AEW Planet #60 – Perfezione o morte

Dal post Double or Nothing la AEW, complice anche la necessità di promuovere, praticamente in contemporanea e nel giro di un mese e mezzo, i proprio programmi, Forbidden Door e Death Before Dishonor, era entrata in una spirale di show particolarmente convulsi e spesso ansiogeni nel cercare di proporre il più alto numero di contenuti all’interno delle proprie 2 (+1) ore di programmazione settimanale.E
E, nel giro di pochissime settimane, il “wrestling web” si è palesato nella sua componente più tossica, celebrando funerali anticipati e scagliandosi chi contro il booking, chi contro la gestione dei talenti di Tony Khan: che negli ultimi mesi, come ho già detto in altri editoriali, la sensazione che la fase della “luna di miele” fosse conclusa era chiaro e palese ai più ed era altrettanto chiaro che i molti infortuni uniti ad alcuni problemi di scrittura degli show, ci stessero consegnando un prodotto non in linea con quello a cui la federazione di Jacksonville ci aveva abituato. E cioè un prodotto di alto livello.
Ed è da li che ho realizzato una cosa semplice e cioè che ad una realtà come la AEW, oggi, si chiede di essere perfetti, sempre e comunque ed in tutto ciò che fa, pena la condanna a morte e elogi funebri pronti ad essere scritti senza possibilità di poter poi discutere delle motivazioni che potevano portare a quelle scelte creative o ad un cambio nel prodotto; vero è che per natura il fan di wrestling è estremamente polarizzato, sia nella scelta di cosa guardare, sia nel commento del prodotto, ma è altrettanto vero che a volte assistiamo a vere e proprie manipolazioni della realtà per far si che i fatti si pieghino al nostro pensiero precostituito.
Stesso discorso è valso e vale per tutte le altre promotion del mondo, soprattutto quelle a più alta esposizione televisiva ma con la All Elite Wrestling, complice anche la sua giovane età legata ad un successo assolutamente inaspettato considerando le basi di partenza ed il monopolio de-facto in cui nasceva, tutto sembra amplificato con forza dirompente, forse proprio per delle aspettative irrealistiche che molti di noi riponevano nella creatura di Tony Khan, aspettative che vedevano la AEW come una forza in grado di scalfire quella WWE che, paradossalmente, cambierà forse più ora per l’addio di Vince McMahon che non per la nascita di una competizione vera.
Come sempre è lasciata ai posteri l’ardua sentenza ed in questo caso il verificare con mano se davvero la AEW si rivelerà un fuoco di paglia di qualche decennio o se il prodotto reggerà il passare degli anni e potra continuare, come personalmente penso, a stabilirsi come alternativa da guardare insieme ad altri prodotti, antitetici ma, proprio per quello, complementari nel panorama del pro-wrestling.
Noi invece, ci sentiamo fra 15 giorni, per una nuova edizione dell’AEW Planet! Namastè!