Piper’s Pit #15 – Come il wrestling invase la tv italiana

Eccoci ad un nuovo appuntamento con “Hot Rod!”, la rubrica che vi svela il lato pop del wrestling. E in questo numero estivo interrompiamo le biografie monografiche per trattare un tema che noi bambini negli anni ‘80 abbiamo a cuore, vale a dire l'esplosione del wrestling in Italia, un tema magari poco conosciuto dai più giovani.


Il wrestling era già un fenomeno estremamente popolare soprattutto negli USA, in Giappone, in Messico e nel Regno Unito, ma in Italia era praticamente uno sport del tutto sconosciuto, veramente alieno. All'inizio degli anni ‘80 però qualcosa cambio': il network televisivo Euro TV, che trasmetteva attraverso diverse emittenti locali sparsi sul territorio, mise in onda la trasmissione “Catch the Catch”. La trasmissione consisteva in una serie di incontri di puroresu giapponese commentati da Tony Fusaro. Gli incontri venivano trasmessi senza una particolare logica temporale ne' tanto meno accenni alle storyline o a chi fosse campione. Iniziammo così a conoscere Antonio Inoki e anche Hulk Hogan, che combatteva spesso nel paese del Sol Levante. Questa trasmissione venne replicata più e più volte per tutto il decennio, tanto che, quando iniziò ad essere trasmessa anche la WWF, ricordo che io bambino non capissi come Hulk Hogan lo vedevo una sera negli States e la sera dopo in Giappone!
Più o meno nello stesso periodo Rete 4 inizio' a trasmettere la serie a cartoni animati dell'Uomo Tigre, che raccontava le violente avventure di lottatori giapponesi, compresi alcuni reali come lo stesso Inoki.
A questo punto Italia 1, che stava puntando molto sull'intrattenimento “Made in USA”, comprese che poteva esserci mercato per il wrestling americano e si accordo' con la WWF per trasmettere ogni sabato sera in seconda serata “Superstars of Wrestling”. Per lanciare lo spettacolo affido' il commento ad un volto molto noto, vale a dire Dan Peterson, all'epoca allenatore dell'Olimpia Milano di basket. La stessa Italia 1, a dimostrare dalla particolare collocazione, non sapeva esattamente quale poteva essere il target di riferimento: voleva rivolgersi ai più piccoli, ma allo stesso tempo temeva l'accusa di violenza, quindi evito' la fascia pomeridiana. Inoltre, visto che l'argomento era quasi per chiunque totalmente sconosciuto, non si affido ad un esperto del settore: Dan Peterson era americano e aveva l'accento giusto. E questo bastava. Non era affatto un esperto del tema e lo ammetteva candidamente. Ma si applicava con grande dedizione e cercava di informarsi sull'argomento, per quanto potesse farlo in assenza di internet. Il suo approccio ora lo troveremmo alquanto bizzarro: commentava il tutto premettendo che stavamo assistendo a qualcosa che non era reale, di fatto sminuendo in maniera esagerata ciò che stavamo vedendo. Ricordo che disse che The Undertaker non veniva affatto dalla Death Valley o Kamala dall'Uganda. Oggi troveremmo questo atteggiamento davvero poco rispettoso, ma immagino che questo gli fu ordinato dalla rete televisiva per evitare l'accusa di incitamento alla violenza. Stiamo pur sempre parlando di qualcosa che era totalmente estraneo alla nostra cultura. E poi in fondo eravamo bambini e non ci facevamo affatto caso. Era difficile per lo stesso Peterson stare al passo con le storylines, ma faceva del suo meglio, mentre commentava incontri per lo più tra una superstar e un jobber. Jobber per i quali provavo estrema simpatia, visto che venivano tutte le settimane umiliati senza pietà e nella mia mente di bambino mi domandavo perché lo facessero. Quello che forse la stessa Italia 1 non aveva previsto fu il successo incredibile che raccolse la trasmissione tra i bambini. Un successo incredibile che spinse anche giornali come La Gazzetta dello Sport e Il Guerin Sportivo ad occuparsene, spesso in maniera superficiale e ignorante. Più la Gazzetta in verità, bisogna riconoscere al Guerino di aver anche distribuito un inserto speciale con tanto di poster, per cercare di capire più la disciplina. Come ampiamente previsto arrivarono anche le accuse insensate di incitamento alla violenza e se ne occuparono anche personaggi assolutamente non in grado di parlare dell'argomento come Maurizio Costanzo. Ma il successo era inarrestabile: tutti noi bambini ne parlavamo e anche i nostri genitori finirono per sapere di cosa stessimo occupandoci. Alla fine nel 1987 venne trasmessa anche WrestleMania 3 e mi godetti Hulk Hogan sollevare Andre' the Giant. Con il successo la WWF arrivo' anche dal vivo in Italia a Milano e iniziarono anche a trovarsi in edicola anche alcune riviste specializzate. Ricordo ancora che giravo tutte le edicole della mia città per trovarle e scoprire che c'erano altre federazioni oltre alla WWF e venni a sapere che c'era un grandissimo lottatore dal nome Ric Flair. E mi domandavo perché, visto che era così forte, come mai non fosse in WWF.
Dopo qualche anno l'interesse diminuì e il wrestling scomparve anche dai nostri schermi, tanto che già si pensava che fosse la solita moda passeggera. Come ben sappiamo, fortunatamente, le cose sono andate diversamente, grazie alla passione di chi, anche negli anni di blackout, ha sempre lottato per tenere viva la fiamma. Ecco perché questa storia, che ora può sembrare quasi ridicola, ha un valore altissimo per chi l'ha vissuta direttamente e che la ricorda ancora adesso con gioia e passione.
Appuntamento al mese prossimo!
“I have wined and dined with kings and queens and I've slept in alleys and dined on pork and beans.”

Roberto Johnny Bresso
Roberto Johnny Bresso
Appassionato di calcio, golf, musica e sottoculture, seguo il wrestling dagli anni '80. Sull'argomento ho pubblicato il libro "Storie dalla terza corda".
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