Durante l’ultimo episodio di SmackDown è stato ampiamente ricordato che Titus O’Neil è tra i candidati finalisti per vincere il Muhammad Ali Sport Humanitarian Award.
Il premio indetto dall’emittente televisiva, intitolato al celebre pugile statunitense, è stato istituito nel 2015 e premia ogni anno uno sportivo che si è particolarmente distinto per attività benefiche o episodi di solidarietà. La ESPN, in collaborazione con le maggiori federazioni e realtà sportive del Paese, sfrutta l’evento per destinare fondi a diverse fondazioni di ricerca contro le malattie incurabili o agli enti di solidarietà. Quest’anno, tra i 6 finalisti, figura Titus O’Neil, da sempre uno degli ambasciatori principali di tante iniziative solidali, portate avanti sia personalmente che in collaborazione con la WWE. I vincitori saranno annunciati tra gli altri premiati durante la cerimonia degli ESPY Award, che si terra domani sera. Tra i finalisti della categoria per le aziende figura anche la Anthem Foundation.
O’Neil si è distinto per aver supportato tante persone attraverso diverse organizzazioni no-profit, sia come testimonial che come finanziatore, come la Susan G. Komen, Boys & Girls Clubs of America e Special Olympics. Con la sua fondazione, la Bullard Family Foundation ha finanziato un percorso presso la Sligh Middle Magnet School a Tampa, FL che garantisca borse di studio per i ragazzi più poveri, una serie di iniziative d’impatto sull’area circostante dove abitano le famiglie meno abbienti e percorsi di formazione per lo staff della scuola. È la terza volta che un atleta WWE è tra i finalisti del riconoscimento: nei due precedenti si era trattato in entrambi i casi di John Cena, finalista non vincente nel 2015 e nel 2017.
Il primo 24/7 Champion della storia è in finale insieme a: il giocatore di baseball Nelson Cruz dei Minnesota Twins, che ha donato parecchi fondi per migliorare le condizioni socio-sanitarie della sua città d’origine nella Repubblica Dominicana; il cestista Kevin Love dei Cleveland Cavaliers, diventato un punto di riferimento nello sfatare il tabù dei disturbi mentali non solo in NBA; i giocatori di football americano e fratelli gemelli Devin e Jason McCourty dei New England Patriots, che si sono prodigati politicamente per spingere il Governo del Massachusetts a firmare una riforma della giustizia statale che portasse da 7 a 12 anni l’età minima per i processi penali e ad attivare percorsi per ridurre la dispersione scolastica; la cestista Maya Moore delle Minnesota Lynx che si è battuta in prima persona per il controverso caso legale che ha coinvolto il giovane Jonathan Irons.