Gorilla Position #36 – Il vecchio che avanza

Cari e vecchi veterani. Quando non si sa che dire, quando non si sa che fare, quando i licenziamenti sono la cosa più degna di nota (se non l’unica) che produce la tua compagnia di wrestling… ecco che magia. Chiamiamo un John Cena a caso, rispolveriamo un The Rock d’annata, che passava di là. Pubblico in delirio e tanti saluti a tutti, Theory in primis. Se si citofona WWE, probabilmente non si troverà nessuno in casa. Si prega di passare più tardi. Il vuoto narrativo è tale che fanno più rumore i vari Dolph Ziggler, Matt Riddle e Mustafa Ali che se ne vanno, rispetto al PPV che invece si avvicina. Fastlane dista una settimana e uno spiffero, la card piange, in tutti i sensi, ma c’è John Cena. E allora giubilo, soldi e sold out.


Poco importa che il match sia un insensato handicap (posto che rimanga tale, cosa su cui non scommetterei nemmeno un centesimo) contro la Bloodline. Ennesimo contorsionismo di una storia che ormai si fa davvero fatica persino a commentare. Con il campione nella sua isola di irrilevanza, conquistata a pieno titolo con un prolungato assenteismo con annesso rapimento della cintura e attentato allo show che dovrebbe rappresentare. Peccato originale, come in tempi non sospetti rilevammo, non aver fermato il treno quando si poteva. Con McIntyre, con Zayn, persino con Cody Rhodes, di cui non sono esattamente un estimatore. Ma almeno avresti chiuso un capitolo ripartendo con qualcun altro che aveva qualcosa da dire. Soprattutto nel caso di Zayn. Tant’è, ogni piano è stato sacrificato in nome di un ipotetico match contro il cugino con il pedigree. Ma The Rock a WrestleMania non si è presentato.

In compenso è riapparso a SmackDown!, di scena in Colorado. Dove i Denver Nuggets in NBA hanno vinto il titolo con un quintetto in cui il più vecchio era Kentavious Caldwell-Pope, anni 30. Il People’s Champ arriva e distrugge, asfalta, sommerge, sotterra letteralmente Austin Theory. Probabilmente in WWE il concetto di mandare over un giovane andrebbe quantomeno rivisto. Avere un’arena intera che a tempo alternato ti canta “You’re an a**hole”, non significa che sei un heel fantastico. Oh no, significa solo che sei un cretino, il pubblico lo sa, il tuo avversario lo sottolinea e tutti sono felici di deriderti. Oltretutto, se questo ritorno di Rocky sarà un one night only, come sembra almeno per ora, a maggior ragione usarlo in questo modo, per un bullismo mascherato da fan service nei confronti di uno che di talento, bontà divina, ne ha eccome, è un errore.

Davvero non si riesce a fare di meglio? Non si può usare una leggenda in modo organico e senza quel retrogusto di eterno protagonismo in salsa americana di cui il wrestling non riesce a fare a meno? Chiaro, The Rock è come Baby di Dirty Dancing, non lo puoi mettere in un angolo. Stesso indirizzo di residenza di John Cena. Entrambi hanno segnato un’epoca, entrambi popolano il Mount Rushmore, ma proprio per questo si può fare di più. Ed è sempre una questione di penna e calamaio, perché come lo stesso wrestler di West Newbury, Massachussets, disse a Theory nel pre-WrestleMania, che tu vinca o che tu perda, tanto non cambierà niente. Perché il tuo personaggio non è credibile, non è all’altezza.

E non basta gravitare intorno a una leggenda, persino batterla. Non basta per chiunque, persino per gente più navigata come Kevin Owens. Che “oddio, ha lottato con Steve Austin in un main event di WrestleMania”. Ha perso, è vero, ma vuoi mettere? Combattere contro Austin è una cosa enorme. E si è visto che passi da gigante dopo. Un bel feud con Ezekiel, è lui o non è lui, certo che è lui.

Il tutto mentre in casa AEW, MJF a parte, abbiamo Christian Cage che imperversa con un personaggio al limite del disgustoso. E la cintura TNT alla vita. Mentre Billy Gunn è campione Trios e Jeff Jarrett ambisce all’International. E tutti non vediamo l’ora che arrivi anche Edge. E anche qui, c’è WrestleDream dopodomani. La card è ottima, ma l’attenzione è spostata verso chi non c’è. Chi potrebbe debuttare. Tony Khan ha parlato di rivoluzione, si sono fatte ipotesi fantascientifiche di ogni tipo. E dopo l’infortunio di Adam Cole abbiamo anche Jay White attaccato nel backstage da non sappiamo chi. Ironia della sorte, anche qui handicap match con MJF all’avventura per difendere i titoli ROH.

Per l’amor del cielo, se non altro in questo caso è tutto organico. Tutto nasce e lavora in funzione di ciò che gli show stanno raccontando e le ultime puntate di Dynamite sono state davvero valide. Però questa costruzione per assenza, attendendo sempre un elemento che a oggi non c’è, è vero che ti dà sempre un motivo per pensare. Per sapere come andrà a finire, per scoprire chi si cela dietro la maschera. Però d’altro canto rende ciò che accade sul ring sempre più accessorio e il wrestling non può dimenticare la parte lottata.

Non sempre, non come base, non dando tutto questo per scontato. Può succedere ed essere bellissimo che MJF e Adam Cole facciano un match in cui l’unica cosa che per tutti contava era il finale. Ma, come la WWE negativamente insegna, se questo diventa la norma (leggasi ogni match di Roman Reigns negli ultimi due anni, circa), il resto che lo guardiamo a fare?

Quindi attenzione, perché quando questo scollamento tra ciò che si racconta e ciò che si guarda diventa evidente, la battaglia è persa. E l’unica cosa che defibrilla è un improvviso, randomico, episodico, ma non meno elettrizzante e a suo modo sempre meraviglioso “If you smeeeeeeeeellllll… what The Rock… is… cooking”.

Andrea Samele
Andrea Samele
Laureato in filosofia, amante della creatività, della scrittura e del suono musicale di una chop. Appassionato di wrestling di lunga data per la capacità di creare personaggi e storyline in grado di coinvolgere gli spettatori. Per Tuttowrestling.com curo l'AEW Planet.
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