5 Star Frog Splash #30 – Untitled

[ Ok, è ora di scrivere un nuovo editoriale C'è da trovare un nuovo argomento di cui parlare, elaborare un titolo decente e con qualche gioco di parole come piace a me, pensare a qualche incipit ingegnoso e che introduca adeguatamente l'argomento, che preferibilmente faccia anche qualche riferimento intelligente. Dunque, cominciamo dal decidere l'argomento di cui parlare, che questa settimana non può che essere Hell in a Cell per tutto ciò che è successo nel PPV. E ora pensiamo al titolo, forse potrei usare ]
Non ne ho voglia. Questa settimana non ho davvero voglia di scrivere un editoriale. Sapete di cosa ho voglia? Di sfogarmi. Sì, di sfogarmi, perché tutto ciò a cui ho assistito in quel di Hell in a Cell e nella puntata di Raw andata in onda lunedì sera non ho davvero voglia di fare altro.
Sono mesi, MESI, che parlo in maniera positiva dell'attuale storyline principale della WWE. Fin dai suoi esordi, fin dagli show in cui iniziava a delinearsi la faida tra Daniel Bryan e l'allora WWE Champion John Cena non avevo fatto altro che elogiare il modo in cui la WWE stava proponendo l'intera vicenda. Avevo difeso l'avvio stesso della storyline, quando la WWE ha fatto sì che fosse John Cena stesso a scegliere Daniel Bryan come suo avversario per il WWE Championship match a Summerslam con delle modalità che avrebbero potuto facilmente rivelarsi a doppio taglio. Avevo preso le parti della compagnia quando la storia stentava a decollare, mi ero schierato fermamente a favore della costruzione un po' particolare operata dalla WWE che a mio avviso poteva dare i suoi frutti. Avevo poi apprezzato tantissimo il segmento del Raw precedente al title match tra i due. Quel segmento aveva avuto una forza straordinaria ed in qualche modo era riuscito anche a mascherare i limiti di Bryan al microfono, portando la faida su un livello personale che non era ancora stato esplorato fino a quel momento.
Il match di Summerslam aveva messo d'accordo tutti. La storia raccontata sul ring da Cena e Bryan, perfettamente consequenziale al segmento visto durante il Raw precedente, ha dato vita ad un match dal potenziale elevatissimo, che non è stato un piccolo capolavoro solo per l'infortunio al gomito che ha frenato Cena, ma che si è espresso comunque su livelli molto alti. Il match si è concluso in maniera piuttosto inusuale, con uno schienamento pulito su John Cena. Ed è stato in quel momento che ho capito la grandezza della storyline messa in piedi dalla WWE. Una storyline che, come avevo detto anche qualche settimana fa, aveva puntato in maniera netta un obiettivo ben definito e lo aveva centrato in pieno: la consacrazione di Daniel Bryan come main eventer della compagnia. Erano anni che non vedevo in WWE una storia raccontata così bene e con tale convinzione. Una storia che aveva ben chiaro il proprio traguardo, sapeva dove doveva arrivare, e si appoggiava sulle spalle di Bryan, che dal canto suo non perdeva un colpo e non disattendeva mai le aspettative.
Poi c'è stato il post-match, con l'incasso del Money in the Bank da parte di Randy Orton che ha consegnato al Legend Killer il WWE Championship appena vinto da Bryan. Un incasso non accolto positivamente da parte di tutti: si temeva infatti che la WWE non volesse davvero fare di Bryan l'”A player” che sarebbe dovuto diventare per storyline, che non volesse davvero puntare su di lui. Io invece non avevo dubbi: la storyline era semplicemente perfetta. L'incasso di Randy Orton serviva solamente ad inserire Bryan nella lotta contro Triple H e Stephanie McMahon. Anche perché Randy Orton, dopo mesi – se non anni – a gironzolare negli show senza una meta precisa, aveva finalmente un ruolo ben preciso nella storyline: quello dell'inadatto. Orton non era l'”A player”, Orton non era il volto della WWE, Orton semplicemente non era all'altezza di Bryan. Ed i fatti non tardavano a dimostrarlo: a Night of Champions Bryan batteva Orton senza appello, prendendosi il “suo” titolo. Ma Triple H non poteva ammettere di aver sbagliato su Bryan, consacrandolo come vero volto della WWE, e con uno stratagemma aveva nuovamente privato Bryan della cintura. Nel mentre, altre critiche piovevano sulla storyline, rea di svilire il valore del WWE Championship facendolo passare di mano così tante volte. Ma io no, continuavo a difendere la storyline perché, a conti fatti, se una storia giustifica un passaggio di titolo così repentino allora è giusto che esso ci sia. Un titolo viene svilito quando è privo di qualsiasi storia e passa spesso di mano senza alcuna base, non quando il migliore del roster è alla ricerca di una cintura della quale viene privato continuamente dalle figure d'autorità a lui invise.
Infatti, neanche a Battleground, dove era avvenuto il match di riassegnazione del titolo, Bryan era riuscito ad impossessarsi del WWE Title a causa dell'interferenza di Big Show che aveva causato un No Contest. Dunque, Hell in a Cell rappresentava a tutti gli effetti la fine di questa lunga rincorsa, una rincorsa cominciata ormai quasi quattro mesi fa e che avrebbe dovuto concludersi all'interno della struttura infernale, senza possibilità (o quasi) di interferenze esterne.
