AEW Planet #41 – You still got it

Double or Nothing è materiale da archivio, oramai. PPV apprezzato, goduto, vissuto anche con quel giusto grado di emozione derivante in primis dal ritorno del pubblico e in secundis dall’aver visto nuovamente Sting su un ring. E non per fare lo spettatore, tutt’altro. You still got it, gridavano i fan. E c…orbezzoli se ne ha, il signor Steve Borden, primavere numero 62.


Vederlo lanciarsi dalle chips da poker che componevano lo stage è stato come mangiare una pizza in Italia dopo un qualsivoglia viaggio di lavoro all’estero. Rivivere un sapore che ami da una vita, una delle ragioni per cui il wrestling ti piace tanto. Anche se non ha pomodoro, mozzarella e origano. Oddio, Randy Orton forse avrebbe da ridire, tant’è.

THUMBS UP: IL FUTURO DELLA COMPAGNIA

DoN, dicevamo. Evento che in un certo senso ha offerto una fotografia perfetta di quello che è il momento che sta vivendo la compagnia. Le note positive vengono quasi tutte da coloro che della suddetta rappresentano il futuro. Un autentico boato ha infatti accompagnato Hangman Page nella sua vittoria, bella e meritata, contro Brian Cage, altro ottimo performer.

Dal cowboy tutti ci aspettiamo una run da number one contender contro Omega, una storia che è già stata scritta e che sta lì nel primo cassetto. E lui sta crescendo esponenzialmente, miglioratissimo nel creare una connessione con lo spettatore, nonostante fondamentalmente stia combattendo match senza una vera trama che lo coinvolga.

Segue a ruota Jungle Boy, fan favorite assoluto nella ormai consueta Casino Battle Royal. Anche qui, costruzione metodica, lenta, laboriosa, ma finora quasi perfetta. I Jurassic Express sembravano originariamente Luchasaurus e altri due piccolini, mentre ora, di fatto, è Jungle Boy la shining star. Il figlio del defunto Luke Perry ora ha la chance di far vedere i suoi progressi sul palcoscenico più importante, un match titolato contro l’asso pigliatutto Kenny Omega.

Questa scelta mi trova parzialmente in disaccordo, più che altro per il come questo incontro verrà gestito. Hai un campione (di cui parlerò a breve) che semplicemente non può perdere, nemmeno per meriti suoi, ma solo per esigenze di storyline. Non ora e non con questo avversario. Quindi, di fatto, Jungle Boy sarà un +1 per Omega: verrà costruita una storia? Verrà data credibilità allo sfidante? Perché solo la performance in ring non basterà. Lo farà sembrare un wannabe champion senza il pedigree da main eventer. Invece di elevarlo, rischierà non dico di bruciarlo, perché la base rimane ottima, ma di imprigionarlo agli occhi dei fan in un limbo da mid-uppercard da cui non esce mai.

Jungle Boy merita di essere scritto, merita di avere una trama che lo renda una minaccia reale per KO. Una minaccia quantomeno credibile, un Cesaro per Roman Reigns. Sapevamo tutti che avrebbe perso, ciò non toglie che qualche soddisfazione se la sia levata.

THUMBS DOWN: IL PRESENTE DELLA COMPAGNIA

E tornando a chi detiene n mila cinture e non perde occasione per ricordarcelo, per citare Sandra Mondaini, che noia che barba che barba che noia. Questa fase dell’Elite è un autentico capestro per chi sa quanto sia Omega che i Bucks sono in grado di dare. Stiamo assistendo a uno spreco di talento che ha dell’incredibile. Avremmo potuto avere feud e delle vere battaglie sul quadrato, invece ci ritroviamo Don Callis che fa la baby sitter e chi come me ha amato la tetralogia Okada-Omega o gli anni di Ibushi-Omega non può non domandarsi: ma perché tutto questo? Perché ridurlo a una macchietta odiosa e inconcludente, in match lenti, banali, privi di costruzione.

Poco più di un anno fa gridavamo al miracolo per uno dei migliori tag team match di sempre, condensato di tecnica, abilità in ring, interpretazione, tutto. E chi c’era coinvolto? Kenny Omega e gli Young Bucks. E ora? Ci ritroviamo davvero la brutta copia del primo Roman Reigns heel. Omega vince solo scorretto, solo con l’aiuto, con un manager sempre lì, con due fratelli con cui fare squadra. Omega parla da solo durante gli incontri, fa smorfie ridicole che non significano niente, Omega ha smesso di vivere il ring, lo calpesta e basta.

Il match contro PAC e Cassidy, senza essere nulla di speciale, stava comunque filando via liscio. Nessun picco particolare, però con due ottimi performer, il pubblico era comunque connesso. Finché si è arrivati al segmento che già da solo abbassa di mezzo punto se non di uno intero la valutazione. Don Callis che si alza, Omega che inizia a prendere PAC a cinturate con tutti i titoli che ha al momento in dotazione. Urla di disapprovazione. BOOOOOOO. E non perché Omega sia heel, no. Semplicemente perché è ora di finirla con le pagliacciate quando hai dei fenomeni del ring da lasciare solo liberi di esprimersi.

WHAT’S NEXT?

L’intero PPV mi ha lasciato la sensazione che, in AEW, ancora non si sia ben capito che vestiti indossare per le serate di gala. Si dà un colpo al cerchio e uno alla botte, senza avere ancora ben chiari quali siano i capisaldi dell’All Elite, ciò che rende il prodotto riconoscibile e identificabile. Non ce n’è nemmeno uno. A ogni evento arriva qualcuno di nuovo, che sia una leggenda come Mark Henry o un wrestler ancora (per poco) in attività come Lio Rush. Benissimo. Abbiamo feud che vengono preparati bene, gestiti bene e conclusi un po’ così (Darby Allin esce con le ossa rotte dagli ultimi feud, non solo in senso metaforico). Performer che vengono imprigionati nei personaggi che devono interpretare, pesci palesemente fuor d’acqua che diventano in breve poco interessanti.

Insomma, il materiale continua a essere valido, gli show settimanali sono godibili, ma se si vuole far saltare il banco, il prodotto deve necessariamente evolversi, di pari passo con tutte le parti che lo compongono. Dalle storyline, alle stable, ai segmenti, alla produzione, alle tempistiche dei match, alle loro tipologie, alla performance in ring, alla valorizzazione di ciò che è tuo e non (solo) all’eredità di ciò che altri lasciano. Ormai la AEW sta crescendo, è tempo che si inizi per davvero a camminare con le proprie gambe.

Andrea Samele
Andrea Samele
Laureato in filosofia, amante della creatività, della scrittura e del suono musicale di una chop. Appassionato di wrestling di lunga data per la capacità di creare personaggi e storyline in grado di coinvolgere gli spettatori. Per Tuttowrestling.com curo l'AEW Planet.
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