WWE Planet #888 – Non facciamo che non ci rivediamo più

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Nel giro di 48 ore la WWE è stata in grado di offrire nel main roster due incontri spettacolari, forse non seri candidati a Match dell’Anno ma sicuramente incontri che varrà la pena ricordare e riguardare. Per giunta l’ha fatto in vesti, quelle di SmackDown e quella di Backlash, tutt’altro che abituate a questi pezzi da novanta. È stato un errore, una casualità o una strategia ben mirata?


Non è chiaro. Sicuramente non sono capitati per caso: sia l’incontro da annali di Edge e Randy Orton di domenica scorsa, sia la perla stupenda di Daniel Bryan ed AJ Styles di due giorni prima arrivano a valle di storyline sensate e hanno una loro contestualizzazione. Una cosa non da poco, al giorno d’oggi, per quanto poi si possano trovare criticità in entrambe le trame. Sicuramente non è casuale neanche la posizione leggermente scostata: in tanti abbiamo pensato che Bryan-Styles dovesse avere un posto in PPV, ma l’uno avrebbe adombrato l’altro nella contemporaneità di Backlash, per quanto siano stati due incontri sui piani tecnico e narrativo molto diversi. Insomma forse non c’era la certezza di raccogliere nel giro di pochi giorni due frutti così succulenti ma l’organizzazione – guarda caso – è stata premiata. Da lì a prevedere (l’inizio di) una strategia di più ampio respiro, però, ci vuole ottimismo. I due incontri, in diversi modi, rappresentano cifre stilistiche estranee alla WWE o quantomeno poco nelle corde della federazione di Stamford, che ha sempre trattato eventi come questi con l’unicità dei Big Four, con gli appuntamenti eclatanti e il sacrificio di tanto altro contorno; con poche eccezioni. Stavolta le due cose sono state in grado, praticamente, di convivere sotto lo stesso tetto e di impreziosire palcoscenici che raramente posso fregiarsi di esporre simili pièce. Difficile però immaginare che si una regola piuttosto che un’eccezione. Edge e Orton hanno raccontato una storia particolare e comunque, al netto del loro incontro, fin troppo calcata. D’altro canto se davvero il Titolo Intercontinentale diventerà la “Cintura dei Bei Match”, come caldeggia qualcuno, sarà difficile ripetere i fasti di Bryan-Styles, oltre che rendere davvero una gemma ogni scontro con il Titolo in palio, col rischio ossimorico di stufare. Felice di sbagliare, soprattutto nel secondo caso.

A non essere usuale è stata anche la capacità di stupire su due fronti. Gli incontri hanno raccontato qualcosa fortemente nelle corde dei lottatori coinvolti: il Phenomenal One e l’American Dragon sono forse i due lottatori più dotati di questa generazione e hanno tirato fuori 32’ di tecnica e intensità da applausi; storytelling articolato benissimo, patos, trasformazione dei lottatori sono invece alcune delle cose in cui da sempre gli ex Reated RKO eccellono e l’hanno dimostrato perfettamente a loro volta. A bocce ferme non stupisce che, con un roster come quello attuale – il migliore mai messo su per distacco -, si riesca a produrre match a 5 stelle con relativa facilità. È una delle critiche più ricorrenti alla gestione della federazione (quante volte siamo stati traditi dai promessi dream match di Styles), che fa il paio con quella che prende di mira la volontà di ridurre praticamente tutti i carachter a un set move limitato e quindi a soluzioni contate. E infatti alzi la mano chi non ha immaginato quale ancor più fulgida carriera avrebbe potuto avere Orton se avesse sempre lottato come domenica (o almeno a quanto noia ci avrebbe risparmiato). Restano le preferenze, il tifo, la partigianeria da filosofia di wrestling se volete: qualcuno avrà preferito l’andamento old school e antologico del Greatest Match Ever, altri avranno apprezzato lo splendido clinic di eccellenza e modernità nella finale del torneo. E certo resta che Orton ed Edge – in esclusiva in questo parallelismo – hanno beneficiato di un accorgimento tecnico che normalmente non a disposizione, forse andando persino a snaturare un po’ il concetto stesso di pro wrestling.

Ma non oggi. Oggi la cosa più giusta a fare è, probabilmente, godersi le due facce del bello del wrestling. Volti che la WWE ha saputo finalmente mostrare, e a stretto giro di posta, persino in un momento un po’ così. Senza cercare di dare meriti al di fuori dei Fantastici 4 coinvolti, senza perderci nella dietrologia del chissà perché e del chissà per come. È stato un gran bell’andare, dell’ottimo wrestling finalmente. Non facciamo che non ci rivediamo più…

Scritto da Daniele La Spina
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