Gorilla Position #25 – Sami Zayn e il Bloodline

Gorilla Position

Roman Reigns è ancora il campione di tutto. Anche del PWI 500. Clash at the Castle ci aveva dato l’illusione che qualcosa potesse cambiare. Ma in barba ai fanboy di Triple H, alla fine tutto è rimasto com’è. Personalmente, valgono entrambe le teorie: se c’era una persona, in uno stadio, in quel contesto e in quel momento che poteva (o doveva) togliere il titolo a Reigns era Drew McIntyre. Ma d’altro canto, mancava tanto in termini di costruzione per poter creare quel senso di epicità che necessariamente doveva legarsi alla fine del regno della noia di Roman Reigns.


Parliamoci chiaro, Reigns ha stufato, ma far finire un regno di questa portata solo per eccesso di sbadigli non rende giustizia a tutto ciò che è stato sacrificato in nome del Tribal Chief. Certo, le modalità sono ampiamente discutibili. Un decontestualizzato Solo Sikoa (chi?) che arriva come fosse una leggenda del ring e decide il match tra due che sono anni luce distanti da lui. Insomma. Potevano giocarsi Sami Zayn, per dire.

Errore o meno, ad ogni modo, Clash at the Castle ha causato un effetto domino paradossale, per cui di fatto ora nella Bloodline, ci sono diversi motivi di interesse. Nessuno però riconducibile a Roman Reigns. Il che da un lato è indice di come si sia seminato bene, creando una stable che, piaccia o meno, ha significato qualcosa e continua a significare qualcosa negli show. Dall’altro lato, purtroppo, rende incredibilmente evidente l’errore atavico fatto a monte nella costruzione di Roman Reigns come asso pigliatutto.

Lasciando perdere il campione dei campioni, mi focalizzerei sul contorno, perché dal punto di vista narrativo, sono aperte davvero tante porte. A cominciare dalla presenza di Sami Zayn, autentico mattatore degli show WWE. In qualsiasi segmento, in qualsiasi momento, Zayn è sempre sul pezzo. Centrato, ironico, presente, fantastico. Ti fa vivere realmente le emozioni che interpreta e dà quel tocco di scanzonata ilarità che non fa mai male. C’è differenza tra le risate forzate e quelle naturali, un’enorme differenza. Che poi è quella tra chi recita un copione (Reigns) e chi invece vive quello che dice.

Zayn è la star del Bloodline, è lui l’elemento di attenzione. Ed è lui l’innesco per molte potenziali situazioni esplosive. Feud con Jey Uso, palesemente geloso di lui? Titoli di coppia in palio con Kevin Owens da una parte e gli Usos dall’altra? Interferenza in un match di Reigns che gli costa uno dei titoli? Oppure, infine, perché no. Number one contender per il titolo del capotribù? Quando hai così tante possibilità di raccolto, la motivazione è sempre da ricercarsi in un ottimo lavoro di semina. Che in questo caso va accreditato anche al performer, davvero capace di trasformare il piombo di una stable, essa stessa prigioniera del proprio leader, in oro.

Tutti scenari motivati e interessanti peraltro, nessuna forzatura. Con strascichi potenziali altrettanto consequenziali. Jey Uso che esce dal Bloodline perché stufo delle attenzioni che riceve Zayn. Jey che riprende appunto il personaggio pre-Bloodline, quando costrinse Reigns a sudare sette camicie tra Clash of the Champions e Hell in a Cell. Oppure, seguendo l’ultimo filone indicato sopra, le prime crepe nel Bloodline, tra titoli tag che cambiano padrone e che includono un membro esterno come Owens. Fino ad arrivare alla tanto sospirata conclusione del regno di Reigns, per cui però temo si dovrà aspettare ben altro palco scenico.

Rimane il fatto che Jey Uso sembra defilato rispetto al resto del gruppo. La presenza di Zayn è soverchiante e mentre Solo Sikoa e Jimmy Uso fanno orecchie da mercante e Reigns ride, Jey Uso la prende sul personale. Caratterizzandosi come l’elemento di discontinuità nell’armonia del gruppo. Non è Zayn il problema, è Jey Uso. Che potrebbe essere pronto a smascherare le cattive intenzioni del rivale o a defilarsi dai compagni. Entrambi potrebbero essere ottimi avversari di transizione per Reigns, che ha profondamente bisogno di essere inserito in una storia credibile. Non come quella con Logan Paul, per intenderci.

In tal senso, un’eventuale intromissione di Kevin Owens potrebbe solo avere effetti positivi. Owens è un personaggio a prescindere definito, che ha uno status indipendente dalla sua attitude. Il pubblico lo segue, un po’ come avviene per Seth Rollins. Sono due su cui in qualsiasi momento puoi scommettere sapendo già che vincerai. E così facendo puoi giocarti la carta dell’assenza del leader dagli show, con le chiavi della macchina in mano ai secondi che vengono outplayati da gente che di titoli ne ha vinti eccome.

Insomma, quale che sia la scelta della WWE, proseguire lungo questo filone narrativo per il Bloodline è davvero linfa vitale. Fa un po’ specie, come detto sopra, che la stable del campione abbia nel campione l’elemento meno interessante. Ma d’altronde anche qui è la raccolta di quanto seminato. Poco e male. Personalmente, spero che Zayn non vinca i titoli di coppia ma venga coinvolto in qualcosa di più importante. Serve come il pane una ventata d’aria fresca in un main eventing orfano del proprio attore principale. E denso di persone che possono permettersi di perdere senza intaccare il proprio status. Ma di nessuno attualmente in grado di vincere elevando il proprio status.

Ai posteri l’ardua sentenza. Nell’attesa, come sempre, buon wrestling a tutti!

Scritto da Andrea Samele
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