Le idee di Jon Moxley sulla gestione delle commozioni cerebrali

Jon Moxley

Recentemente tornato on screen dopo un breve periodo di assenza, l’ex AEW World Champion Jon Moxley ha parlato in un’intervista a The Messenger di un tema storicamente delicatissimo per il mondo del wrestling e dello sport in generale, ovvero le commozioni cerebrali. Nell’episodio Grand Slam di Dynamite, andato in scena il 20 settembre, Moxley, che aveva appena conquistato l’International Title, subì una commozione cerebrale proprio all’inizio del match contro Rey Fenix e fu costretto a cedere la cintura.


A tal proposito, Moxley ha dichiarato che il problema è occorso dopo soli 30 secondi. E che pur essendo di fronte a più di 10.000 spettatori, all’interno dell’Arthur Ashe Stadium di New York, aveva completamente perso la cognizione di dove si trovasse.

Ero completamente in un altro mondo. Per oltre 10 minuti, continuavo a perdermi progressivamente e non riuscivo a capire dove ca**o fossi. Poi ho avuto un barlume di lucidità e ho pensato: ‘Oh, sono fottuto. Devo andarmene da qui’“, ha spiegato Moxley. Che ha poi aggiunto quanto sia difficile per lui rimanere fermo ai box. “Mi piace lottare per il gusto di farlo. Mi piace mettere il mio corpo in gioco. Quindi, stare fermo per infortunio è sempre molto impegnativo per me“.

Il finale anticipato del match tuttavia ha causato polemiche sia per le tempistiche, sia per il fatto che l’arbitro Rick Knox inizialmente non avesse contato il pin, nonostante il segnale di Moxley. A tal proposito, l’ex membro dello Shield ha lanciato un’idea per fornire migliori garanzie per i wrestler nella gestione delle commozioni cerebrali.

Nel pro wrestling, questo è un argomento molto delicato“, ha detto Moxley, ma ha riconosciuto senza mezzi termini che “qualcuno deve pur parlarne. Il wrestling è una cosa strana. Nel football, se un uomo va a terra e non torna subito in campo, sai che è andato. Qui da noi, molte volte è davvero difficile capire cosa è reale e cosa è falso. Forse bisognerebbe istituire una commissione composta da un wrestler e un medico molto esperti, addestrati a vedere i segnali di quel ca**o di problema. Che guardino lo show in una stanza separata, perché anche se c’è un medico a bordo ring, cosa succede se ci si fa male dall’altro lato? Lui non può vedere.“.

Questi due elementi, secondo Moxley, dovrebbero coadiuvarsi reciprocamente per riconoscere il problema nel minor tempo possibile. “Il medico e il wrestler devono essere completamente estranei alla parte creativa. Non devono avere alcuna idea né interesse in merito alla storia, a chi vince, a chi perde o a quanto dovrebbe durare l’incontro. E devono assistere insieme perché così facendo il medico può alzare la mano quando vede qualcosa di strano e il wrestler può immediatamente dirgli se è una normale dinamica o se c’è realmente da preoccuparsi. E in questa eventualità, il dottore preme il pulsante rosso e ‘Boom’, stop, fermi tutti. A prescindere dal tempo, dalla diretta TV e via dicendo.“.

Una proposta sicuramente interessante, quella di Moxley, per un tipo di infortunio purtroppo ricorrente e pericoloso. Come testimoniato anche da tutta la vicenda legata ad Adam Cole, vittima di una commozione cerebrale a Forbidden Door dell’anno scorso, che ne aveva messo a rischio la carriera.

Scritto da Andrea Samele
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