Dan Peterson parla del caso steroidi nel wrestling e non solo

Stamattina sulla Gazzetta dello Sport era presente un breve editoriale a firma di Dan Peterson, lo storico commentatore del wrestling in Italia sul caso steroidi all'interno della WWE. All'interno anche alcune brevi considerazioni sul fenomeno mediatico italiano. Ecco il testo:


“Più o meno 25 anni fa, venne programmata una serata di wrestling nello Stato di New Jersey. L'ente statale per il controllo dello sport, contattò l'allora WWF (oggi WWE) per i controlli medici, come si fa normalmente per il pugilato. La WWF rispose: «Noi non siamo uno sport. Siamo spettacolo. Quindi, come non controllate Bruce Springsteen, non fatelo neppure con i nostri».

Con questa mossa, il wrestling si tolse da ogni possibile controllo medico o antidoping. Liberati da questi controlli, gli atleti hanno avuto per anni carta bianca per ingerire di tutto.
Quando un wrestler muore, è una tragedia, ma viene presto dimenticato. Anzi, diventa un eroe. Ma quando uno, strapieno di sostanze dopanti, come Chris Benoit, stermina la famiglia e si suicida, allora, i media alzano la voce. Spero di non cadere in facile moralismo ma voglio ricordare che il 50% del pubblico del wrestling è composto da bambini impressionabili, fra i 7 e i 14 anni. Il wrestling non sarà uno sport ma i suoi protagonisti diventano modelli per questi bambini.
Sono stato il primo telecronista di wrestling in Italia, almeno per i canali importanti. L'ho sempre presentato come uno spettacolo sportivo, non enfatizzando mai la violenza. Il wrestling in tv è finito k.o. anche per questo: è diseducativo. Cosa deve succedere adesso? Oh, semplice. Il governo americano deve istituire una commissione per controllare il wrestling come fa per il pugilato, gli sport olimpici e tutto il resto. Non penso che il wrestling possa recuperare da questa situazione.
Almeno non appieno. Ma potrà dire che è uno sport, che propone modelli per i bambini, solo se ammetterà che ha bisogno di controlli seri e severi.”

Scritto da Michele M. Ippolito