WWE Planet #1013 – Backlash, senza WrestleMania

Arrivati a Backlash e ai suoi risultati, ad appena un mese di distanza da WrestleMania, di WrestleMania non è rimasta alcuna traccia. Non ce n’è nelle storie che erano finite e nemmeno in quelle che non lo erano, che all’evento sono arrivate male o sbagliando tutto o, in alcuni casi, nemmeno vi hanno trovato posto. Ironico, o forse profetico, di WM non c’ più traccia nemmeno nel titolo del PLE, che è improvvisamente tornato alle origini a metà strada.
Il non più WrestleMania Backlash, dunque, è stato un evento un po’ episodico. Inteso non solo che la WWE, dopo WM, è tornata alla modalità di trattare i PLE minori come se fossero semplici puntate settimanali sotto steroidi. Ma proprio come peso specifico. Qualcosa che si era capito fin dall’inizio: con il Draft che sarebbe diventato attivo dal giorno dopo, la WWE stessa l’ha trattato un po’ come: “Ormai abbiamo detto che lo facciamo, tocca farlo”. Da domani non ci si pensa più: ci sono in nuovi roster, il nuovo Titolo (le cui qualifiche saranno anche a SmackDown, chissà per quale motivo) e chi ha più il tempo di badare al passato. Ecco, a proposito di “cose del passato” si poteva evitare di continuare con l’abitudine dei Campioni che sono comparse nelle storie degli altri, come è stato per Belair con le Damage Ctrl, per Ripley con Vega e forse soprattutto per “Triple Threat” Theory con Reed e Lashley, ammesso che quella tra questi ultimi due sia definibile storyline. Ma diamo anche l’attenuante che di nuove storie non ce ne fossero poi molte: quelle che c’erano erano tipo quella di Rollins e Omos che si sono sfidati perché sì, nessuno sa bene quando e forse con l’unico scopo di impegnarsi a far fare un match brutto a Rollins (scopo raggiunto, oltretutto). Ma alcune vecchie da portare avanti bene, ecco, quelle c’erano. Tipo quella tra Stratus e Lynch, che la WWE si sta tenendo però per SummerSlam e quindi può andare in pausa, altra cretinissima abitudine presa di recente da Stamford. O come quella neonata tra Karrion Kross e Shinsuke Nakamura, ma anche qui si resta su un’abitudine: quella harakirica di cercare di farli sembrare irrilevanti anche quando li si pusha.
Il risultato è stata una card molto povera di spunti e uno show che ha avuto alcuni picchi di bravura in mezzo a tanto, troppo nulla. Backlash ha gettato il definitivo colpo di spugna su quanto avevamo lasciato aperto da WM. Con in più ben poca fantasia dove serviva: le Damage Ctrl vanno verso un chiamatissimo split e lo fanno in una maniera kafkiana e senza coinvolgere nessuno, nemmeno Belair, tra le responsabili. Nonostante abbiano passato il 100% del loro tempo a feudare con le donne più rilevanti della divisione. Un filo conduttore fino all’altro match importante, dove il delitto è molto più pesante; mentre in mezzo sfilano incontri inutili, a tratti nemmeno entusiasmanti, e prosegue solo il Judgment Day a fare quello che sempre il Judgment Day: prendersi la maggior parte del tempo televisivo per poi perdere SEMPRE quando conta e non fare un passo avanti. L’altro match importante, dicevamo, non certo il main event, dove ha imperato la contro intuitività: se già era controintuitivo che il 6-Man Tag tra i “Problemi” e la Bloodline non fosse il main event, molto più controintuitivo è il finale, dove la Bloodline litiga e ha i nervi tesi anche se poi vince. Due le cose meno comprensibili di tutte. La prima: se Sikoa doveva uscire rafforzato da questo incontro, avrei provato a fargli fare una mossa anche durante il pieno dell’incontro, anziché fargli fare quello che osserva incantato il proprio pollice in preda a uno strano feticismo. La seconda: perché un blind tag con mossa finale e schienamento su Riddle dovrebbero farmi pensare che Sikoa è più forte e non, molto più automaticamente, che Riddle è stato il problema per il team face? Se Sikoa deve fare la differenza rispetto ai fratelli, dovrebbe riuscire a fare quello che loro non sono riusciti a fare, ossia battere Owens e Zayn. Questo vale solo se fingiamo di non sapere la verità, ossia che questo intero mese dopo l’evento più importante dell’anno è stato solo un ciurlare nel manico. E che è stata una bella illusione, ma la storyline perfetta con Zayn non è stata messa da parte perché si credeva di più in Cody Rhodes, ma perché non si crederà mai in Zayn e Owens. Richiudendo il cerchio, esattamente come Belair, Owens e Zayn sono passati dall’essere l’unica sensata possibilità di mettere in crisi la Bloodline, a meri spettatori di una Bloodline che si divide da sola con un complicato sistema di leve e specchi.
Ripensandoci, insomma, il main event è stato quello corretto. Un incontro alla Lesnar, tanto per farlo, contro un avversario scelto col “casuale” da videogame. Mai contestualizzato, mai spiegato, tanto per allontanare ogni altro possibile act dalla Bloodline, che anche nel suo crollo deve restare da sola sull’Isola della Demenzialità, senza mai dare la possibilità di costruire qualcosa. Un Backlash senza valore, con un main event senza valore, che ancora oggi a match consumato non ci hanno spiegato e forse non ci spiegheranno mai. Disincantati da tempo, non ci resta nemmeno l’amaro in bocca. Forse solo la speranza di tornare davanti ad un pubblico, che è stata la vera e unica attrazione della serata, ma con uno show vero.