5 Star Frog Splash #224 – L’ennesima Non-Wrestlemania

Dieci giorni a Wrestlemania 39. Una Wrestlemania che si prospetta memorabile se, come sembra, assisteremo finalmente alla caduta della Bloodline. D’altronde la fine di un regno durato due anni e otto mesi non può che essere memorabile. Poco importa che la quasi totalità del regno sia stata tremendamente anonima, banale e noiosa, ad esclusione dei momenti in cui due signori chiamati Kevin Owens e Sami Zayn erano gli sfidanti al titolo. E che non sarà nessuno di quei due signori, infine, a porre fine all’interminabile e insopportabile regno del part-time champion Roman Reigns.
Sarà infatti Cody Rhodes l’avversario del Tribal Chief in quel di Wrestlemania. Un Cody Rhodes che la scrittura convulsa dei writer WWE ha fatto intromettere a forza in una storyline già scritta e che non lo vedeva protagonista. Un Cody Rhodes che in questa Road to Wrestlemania ha avuto molto poco da fare, tanto da dover dedicarsi a tempo pieno a fare da paciere tra Kevin Owens e Sami Zayn o ad affrontare avversari dalla dubbia caratura come LA Knight e Chad Gable. E anche molto poco da dire, e quel poco che aveva da dire se l’è dovuto dire da solo considerando che al suo avversario piace passare il 90% del tempo sul divano di casa.
Finché finalmente Rhodes e Reigns si sono ritrovati l’uno contro l’altro sul ring questo lunedì a Raw e Cody è riuscito finalmente a farsi uscire alcuni concetti fondamentali: smettila di parlare di mio padre perché sei in feud con me, non con lui, e inizia a pensare a quando perderai i titoli perché senza titoli non sei nessuno, senza titoli la Bloodline non esiste. Tutto molto bello, bravo Cody. Peccato che sia molto triste che, ancora una volta, la stable che imperversa da due anni e mezzo tenendo in ostaggio quattro titoli debba ridursi solo a quello, ai titoli. E peccato che questi avrebbero dovuto essere i punti di partenza della storyline, non quello che si dice a dodici giorni dal PPV.
D’altro canto, dopo mesi di rapporti incrinati e storie tese, Kevin Owens e Sami Zayn sono di nuovo amici. Anzi fratelli. E saranno protagonisti della sfida parallela contro gli Usos, che metteranno anche loro in palio le loro due coppie di titoli in quel dello Showcase of the Immortals. Un contentino, che ricompensa i due con un match di cartello a Mania (perché se questo non sarà il main event della Night 1 in WWE hanno perso anche quei pochi neuroni che gli erano rimasti) ma che continua ad avere poco senso.
In primis per Owens e Zayn, perché entrambi avrebbero meritato di essere loro ad andare a sottrarre i titoli a Roman Reigns, con buona pace di Cody Rhodes. In secundis perché gli Usos sono solo delle appendici di Roman Reigns (nonostante siano stati dei protagonisti migliori della storyline del più titolato cugino, ma non lo scopriamo oggi) e la divisione tag team notoriamente non è tra le cose che interessano alla WWE. E per rendercene conto basta vedere come sia stata trattata la divisione tag team in questi mesi, ovvero come degli idioti dato che mentre si formava la card di Wrestlemania nessuno ha mai nemmeno nominato la possibilità di andare a sfidare gli Usos per i titoli. D’altronde bisognava attendere che Zayn e Owens riformassero il loro tag team e sfidassero gli Usos a dodici giorni da Mania.
Caduta della Bloodline a parte, Wrestlemania 39 non ha nient’altro di memorabile in serbo. D’altronde perché dovrebbe esserlo? Non ci sono altre storie. L’unico altro barlume di storyline che esiste è quello tra Rhea Ripley e Charlotte Flair, esclusivamente per merito della prima. Che pure si è ritrovata a vincere una Royal Rumble perché sì, ma che almeno sta mettendoci del suo in questo feud. Rendendolo personale, sentito, con una motivazione, nonostante debba comunque attenersi alla fallimentare gimmick del Judgment Day che la limita. Non troppo, ma solo perché Rhea è una fuoriclasse. Invece, tutto quello che sta facendo Charlotte Flair è dire “Ti ho battuta tre anni fa, ti batterò anche ora”. Decisamente poco, per una che è al suo quattordicesimo regno titolato in WWE e che dovrebbe fare qualcosa in più del compitino.
Le altre donne non se la passano meglio. A cominciare da Bianca Belair e Asuka, anche loro in feud perché sì, con la giapponese che una settimana salva Bianca, un’altra la prende per i fondelli, un’altra la attacca. E il feud tra Lynch/Lita/Stratus e le Damage CTRL che si spegne sempre di più con la leader delle seconde che si prende una sconfitta pulitissima a 12 giorni dal PPV. Poi ci si chiede perché le donne, a parte poche privilegiate, non siano contente in WWE. Perché non ci possa essere un po’ più di attenzione e di lungimiranza intorno alla divisione femminile. Perché tutto quello che si sia in grado di produrre a parte i match titolati siano tag team match a caso.
Per il resto, l’unica altra stampella nella card barcollante di Wrestlemania è il 3-way match per il titolo Intercontinentale tra Gunther, Drew McIntyre e Sheamus, che sarà l’ennesima occasione per questi tre di darsele di santa ragione e mettere su al contempo un ottimo match, poco importa il vincitore. Pessimo invece un Austin Theory che è prossimo alla sconfitta a Wrestlemania, indifferentemente se vinca o perda. Perché è proprio come ha detto Cena un paio di settimane fa: se perde ha perso il titolo e quel po’ di credibilità che gli è rimasta, se vince ha battuto un part-timer ed è rimasto di nuovo da solo in mezzo al nulla del creative team WWE.
Velo pietoso per Seth Rollins, probabilmente il performer a tutto tondo migliore in WWE attualmente, costretto a disputare un match “to make Logan Paul look good”. Ci riuscirà, ma non per questo Logan Paul sarà più un wrestler di quanto non lo sia. Velo pietoso anche per Edge, che sta buttando il suo ultimo anno di carriera in un feud pietoso che culminerà a Wrestlemania nel 25º match contro Finn Balor. E che si appresta a essere ancora più ridicolo considerato il promo di lunedì in cui incita Balor a portare il Demone con lui a Wrestlemania. Tutto il resto della card di Mania (sì, il match tra i Mysterio rientra in questa categoria) non merita una menzione in questo editoriale.
È l’ennesima Wrestlemania senz’anima, per quanto mi riguarda. Wrestlemania era originariamente il “season finale” della WWE, il posto in cui andavano a culminare tutte le storyline, il posto dove c’erano solo match di cartello. Questa è l’ennesima Non-Wrestlemania che viene messa insieme a forza di toppe che coprono i buchi di storyline sconclusionate, fallite o addirittura assenti. La WWE continua ad avere uno dei migliori roster della sua storia e a dare la luce della ribalta alle persone sbagliate al momento sbagliato, mentre altri che meriterebbero un posto al sole devono considerarsi fortunati se possono consolarsi con un contentino. Non basta il nome a rendere memorabile un evento. Wrestlemania non fa eccezione.