situazione pessima in cui ci ritroviamo: Sasha Banks è dispersa, The Revival vivacchiano in attesa di liberarsi dal loro contratto, idem con patate Karl Anderson & Luke Gallows. Vogliamo parlare di Luke Harper, un altro disperso perché a quanto pare sta sulle scatole a McMahon perché incapace di fare un accento del sud? Diciamo che la cosa non mi sorprenderebbe se si rivelasse veritiera. Peccato che ora la WWE non sia l'unico porto in cui i wrestler possano attraccare. La WWE può provare quanto vuole a trattenere i wrestler contro la loro volontà, ma alle lunghe non avranno scelta: i contratti scadono. La WWE non si rende conto che deve cambiare completamente rotta, dal punto di vista creativo e dirigenziale. Per i wrestler, altrimenti il loro esodo verso altre compagnie diverrà sempre più numeroso, ma soprattutto per i fan. Perché Vince potrà provare finché vuole a inventarsi la comparsata del Lesnar di turno per tenersi quattro ascolti in più, ma se il prodotto WWE non tornerà quanto prima fresco, attuale e soprattutto libero da tutti i vincoli e le barriere che ha avuto praticamente da sempre, la situazione non potrà fare altro che continuare a peggiorare.

Lorenzo Pierleoni
Lorenzo Pierleonihttps://www.tuttowrestling.com/
Dicono che sia il vicedirettore di Tuttowrestling.com ma non ci crede tanto nemmeno lui, figuriamoci gli altri. Scrive da otto anni il 5 Star Frog Splash, per un totale di oltre 200 numeri. Cosa gli abbiano fatto di male gli utenti di TW per punirli così è ancora ignoto. A marzo 2020 si ritrova senza niente da fare, inizia un podcast e lo chiama The Whole Damn Show. Così, de botto, senza senso.
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