Piper’s Pit #26 – LA MORTE TI FA POP!

Piper's Pit

A Owen Hart


Bentornati ad “Hot Rod!”, la rubrica che ogni mese vi svela il lato più pop del wrestling! E, questo mese, un po' amaramente tocca parlare di un argomento che rende davvero popolare il wrestling: vale a dire le numerose tragedie che lo hanno funestato.
Soprattutto nel nostro paese i media si sono interessati al nostro meraviglioso passatempo solamente quando, purtroppo abbastanza spesso, il wrestling si è ritrovato suo malgrado a riempire le colonne della cronaca nera. Me ne sono reso conto per l'ennesima volta la scorsa settimana: la tragica fine di Ashley Massaro ce la siamo trovata su tutti i principali giornali di informazione nostrani, ancora prima che si parlasse di suicidio. Ma, si sa, la morte di una bella ragazza di 39 anni attira più l'attenzione del lettore medio dell'introduzione nella WWE Hall of Fame di Bruno Sammartino. E stiamo parlando di una lottatrice della quale io, che seguo il wrestling in maniera quasi maniacale dal 1986, avevo perso memoria fino alla notizia della sua morte.
Non mi è mai piaciuto fare del vittimismo: il mondo va così purtroppo e non saranno certo queste mie parole a far sì che i media trattino il wrestling in maniera differente da uno spettacolo per bambini nel migliore dei casi e da un qualcosa di perverso dominato dalla droga nel peggiore. Del resto è innegabile che il lato oscuro del nostro sport spettacolo sia sempre stato parecchio accentuato e che gli eventi più luttuosi abbiano anche contribuito a creare una sorta di letteratura parecchio interessante. E' infatti un dato di fatto che l'unico film bello fatto sul nostro mondo sia “The Wrestler”, che mostra la decadenza fisica e morale di un lottatore, e non tutti gli altri che si concentrano in maniera buffonesca sugli aspetti più colorati e divertenti.
Come avrete letto questo editoriale è dedicato a Owen Hart, che esattamente venti anni fa perdeva la vita durante il ppv “Over the Edge” dell'allora WWF, quando, impersonando The Blue Blazer, la corda che doveva farlo atterrare sul ring si ruppe, facendolo precipitare a terra da un'altezza di 24 metri. Lo show, in maniera poco comprensibile, continuò, quasi a dimostrare che non esista una tragedia abbastanza grande da fermare il business. E anche questa è una cosa che, purtroppo, abbiamo imparato ad accettare nel tempo.
Negli anni recenti poi sono state due le tragedie che hanno portato il wrestling ad occupare i titoloni dei nostri giornali: le morti di Eddie Guerrero e di Chris Benoit. Negli anni duemila infatti la WWE era ritornata prepotentemente di moda grazie al fatto che Italia 1 trasmettesse in chiaro (stendiamo un velo pietoso su come venissero commentate) le puntate di “SmackDown!”, che vedevano tra i maggiori protagonisti proprio il messicano ed il canadese. “Latino Heat”, in particolare, veniva presentato da noi come un vero e proprio eroe dei bambini e di conseguenza la sua morte, avvenuta nel 2005, divenne una tragedia mainstream da gettare in pasto al popolo affamato di scandali. Ancora più strumentalizzata fu la morte di Benoit due anni dopo: come sappiamo tutti e come già parlato in un mio precedente editoriale, Benoit uccise moglie e figlio prima di togliersi egli stesso la vita. Giornali e tv italiani ovviamente diedero la colpa al wrestling e Italia 1 si sentì messa alle strette, “colpevole” di traviare i nostri bambini con spettacoli diseducativi, quando non criminali. Sospese perciò la messa in onda di “SmackDown!”, un po' come se l'arresto di OJ Simpson avesse portato a cancellare il football americano dai palinsesti. In Italia del resto troppo spesso si confondono e si fanno sovrapporre responsabilità individuale e responsabilità collettiva, quindi il wrestling fu vittima di questo abituale malcostume.
Più recentemente il wrestling è tornato in cronaca nera per due incidenti mortali occorsi sul ring: nel 2015 in Messico Perro Aguayo trovò la morte sul ring durante un incontro con Rey Mysterio e fu proprio la presenza del maestro della 619 a scatenare i nostri giornalisti! Dai numerosi articoli sembrava quasi trasparire che la colpa del decesso fosse proprio dell'atleta di San Diego, cosa ovviamente assolutamente non vera, ma tanto bastava a far aumentare i click sul web. Poche settimane fa un malore fatale ha colpito sul ring Silver King, durante un evento in Inghilterra. Il pubblico generalista nostrano ovviamente non aveva mai sentito parlare di lui, ma per fortuna dei media nostrani sul web girava un video dell'evento, quindi la notizia divenne appetibile. Tra l'altro gli organizzatori, al contrario di Vince McMahon venti anni prima, hanno immediatamente concluso la serata, segno che la classe e la decenza non si comprano coi soldi. Ma questa è un'altra storia.
Quello che è certo è che, purtroppo, queste tragedie continueranno ad accadere perché fanno parte della vita, semplicemente ci sembrano più frequenti perché questa è la percezione che vogliono dare al pubblico i giornalisti. Ma, come dicevo prima, nessun piagnisteo: sta a noi continuare a celebrare le gesta dei nostri lottatori preferiti, per poi avere tutto il diritto di ricordarli con commozione e rispetto anche una volta che non ci saranno più.
Appuntamento al mese prossimo!
“I have wined and dined with kings and queens and I've slept in alleys and dined on pork and beans.”

Scritto da Roberto Johnny Bresso
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