Gorilla Position #30 – Acknowledge me!

Quindi, riassumiamo: tutti devono “riconoscere” Roman Reigns. Sami Zayn riconosce Roman Reigns. Ma Sami Zayn riconosce anche Jey Uso. Che a sua volta riconosce Roman Reigns insieme al fratello Jimmy. Solo Sikoa non dice niente. Heyman è l’uomo saggio. E riconosce anche lui Roman Reigns. Ma riconosce anche Cody, che però a sua volta non è il figlio che suo padre avrebbe sempre voluto. Perché anche suo padre, Dusty, a quanto pare, riconosceva Roman Reigns. E Cody riconosce Sami Zayn. Che al mercato mio padre comprò. Acknowledge me!


Bene, mi sembra tutto lampante e limpidissimo. Nel Gorilla odierno, parliamo della storia per eccellenza di questo 2023: la fine della Bloodline. E specifico l’anno corrente, perché è qui che si è avuta una netta accelerata. Su una trama un po’ così, in cui l’elemento chiave era anche quello meno interessante. Ed è grazie al contorno, grazie alle doti di un performer clamoroso come Sami Zayn che poi siamo dove siamo ora. Probabilmente, sicuramente, in maniera imprevista in termini di risonanza. Da una risata dicendo “Ucey” siamo arrivati a Sami Zayn number one contender per sabato sera a Montreal. Elimination Chamber. Non solo, siamo arrivati ad avere Sami Zayn come consequenziale eroe che ci meritiamo e di cui abbiamo bisogno. Senza parlare dei suoi, di meriti.

Alla Royal Rumble, Sami Zayn era l’elefante nella cristalleria. Apparirà alla Rumble? La vincerà? Farà perdere il titolo a Roman? Oppure a Owens? Tradirà la Bloodline? Nel momento stesso in cui queste domande compaiono come fumetti nelle nostre teste, questa storyline è una vittoria. Schiacciante, enorme, clamorosa. Pur con dei buchi di trama peculiari, ma che passano in secondo piano anche a fronte di un panorama narrativo che in WWE rasentava i cespugli rotolanti nelle lande aride.

Ma alla rissa, Zayn non c’è. La vince Cody, poco meritocraticamente, molto pedissequamente, secondo una storia che tutti dicono essere già scritta, ma che in fondo, di già scritto ha solo la pigrizia e la codardia. Sami tradisce Reigns, sediata a-la Shield e in un paio di settimane a fronte di quasi nulla, siamo passati da amici bff tivibi, a ti odio ti detesto e ti metterò la mano in una bacinella d’acqua mentre dormi.

A lasciarmi perplesso è la mancanza del casus belli: abbiamo visto processi, senza che ci fosse reato, odio germogliato su un beat down ai danni di Owens che non è una cosa nuova e che scopriamo ora. Una trama che ha richiesto anni per dipanarsi, è deflagrata in modo troppo rapido e senza che ci fosse una solida struttura sotto. Poi per l’amor di dio, prendiamo e portiamo a casa che è già grasso che cola. Tuttavia, come si dice sempre, per sconfiggere Roman Reigns serve tanta roba, dopo 900 giorni and counting con la cintura (di Heyman). Ma qui arriva Cody. L’autoproclamato eroe di cui non abbiamo bisogno. Lui è a suo agio nel fare l’eroe non per altruismo ma per egomania. Nel gonfiare i promo di sentimentalismi che a volte hanno cittadinanza (come con Heyman) altre molto meno (come con Zayn).

E la presenza di Cody fa crollare il castello di carte che sorreggeva la bellezza di questa storyline. L’American Nightmare è un intruso che sta cercando di spiegare perché non è un intruso. Quindi chiama in causa Zayn in un promo, poi addirittura gli parla e lo motiva. “Riconoscendolo”. Convincendolo che a Elimination Chamber ce la può fare. Spoiler: non è vero. Il tentativo che stanno facendo di mettere nei binari questo triangolo è ammirevole e apprezzabile. Ma si nota in maniera enorme quanto Cody stia facendo a spallate per cercare di farsi largo in una trama che stava benissimo senza di lui. Tutta la narrazione di buono e cattivo si basa sulla loro dicotomia polarizzante.

C’è Hercules, c’è Ade. C’è Ariel, c’è Ursula. Aladdin e Jafar. Ecco, proprio Aladdin incarna bene le caratteristiche di Sami Zayn. Che era uno straccione, narrativamente parlando. Non aveva nulla di cui cibarsi in termini di tempo televisivo e di caratterizzazione. Andava rubacchiando angolini di rilevanza tra comedy e poco altro. Zayn è il diamante allo stato grezzo. Jafar lo sa. E quando gli eventi convergono nella redemption del protagonista, è proprio lui quello che prende a calci nel sedere Jafar. Con l’astuzia, perché Aladdin, in fondo, è uno di noi. Dove inseriamo Cody in questo paradigma? Cody è il bisbetico principe Ahmed. Quello che viene respinto dalla principessa e rimane con le mutande a cuori in bella vista dopo che la tigre gli morde le chiappe.

Cody ha la storia già scritta, ha il cognome che lo precede. Predestinato a diventare campione, ma era proprio necessario farlo ora? Nessuno mi convincerà mai su una risposta affermativa. Non ha un ruolo, Cody, in questa storia. Non è protagonista, non è antagonista. Lui è spettatore di ciò che succede per poi infilarsi in vista di WrestleMania. Ed è lui stesso a dirlo, nel promo in cui incita Zayn. Eccellente nell’interpretazione, ma nei contenuti la sua è una non-storia. Hanno dovuto ricorrere a un’ultima telefonata di Dusty in punto di morte che parla di Reigns come del figlio che avrebbe sempre voluto. Hanno persino parzialmente messo da parte la storia di Cody verso il titolo per farlo convergere nell’orbita gravitazionale del tema Sami Zayn.

Se c’erano due che potevano giocarsi i titoli di Reigns, erano Zayn e Jey Uso. La caduta del Dio, l’ascesa dei mortali. Che si sono odiati e poi riconosciuti, a loro modo amati. L’umanizzazione del tiranno ad opera di coloro che ne hanno nutrito l’ascesa al potere e il conseguente consolidamento. Perché non dimentichiamoci tutte le vittorie sporche di Reigns, tutte le finisher subite da Zayn, tutti gli aiuti mai ricambiati da parte degli Usos. Commodo che rotola nell’arena sotto i colpi di Massimo X Meridio. Con nessuno che lo aiuta. Qui per me si doveva arrivare. A WrestleMania, sotto gli occhi di tutti. Un po’ come quando Page in AEW ha sconfitto Omega con i Bucks che lo hanno, anche qui, riconosciuto, annuendo alla sua ascesa.

C’era un buono, c’era un cattivo, c’erano i personaggi secondari. In tutto questo disegno, Cody è intruso. E cerca di imporre la sua non-storia in una storia che viveva e vive di vita propria su elementi che sono molto più interessanti di uno che deve diventare campione “perché sì”.

Andrea Samele
Andrea Samele
Laureato in filosofia, amante della creatività, della scrittura e del suono musicale di una chop. Appassionato di wrestling di lunga data per la capacità di creare personaggi e storyline in grado di coinvolgere gli spettatori. Per Tuttowrestling.com curo l'AEW Planet.
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