Piper’s Pit #12 – The Legend is dead, long live the Legend!

Piper's Pit

Ritorna “Hot Rod!” e l'attualità ci impone oggi di parlarvi di un avvenimento luttuoso, che però ci permette di celebrare un'assoluta Leggenda del wrestling. Oggi diamo l'addio a Bruno Sammartino.


Pizzoferrato, provincia di Chieti, Abruzzo, 1103 abitanti. Un posto alquanto improbabile dal quale possa provenire uno dei più grandi miti della storia del wrestling. Perchè pure se parlassimo di Milano o Roma farebbe strano, visto che in Italia se nomini il wrestling vieni visto sempre un po' come un alieno. Ed invece proprio a Pizzoferrato, il 6 ottobre 1935, nasce Bruno Francesco Leopoldo Sammartino. Bruno è il più giovane dei sette figli di Alfonso ed Emilia, quattro dei quali morti in tenera età. Quando Bruno ha solo quattro anni il padre emigra a Pittsburgh, Pennsylvania, a cercar fortuna, come facevano tanti italiani in quegli anni, mentre Emilia si ricongiunge al marito nel 1950, portando negli States anche i figli. Bruno non parla una parola di inglese e gli anni di guerra gli hanno minato la salute, quindi alla Schenley High School viene preso di mira dai compagni, ragion per cui inizia a fare sollevamento pesi e lotta libera per aumentare la propria forza fisica. Nel sollevamento pesi arriva anche a sfiorare la qualificazione per le Olimpiadi del 1956. La sua forza straordinaria gli frutta lavori da stuntman, quando viene notato dal promoter Rudy Miller, il quale lo introduce al mondo del wrestling professionistico.
Il 17 dicembre 1959 Sammartino esordisce nel business nella sua Pittsburgh, sconfiggendo Dmitri Grabowski in 19 secondi, mentre il 2 gennaio 1960 fa il suo esordio in quella che diventerà la casa delle sue più grandi imprese, vale a dire il Madison Square Garden di New York, battendo Bull Curry in 5 minuti. L'anno successivo accade uno di quei momenti luttuosi che purtroppo hanno troppo spesso segnato la storia del wrestling: durante il match contro Chick Garibaldi Sammartino effettua un body slam sul suo avversario che muore immediatamente di infarto. Bruno confesserà che ci vollero molti anni per riuscire a superare la cosa. La sua carriera avrà però una svolta quando, contattato il promoter Frank Tunney, andrà a combattere a Toronto, dove erano presenti molti immigrati italiani, presso i quali Sammartino diviene ben presto un idolo, visto anche il fatto di rivolgersi a loro nella madrelingua. Considerata la sua popolarità sempre più in crescita Vince McMahon Sr. lo vuole nella WWWF, ma Bruno con Vince aveva avuto dei problemi in passato (il primo dei tanti con la famiglia McMahon), in quanto, a detta dell'italiano, Vince lo aveva fatto sospendere dal combattere negli USA perché aveva cambiato promoter. Sammartino allora, per combattere nella WWWF, pretende subito un match per il titolo contro “Nature Boy” Buddy Rogers. Match che ottiene e che vince in soli 48 secondi il 17 maggio 1963, laureandosi per la prima volta Campione del Mondo, titolo che manterrà per otto anni, sette mesi e un giorno (record ancora imbattuto e che, verosimilmente, lo resterà per sempre). Il titolo lo perderà nel 1971 contro Ivan Koloff, in un Madison Square Garden che cadde in un totale silenzio, tanto era lo shock nel veder perdere il proprio beniamino. Koloff era infatti stato scelto come campione di transizione, per non far perdere Sammartino contro l'altro beniamino del pubblico, Pedro Morales, idolo della vasta comunità ispanica. Nel 1973 Sammartino riconquisterà il titolo contro Stan Stasiak (dopo aver negoziato con McMahon Sr. una percentuale sugli incassi), per mantenerlo fino al 1977, quando venne sconfitto da Superstar Billy Graham. L'italiano aveva infatti chiesto a McMahon di essere privato del titolo, in quanto il suo fisico era ormai minato dai troppi infortuni.
