WWE Planet #998 – Il mondo che gira attorno alla Bloodline

L’ormai usuale letargia pre-invernale della WWE, accentuata dalla mancanza di PLE di qui alla Rumble, assume contorni nuovi in questa gestione. Se è ancora presto per parlare al miracolo di Natale, al contrario di altre volte si stanno sfruttando le tante puntate settimanali senza interruzioni per affastellare davvero legna da ardere nel camino nel momento in cui servirà. Il tutto muovendosi attorno alla Bloodline, non come forza gravitazionale ma repulsiva.


Con un’accelerata decisa nelle ultime due settimane, Raw e SmackDown hanno iniziato a dare parecchia attenzione al lavoro di contorno. Uno dei veri assi nella manica dei periodi di maggior splendore narrativo della Compagnia (e forse di qualsiasi compagnia): scrivere e portare avanti qualcosa anche per chi non staziona nel main event. Il risultato è buono, godibile, qualche perla lasciata qua e là (vedi AJ Styles vs Chad Gable, come ultimo esempio) grazie ad un roster che comunque resta un accumulatore di talento gigantesco, a cui si aggiungono tante storie di vario livello. Per chi abituato ad abbeverarsi alla fonte di Stamford, dev’esserci quantomeno un senso di straniamento: si era fin troppo abituati a show farciti di tanti momenti gettati sul tavolo a casaccio, giusto per riempire le ore di programmazione tra un segmento e un match per il main event. Un’abitudine che – ben inteso – qualora venisse a mancare, non mancherà di certo a qualcuno. Rimarcata dalla quasi sensazione di avere il tempo “contato” persino nelle 3 lunghissime ore di Raw; valga abbondantemente come esempio, in questo senso, l’assenza graditissima di Baron Corbin. Davvero poco lasciato al caso, quasi nessuno che si dimentica dei propri conti aperti, che perde tempo ad affrontare avversari casuali o lascia morire nel vuoto storyline iniziate. Tutto ha un senso e una continuità, che poi può piacere o non piacere, ma c’è uno sforzo di scrittura che è da anni il problema atavico del team creativo della WWE: con Raw partendo dai Titoli, US e Women’s che stanno reggendo l’assenza ad oltranzissima di quello Mondiale, fino ad Akira Tozawa e il Judgement Day, passando per Candice LaRae e il tentativo di portare avanti il ballo a tre Miz-Gargano-Lumis; con SmackDown considerando i tentativi di dare dimensioni a molti più volti nuovi e da ripulire, come Gunther e Ricochet, fino ad una divisione femminile da puntellare e contestualizzare, senza scordarsi di Wyatt con licenza di scrivere.

Siamo lontani dalla macchina ben oliata che viaggia senza problemi, non tutto funziona e probabilmente non tutto funzionerà. Ma l’impegno c’è, come si dice a scuola, ora va solo applicato. L’unica materia su cui restano pesanti e volontarie lacune è proprio la Bloodline. Tutto attorno a ai samoani va avanti e loro restano fermi, costringendo al ciurlo nel manico forzato tutti quelli coinvolti con loro come Kevin Owens. Si attendono tempi più maturi, la WrestleMania Season, per mettere davvero sul fuoco qualcosa, probabilmente sempre aspettando il Godot di Hollywood, quella chiamata divina che riporterebbe The Rock a (non) risolvere un problema auto-inflitto. Qualunque sarà la direzione per sbrogliare la matassa, di certo è che non arriverà ora. Si procede col freno a mano tirato, facendo soffriggere a fuoco lentissimo la situazione tra Owens e Zayn e inchiodando l’intero act ad esso. Se poi c’è l’occasione festiva per buttarci dentro il John Cena di turno, tanto meglio, che tempo per far melina ce n’è più che nei minuti di recupero dei Mondiali qatarini. Dunque tutto tace attorno a Reigns e soci e con Reigns e soci. Ma è forse proprio il riflesso di questa decisione ad aver aperto gli spazi per gli altri. A situazione acquisita e cristallizzata per l’accentratore, evidentemente nelle riunioni creative si è trovato più tempo per lavorare su tutto il resto (non che gli sforzi concentrati sulla Bloodline abbiano tirato fuori capolavori narrativi, ma questo è un altro discorso). La conseguenza diretta di questa immobilità indotta è la possibilità di trovarci di fronte a due Risse Reali con tanti sotto contesti – qualcuno direbbe come nei bei tempi andati – capaci di raccontare qualcosa al di là dei vincitori e fornire così il terreno fertile per una Road to WM che metta a disposizione qualcosa anche per chi è disinteressato dai ritorni dei part-timer e dagli impegni degli occasionali in quota celebrities: insomma per gli appassionati.

Resta un inizio che dunque si tramuta in speranza, ma che a differenza di tante sue predecessore affonda le proprie radici in qualcosa di vero e tangibile, un cambio di direzione che seppure non è netto, resta evidente. Forse può tornare il tempo di guardare uno show di wrestling che ci racconti storie, al plurale, che completano bene degli show, al plurale, capaci di dare prospettive future, al plurale. Vinceremmo noi, tutti, al plurale.

Daniele La Spina
Daniele La Spina
Una mattina ho visto The Undertaker lanciare Brock Lesnar contro la scenografia dello stage. Difficile non rimanere incollato. Per Tuttowrestling: SmackDown reporter, co-redattore del WWE Planet, co-presentatore del TW2Night!. Altrove telecronista di volley, calcio, pallacanestro, pallavolo e motori.
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