Gorilla Position #3 – Oggetti di scena

Nella caratterizzazione creativa di una storia, gli oggetti di scena assumono un valore rilevante come catalizzatori di attenzione per lo spettatore. Sono funzionali alla costruzione di un personaggio, completandone il vissuto, il carattere, a volte il moveset, o dandogli un preciso obiettivo. Quando compare, dà a chi guarda la sensazione che a prescindere stia per succedere qualcosa, crea attesa e tensione, o a seconda dei casi divertimento e partecipazione. Sia nel singolo match, sia nel corso di intere storyline.
Aprendo gli almanacchi, si trovano svariati esempi di utilizzo di oggettistica varia ed eventuale, più o meno riusciti. Abbiamo avuto medaglie olimpiche, megafoni, serpenti, occhiali, magliette strappate, macchine, birre, catene, cinture, maschere, bare, mazze con filo spinato con nomi propri di persona, calzini, teste, vermi e chi più ne ha più ne metta. Ai giorni nostri, la povertà di idee ha coinvolto anche questo aspetto, lasciando veramente poco spazio per la varietà di narrazioni che possono coinvolgere gli oggetti. O partorendo immonde cialtronate come quella cosa data a Erick Rowan (tutt’altro che entusiasta). Quella. Cosa. Senza offesa per le cose.
Bando alle ciance, nel Gorilla Position di oggi eccovi i miei 5 oggetti preferiti legati al mondo del wrestling, anche per via del loro significato in termini creativi. Disclaimer: si tratta di opinioni prettamente personali, basate su personaggi e situazioni che ho avuto modo di vedere e vivere appieno.
MONEY IN THE BANK – CREARE UNA STORIA DAL NULLA
Una valigetta che conferisce a chi la conquista una Title shot da sfruttare a piacimento. Semplice nella definizione, enormemente potente nel suo utilizzo in termini narrativi. Dal nulla, si può elevare lo status di un wrestler, rilanciare qualcuno sulla scena titolata, intrecciare diversi percorsi con la costante minaccia di un incasso, conferire un’aura di perenne ma imprevedibile presenza, oppure andare sul sicuro e banalmente avere un motivo per mandare qualcuno di già rodato per la cintura.
Tanti sono i performer che hanno beneficiato enormemente dalla gestione della valigetta. Tra tutti, i miei incassi preferiti rimangono il primissimo di Edge, The Ultimate Opportunist contro John Cena, e quello di Dolph Ziggler, un wrestler che in carriera ha raccolto molto meno di quanto vale e merita.
SLEDGEHAMMER TRIPLE H – COMPLETARE UN PERSONAGGIO
Siamo nel 1999, Triple H è fresco di split dalla DX e, in alleanza con Shane McMahon, interferisce durante un match tra The Rock e Undertaker, favorendo quest’ultimo. Con il People’s Champ indifeso, Hunter sfodera quello che poi diventerà il suo marchio di fabbrica e a colpi di sledgehammer, prima distrugge il gesso che proteggeva il braccio rotto di The Rock e poi legittima il tutto a bara ben chiusa.
Il simbolo del Cerebral Assassin, un’arma che comunica pericolo e malvagità ogni volta che viene impugnata con quel ghigno satanico. Perfetto complemento per il personaggio heel per eccellenza degli anni Duemila (e qualcosa) con l’Evolution.
URNA DI UNDERTAKER – LA FONTE DEL POTERE
La simbologia del becchino non ha bisogno di presentazioni. Ma tra tutti gli elementi che ne compongono il personaggio, l’urna è probabilmente quello più rappresentativo. Oggetto che dona ad Undertaker il potere, una necessità per il protetto di Paul Bearer, un desiderio per chiunque voglia metterlo al tappeto.
Una storia che si è scritta da sola per diverse volte, contro diversi avversari, contro il suo stesso manager. In mezzo a tanti nonsense e a tanti percorsi che nascono senza motivo e finiscono nel nulla, avere un elemento che ha un senso logico in rapporto a un personaggio è una grande risorsa dal punto di vista creativo.
D-VON GET THE TABLES! – IL PUNTO ESCLAMATIVO
I maestri del tag team a cavallo degli anni Duemila diedero vita a una serie di match clamorosi: parliamo degli Hardys, di Edge & Christian e dei Dudley Boyz. Questi ultimi, avvalendosi dei tavoli, generavano boati a non finire con la loro iconica combinazione finale. WASSUP! dalla terza corda per D-Von, sguardo spiritato per Bubba Ray (o Brother/Bully Ray, che dir si voglia) e… D-VON! GET THE TABLES!!! Per poi chiudere con la celeberrima 3D. In questo caso, un oggetto di scena come il tavolo, diventava una sorta di firma, il punto più alto di un climax ascendente, il dolce alla fine di una cena che ti ha lasciato giusto quell’angolino di languorino per qualcosa di gustoso che aspetti con tanta voglia.
CHRIS JERICHO – YOU JUST MADE THE LIST!
Qui non si parla di oggetti che aiutano il personaggio, ma viceversa. Il Deus Ex Machina del comedy, capace di mandare over il suo intero guardaroba composto di discutibili elementi come giacche colorate, LED e sciarpe di ogni tipo. Per non parlare delle due chicche dei tempi recenti.
Prendi una cartellina qualsiasi e una penna, dagli un senso, credici per davvero e come per magia avrai mesi di segmenti divertentissimi. Prendi una bottiglia, mostrala in camera e pronuncia con tono accentuato e parodistico una frase che dice esattamente “Un po’ di bollicine”. E avrai gli shop impazziti, migliaia di meme sul web, tonnellate di visualizzazioni per delle perle YouTube che tra l’involontario o meno, continuano a farmi impazzire nonostante le abbia viste tra le due e le trecentomila volte.
Insomma, a prescindere dalle molteplici finalità, è innegabile il fatto che l’utilizzo degli oggetti possa aiutare a creare una connessione con il pubblico. A generare interesse intorno a una trama o a un personaggio. E purtroppo si è un po’ persa questa ricerca di una caratterizzazione a 360 gradi, che arricchiva non poco il tessuto narrativo. O, peggio, la si è banalizzata (vedasi i recenti scempi con il Money in the Bank).
E voi a quale oggetto siete affezionati? Non mancate di commentare sulle nostre pagine!