Da allora Sammartino inizia a girare gli USA e il mondo per combattere, ma soprattutto come ambasciatore della disciplina, data la sua vasta popolarità, oltre a diventare commentatore della WWF. Nel 1981 pone fine alla sua carriera a tempo pieno da wrestler, sconfiggendo George “The Animal” Steele. Ritornerà nella WWF nel 1984, in seguito ad una causa contro i McMahon, accusati di avergli frodato alte percentuali degli incassi. Il processo costringerà la WWF a pagare, ma venne concordato, in sostituzione delle pena pecuniaria, un ruolo nella federazione, gestita ora da Vince McMahon Jr., succeduto nel frattempo al padre. Nel 1985 parteciperà alla prima WrestleMania, nel “suo” Madison Square Garden, all'angolo del figlio David. L'anno successivo combatte la sua unica WrestleMania, partecipando a una battle royal a venti uomini. Disputa l'ultimo incontro della sua leggendaria carriera il 29 agosto 1987, in un house show, quando in coppia con Hulk Hogan sconfigge King Kong Bundy e One Man Gang, mentre nel marzo 1988 lascia anche il ruolo di commentatore, a causa dei continui dissidi con Vince. Inizia allora una faida con McMahon lunga decenni, durante i quali continuerà a dichiarare che Vince aveva rovinato il mondo del wrestling, incoraggiando l'uso di steroidi e prediligendo il lato dell'entertainment rispetto all'azione sul ring. Tra il 1989 ed il 1996 partecipa saltuariamente a qualche evento della NWA e della WCW.
Nel 2013 finalmente la pace con la WWE: Sammartino accetta l'invito di Triple H ad essere introdotto nella WWE Hall of Fame (il terzo italiano, dopo Antonino Rocca e “Captain” Lou Albano) al Madison Square Garden. Ad introdurlo ci pensa Arnold Schwarzenegger e viene anche sancita la pace con Vince McMahon. Il giorno successivo partecipa alla sua terza WrestleMania e ad ottobre prende parte a una puntata di RAW da Pittsburgh, per ricevere gli auguri di compleanno. La sua strada incrocia ancora quella della WWE un'ultima volta, nel 2015, introducendo nella Hall of Fame Larry Zbyszko. Si spegne a Pittsburgh il 18 aprile 2018, all'età di 82 anni, a causa di problemi cardiaci. La WWE lo onora con dieci rintocchi di campana prima di un house show a Città del Capo, Sudafrica, mentre il Sindaco di Pittsburgh Bill Peduto parla di lui come uno dei più grandi ambasciatori mai avuti dalla città.
Questa è stata la vita di “The Living Legend” dentro il ring, quella di un uomo capace di far registrare il tutto esaurito al Madison Square Garden per ben 187 volte. Ma Bruno Sammartino era anche un signore fuori dal quadrato, un uomo qualunque che viveva con sua moglie Carol, sposata nel 1959 e con la quale ha avuto tre figli. Un uomo che non aveva mai rinnegato le sue umili origini, tanto da tornare spesso a Pizzoferrato, paese che non l'ha mai dimenticato, tanto da erigere una statua in suo onore lo scorso 5 agosto, durante una cerimonia alla quale era naturalmente presente.
E noi italiani, anche se lo abbiamo visto combattere solo in filmati di repertorio, a lui dobbiamo tanto se ora la nostra amata disciplina è in qualche modo più rispettata, tanto che ieri anche i media canonici lo hanno ricordato, mentre fino a pochi mesi fa era un emerito sconosciuto. Bruno è un uomo che con grandissima umiltà ha conquistato l'America e qualunque italiano ami il wrestling si ricordi sempre quanto gli dobbiamo. Un uomo di un'altra epoca che però ha contribuito a far crescere il business e a passare il testimone ai campioni con i quali siamo cresciuti. Un uomo del quale possiamo dire con orgoglio di essere connazionali. E di questi tempi non è cosa da poco.
La Leggenda è morta, lunga vita alla Leggenda!
Per oggi è tutto, appuntamento al mese prossimo con “Hot Rod!”.
“I have wined and dined with kings and queens and I've slept in alleys and dined on pork and beans.”.

Scritto da Roberto Johnny Bresso
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