Gorilla Position #11 – Non esistono gli scarti

Ecco, vedi. La AEW non è altro che un contenitore di scarti della WWE. Come la TNA, che prese Hogan, Flair, Bischoff, Angle, Booker T, Christian. E ora la AEW prende gente come Spears, FTR, Andrade, Black. Scarti, che alla WWE non interessavano.


Il mondo è bello perché è vario. E così com’è vario il globo, è variopinto anche il panorama di opinioni che girano intorno a un prodotto opinabile come il wrestling. E tendenzialmente, a parte dati oggettivi, vale davvero tutto e il contrario di tutto. Perché siamo nel regno del gusto soggettivo, per cui io posso detestare Roman Reigns e adorare Baron Corbin. Semplicemente perché i miei parametri valutativi, ciò che solletica le mie papille gustative viene appagato più dalla storiella del povero che torna ricco, piuttosto che dal collezionista di soprannomi. Estremizzo, ecco, non prendetemi alla lettera che non vorrei passare per fan di Corbin.

Tutto questo per dire che ci si accapiglia tra fan di questa o quella federazione per andare a caccia dello show migliore, del wrestler migliore, del promo migliore. E tutto il resto è scarto. Quando fondamentalmente non dobbiamo dimenticarci che, in quanto spettatori in primis, siamo nel regno dell’opinione. E guardiamo un qualcosa che viene costruito ad hoc per cercare di piacere. Almeno in linea teorica. Il concetto di odio o amore per un personaggio, la sua importanza, dipende solo in parte da ciò che lui realmente è.

Insomma, possiamo sempre criticare un prodotto, ma l’appellativo di scarto è non solo offensivo per un qualsiasi lavoratore, ma anche totalmente ridicolo se applicato a un prodotto come il wrestling che vive di scrittura e narrativa, oltre che di lottato e microfono. E anche di ricambio di materiale umano tra federazioni, perché alla lunga le zone della card si saturano. E per creare posto e novità o ci sono i draft oppure le porte girevoli. Funziona così, ha sempre funzionato così.

Molto spesso leggiamo nelle news che il wrestler taldeitali è stato licenziato perché non c’erano piani creativi per lui. Eppure quello lì è uno bravo, ci sa fare. E lo scopriamo, spesso, quando finisce da altre parti. Quando altre federazioni si prendono la briga di investire su di lui. Perché questo si chiama gestire i talenti. Perché di talenti, in ogni caso, stiamo parlando. Drew McIntyre è dovuto finire a Impact! per far vedere di cosa è capace. Paragonare Malakai Black o Aleister Black di NXT con la versione omonima del main roster WWE credo non abbisogni di ulteriori spiegazioni. Idem per quanto riguarda Miro, finalmente ritornato al suo ruolo congeniale di distruttore.

Proprio perché a seconda del prodotto che una compagnia vuole offrire, c’è chi è più o meno adatto, chi è più o meno facilmente costruibile. Ma questo non significa che chi lascia (o viene lasciato) la via vecchia per la nuova sia un rifiuto a prescindere. Saper valorizzare le doti del proprio roster non è indice del fatto che il tuo prodotto non valga nulla perché composto di gente scartata altrove. Anzi, l’esatto opposto. Stai elevando il tuo materiale umano, grazie a un sapiente utilizzo.

Conta il significato che le acquisizioni hanno, conta il ruolo che viene loro attribuito, conta la potenza espositiva e l’appeal che riescono a ricavare nel pubblico. Assumere leggende è una mossa sbagliata, per esempio? Non per partito preso. Perché Punk, Sting, Cage, Paul Wight, lo stesso Billy Gunn… sono tutti lì per aiutare i più giovani a crescere. Oltre al chiaro fattore fan service.

E ci sono tanti aspetti dove Jungle Boy può imparare da Christian Cage, dove MJF può affinare le sue già eccellentissime skill contro un maestro come Jericho. Quello stesso Jericho che non poteva che essere il primo campione della compagnia. Perché una neonata compagnia doveva spendere sul mercato non il nome di un giovane da costruire come Adam Page, ma quello di un catalizzatore di attenzione impareggiabile come Le Champion. CM Punk e Bryan Danielson non saranno mai bolliti, perché il pubblico a oggi li ama ancora alla follia. Matt Cardona ci ha fatto vedere di poter lottare anche match hardcore, non solo di saper fare bene il “cretino”.

Non è tutto oro ciò che luccica, per l’amor del cielo, c’è del marcio in Danimarca e anche in AEW nella gestione degli ex WWE. Perché Andrade ha debuttato male, perché PAC è in un limbo creativo oltre che di carte di imbarco, perché l’interesse nel vedere Big Show vs QT Marshall è probabilmente paragonabile a quello che avrei nel seguire la lancetta dell’orologio dei secondi. Ah, appassionante. Però quello su cui vorrei passare l’evidenziatore è che abbiamo visto splendere altrove tanti talenti che in WWE facevano fatica. E soprattutto, per un performer, è fondamentale riuscire a far capire che cosa è in grado di fare per davvero.

Ricochet, Keith Lee, Dakota Kai, Chad Gable: credete davvero che siano solo questo? Degli sparring partner? Se Drew McIntyre fosse stato solo quello del 3MB, che carriera avrebbe mai potuto avere? Probabilmente peggiore di quella di Jinder Mahal. Ci sono tanti wrestler che un’occasione del genere non ce l’hanno avuta mai. Poi chiaro, ci sono anche quelli che la loro occasione la sprecano, o quelli che semplicemente non hanno l’x factor e che quindi saranno midcarder ovunque, nella migliore delle ipotesi. E ci sono dei comodini inespressivi che vincono cinture. Perché, a torto o a ragione, è ciò che si sposa alla perfezione con l’idea di sports entertainment che quella federazione ha.

Però non è la WWE la cartina di tornasole del valore di un wrestler, proprio perché è un prodotto talmente specifico, con un target tendenzialmente diverso e con una struttura gigantescamente più stratificata rispetto ad altre promotion. La stessa TNA non commise l’errore nell’assumere questo o quell’ex WWE, ma nell’aver preso quei nomi per adeguare il prodotto a quello della concorrenza, snaturando se stessa e tradendo i loro fan della prima ora. E mettendosi in competizione con un colosso sul suo stesso terreno di caccia. Un colosso che, peraltro, ha preso wrestler da tutto il mondo e da tutte le promotion, anche nella storia recente.

Abbiamo la WWE su Discovery, la AEW su Sky, possiamo vedere Impact!, la NJPW, ci siamo gustati il ritorno di Punk, presto arriverà Bryan. Abbiamo risentito il pubblico urlare all’impazzata nelle arene, abbiamo rivisto Brock Lesnar. Abbiamo mille canali di commento e di news sul web non solo americano che parlano di wrestling. Per chi ama il wrestling, questo dovrebbe essere un momento davvero unico. Abbiamo ere diverse di campioni e talenti che si stanno combinando in diverse federazioni e con una buona copertura televisiva. Il tutto dopo il buio in tutti i sensi causato dal COVID-19.

Godiamocelo, valà.

Andrea Samele
Andrea Samele
Laureato in filosofia, amante della creatività, della scrittura e del suono musicale di una chop. Appassionato di wrestling di lunga data per la capacità di creare personaggi e storyline in grado di coinvolgere gli spettatori. Per Tuttowrestling.com curo l'AEW Planet.
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