WWE Planet #895 – Effetto San Matteo

Uno dei più vertiginosi passi del Vangelo secondo Matteo (25,29) recita: “[…] perché a chiunque ha sarà dato e sarà nell’abbondanza; ma a chi non ha sarà tolto anche quello che ha”.


Al di là della confessione religiosa di ognuno di noi, il passo del testo sacro cattolico esprime bene il paradosso che i cambiamenti in quel di Raw hanno causato. È un paradosso ben noto anche in campo economico e sociale: il cosiddetto “Effetto San Matteo”. In sostanza avvalora il principio di cumulabilità: se ci si circonda di persone creative e attive, si tende ad assomigliarvi; se s’investe bene in un settore del mercato che è già pieno, si tende a continuare ad investire in quello; si usano sempre di più i social, fino ad abusarne. L’effetto è dunque figlio di una risposta paradossale e spesso genera un vuoto concettualmente opposto come la creazione di bolle speculative e di vuoti che, una volta esplorati, vanno a vantaggio di chi ci investe; o, come nel caso dei social, si finisce con il rendere ancora più di valore il rapporto dal vivo.

Due settimane dopo la mini rivoluzione in nome degli ascolti, poco o nulla è cambiato in quel di Raw. La confusione regna sovrana per chi guarda lo show ma, ancor di più, per chi lo scrive. La nuova linfa sembra aver occupato spazio e risorse, senza liberare chi era sovraesposto, senza creare varchi per chi non ne aveva prima. Raw Underground ha assorbito tanti minuti di programmazione senza regalare esposizione di rilievo a nessuno dei lottatori coinvolti. In più, ad oggi non è chiaro in quali storyline si inserirà o se ne avvierà di nuove: non si è intrecciata praticamente con nulla di esistente e per ora non ha iniziato discorsi narrativi esclusivi. Una confusione che si allarga alla Retribution: molto più incisiva a SmackDown, per motivi ad oggi non meglio precisati, e sostanzialmente ignorata on screen, pur a fronte di attacchi frontali e dimostrativi in teoria minacciosi. Insomma un buco nero di tempo televisivo che in cambio non sembra dare molto, a fronte di uno show che continua a far ruotare un numero imprecisato e randomico di persone attorno ai soliti Seth Rollins e i Mysterio, che tiene la divisione femminile in ostaggio di Bayley, Sasha Banks ed Asuka e che trova a stento spazio per il Campione universale e il suo sfidante.

Il paradosso si esprime così: le nuove idee partorite in fretta e furia sembrano non avere un proseguo chiaro ma un destino già scritto. Mentre chi scalpita per avere spazio, continua a non averne o ad essere limitato ad apparizioni di pochi minuti, incastrate qua e là. Non solo. Le storyline di riferimento si limitano a trascinarsi – basandosi su non si sa quale fiducia a aprioristica – ignorando la mancanza di profondità e lo spessore narrativo insulso che propongono e rimanendo inefficaci o facilmente trascurabili. Un malfunzionamento che riguarda proprio i Campioni e le loro Cinture, da Crews a McIntyre, passando per i Tag Titles e Banks & Bayely.

Chi dovrebbe trainare non traina, sta a guardare qualcosa che non parte e gira intorno sempre agli stessi archetipi. Una disfunzione evidente, in un momento di crisi in cui si dovrebbe puntare forte sull’inesplorato e far tesoro di chi è in cima, per una volta mostrando qualità ed attitudine. Insomma: chi ha, ha sempre di più, anche se male e a casaccio; chi non ha, resta a guardare, forse invidiando persino un po’ chi è stato allontanato dal lido.

Daniele La Spina
Daniele La Spina
Una mattina ho visto The Undertaker lanciare Brock Lesnar contro la scenografia dello stage. Difficile non rimanere incollato. Per Tuttowrestling: SmackDown reporter, co-redattore del WWE Planet, co-presentatore del TW2Night!. Altrove telecronista di volley, calcio, pallacanestro, pallavolo e motori.
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