La settimana scorsa ho letto con attenzione il GPO, dove GP si è scagliato duramente contro il segmento del Raw di dieci giorni fa in cui Daniel Bryan era stato fin troppo sminuito da Triple H, senza avere la possibilità di controbattere, sembrando sconfitto nel confronto verbale. Personalmente io non vedevo così tragica la situazione. Sminuire l'avversario, anche notevolmente, per poi prenderle al momento della resa dei conti è sempre stata una delle tattiche usate in certi casi dal Cerebral Assassin, basti pensare al suo feud con John Cena culminato a Wrestlemania 22 in cui il King of Kings disse che non poteva aver paura di un wrestler “la cui mossa principale consiste nel pompare le sue Reebok”. E poi perse, addirittura per sottomissione, ammettendo successivamente di aver sottovalutato John Cena. E fu quello il fulcro di tutto il feud: John Cena andò over perché provò al mondo che HHH aveva sbagliato a sottovalutarlo in quella maniera.
Vi ricorda qualcosa? No? E ci credo, dato che questo è esattamente ciò che NON è successo a Hell in a Cell! Perché Daniel Bryan ha perso al PPV, seppur con tutte le attenuanti del caso, non presentando la dimostrazione della falsità insita nelle parole di Triple H. Una Sweet Chin Music dello special referee Shawn Michaels e in un attimo Bryan è stato privato di un titolo che dovrebbe possedere meritatamente da quattro mesi. Se il problema terminasse qui starei certamente esagerando a prendermela in questa maniera. D'altronde Bryan ha dimostrato in più occasioni di essere di tutt'altro livello rispetto al redivivo Orton, che suo malgrado si trova ancora una volta ad essere WWE Champion, per cui sarebbe perfettamente logico che avesse un'altra chance. Peccato che la fin troppo macchinosa dinamica del title match, confermata poi dall'episodio di Raw della sera successiva, ha indicato tutt'altro. A conti fatti, la rincorsa di Daniel Bryan al “suo” WWE Title è terminata. Definitivamente? Solo per qualche tempo? Non sono in grado di dirlo, ma in questo momento non m'importa veramente nulla. Perché la verità è che Bryan, non battendo Orton, ha perso il suo momento. Il suo momento era qui ed ora, era domenica a Hell in a Cell: lì Bryan avrebbe dovuto iniziare lì un nuovo regno, finalmente duraturo. Come abbiamo visto, le cose non sono andate assolutamente così e ora un senso d'incompiuto bussa insistentemente alle porte della storyline.
Diciamoci la verità, la WWE a Hell in a Cell ha fatto naufragare la propria storyline principale senza appello alcuno. Tutte le belle parole da me spese per celebrare la bontà di questa storyline non hanno più alcun valore, la storia ha perso nettamente di vista il suo obiettivo e ora non ne ha più uno. La storia di Bryan, fusasi con quella delle nuove gerarchie di potere dei McMahon da Summerslam in poi, ha lasciato il posto esclusivamente a quest'ultima. E sapete qual è la cosa che mi fa più infuriare? Che a conti fatti Daniel Bryan è tornato nel midcarding. Ovviamente questa è solo una provocazione fin troppo esagerata, ma non è che la realtà dei fatti sia poi così lontana. Bryan è stato allontanato dalla storyline principale e ora è stato attaccato dalla Wyatt Family. Da chi? Ah, stiamo parlando di quella stable che gira per il main roster da un paio di mesi e che finora non ha fatto altro che massacrare jobber random senza costruzione alcuna? E di grazia perché questi tre tizi – perché di tre tizi stiamo parlando dato che la caratterizzazione e la costruzione della Wyatt Family sono qualcosa di ancora indefinito e astratto – dovrebbero avere lo status per poter impensierire anche solo minimamente Daniel Bryan (e CM Punk, dato che i tre hanno attaccato anche lui)? Cioè, parliamoci chiaro, Daniel Bryan ha schienato pulito John Cena, privilegio concesso a pochissimi, nemmeno a quel CM Punk che ha dominato la WWE in lungo e in largo negli ultimi due anni. Ha battuto Randy Orton innumerevoli volte, di cui una anche per sottomissione, cosa anche questa piuttosto inusuale. E ora si trova risbattuto in basso, a feudare con gente di cui al momento non importa nulla a nessuno? No mi dispiace, non ci sto.
Non nutro dubbi riguardo al fatto che Daniel Bryan presto o tardi tornerà ad essere WWE Champion. Ma, come ho detto, in questo momento non me ne frega niente. Mi frega invece di una direzione creativa tornata labile e lacunosa nel momento peggiore, cioè quando doveva mettere il tassello finale ad una costruzione che perdurava da quattro mesi e che avrebbe dovuto vedere Daniel Bryan laurearsi come unico e vero WWE Champion. Non che sia una novità questo tipo di errore da parte della WWE eh, per informazioni chiedere a Dolph Ziggler che è in WWE da otto anni e ancora aspetta di essere lanciato in qualche modo pur essendo un due volte World Heavyweight Champion. Il problema è che in questo modo la WWE è riuscita nel difficilissimo intento di non far andare over nessuno. Né Randy Orton, che nella storyline non è altro che il campione inadatto che vince grazie al caso e alle scorrettezze e ora si ritrova ancora con il WWE Championship alla vita, né tantomeno Daniel Bryan, che ora per diverso tempo sarà impantanato con la Wyatt Family la quale dal canto suo non può essere di nessuna utilità ad un wrestler come lui, che ha uno status infinitamente superiore al loro e che ormai è considerato come un main eventer. La dura verità è che il momento di Bryan è ormai andato e che, se e quando tornerà a competere per il WWE Championship, bisognerà ricostruirlo e creare una nuova storyline apposta per lui quando il terreno per la sua consacrazione definitiva era ormai pronto da un pezzo, in attesa che qualcuno lo facesse fruttare.