WWE Planet #811

Amiche ed amici di Tuttowrestling riecco a fare il punto sulla WWE. Royal Rumble è andato agli archivi dando il via ad una Road to WrestleMania forse leggermente scontata ma per certi versi intrigante o comunque capace di creare hype. Di contro ha lasciato un po' l'amaro in bocca perché il PPV e i match che ad esso danno il nome non sono stati all'altezza di loro stessi. Come sempre proviamo ad analizzarne anche i motivi.


Tornado Rumble
Charlotte Flair aveva detto che sarebbe stata il tornado che avrebbe stravolto la Rumble. Sorvolando su quanto poco sia stato vero, semmai è stata la Rumble ad essere un tornado anche se falso, lasciando poi un po' tutto al suo posto. Raramente un PPV dagli esiti così scontati – è per giunta in larga parte graditi dal pubblico – è stato così poco apprezzato. Da una parte c'è la consapevolezza che per una volta la WWE abbia sbagliato poco dal punto di vista delle scelte: chi doveva vincere ha vinto, chi doveva perdere ha perso, chi doveva essere protetto lo è stato; e questo vale quasi per tutti. Ha funzionato senz'altro il lottato: il paradosso è che a sfigurare sia stato Daniel Bryan vs AJ Styles laddove i due match per i Titoli Femminili hanno tirato fuori delle prestazioni ottime e quello per lo Universal Championship ha raccontato una storia gradevole, sensata e ponderata sia pur con un minutaggio basso. Persino i due vincitori delle risse, Becky Lynch e Seth Rollins, erano le persone adatte a vincerle, nel momento giusto e, per una volta, con la dirigenza pronta a puntare su di loro (soprattutto nel caso di Becky). Allora perché le critiche? Critiche leggere, sia chiaro, ma critiche giuste. Se vogliamo bypassare la prevedibilità – e davvero ci voleva fantasia ad aspettarsi esiti diversi dagli incontri in programma, perfino dall'incontro per gli SmackDown Tag Team Championships – a raccontarci qualcos'altro la WWE non ci ha proprio provato. Un po' come un bambino capriccioso, la Compagnia sembra aver accontentato il pubblico (o meglio, la logica) quasi controvoglia e, per ripicca, si è limitata a fare solo quello. Ne sono derivati match belli ma inconcludenti e, soprattutto due risse davvero poco interessanti. Per gusti si può preferire l'una o l'altra ma di certo nessuno sarà rimasto estasiato da una di esse: semplicemente erano troppo poco. Pochi momenti da ricordare, tanti esordi sporadici e di poco peso gettati nella mischia, pochi colpi di scena, pochissimi ritorni dal passato o da infortuni. Eppure le possibilità non mancavano. Le Rumble hanno un po' tradito loro stesse, le loro tradizioni (eccezion fatta quella di Kofi Kingston e della sua pallida, scialba e non richiesta imitazione Naomi – possiamo smetterla con entrambi senza che nessuno ne pianga la scomparsa). Il tutto collegando entrambe allo stesso identico finale, lo stesso punto di svolta madre: l'ingresso di un lottatore al posto di un altro. Ma se è perfettamente logico e anche ben gestito quello di Lynch, mi sembra quasi inutile sottolineare la stoltezza di quello di Jax. Stupido, inutile, dannoso e totalmente insensato. E il festeggiare il suo massacro non ha fatto che allontanare Vince dalla consapevolezza della sua demenza senile. Due risse caotiche, insomma, con pochi sussulti e un tourbillon di indistinto chissenefrega in attesa dei momenti finali. Che potevano e dovevano essere solo quelli. Pigrizia e minimo indispensabile.

Written in the stars
Scegliendo “Written In The Stars” di Tinie Tempah ft. Eric Turner come theme song di WrestleMania 27, la WWE provò segretamente a dirci che era tutto già abbastanza scritto. Forse quest'anno sarebbe da riproporre. Più che nei risultati, appena cominciata la Road to WM sembra che gli intrecci principali siano un po' già settati, come se la WWE avesse paura che il pubblico non si sappia orientare in questi due mesi e volesse mettere tutto in chiaro fin da subito. La vittoria della Rumble da parte di Becky Lynch, dopo aver perso contro Asuka, alimenta il suo personaggio più che badass, il suo feud con Charlotte e le possibilità – già elevatissime – che entrambe vengano coinvolte nell'ormai famigerato Triple Threat con Ronda Rousey. Tanto più che i tempi sembrano maturi e perfetti per un main event femminile al Grandaddy Of Them All, forse al punto da ora o mai più. Se era chiamato anche il match tra Seth Rollins e Brock Lesnar, lo è altrettanto il fatto che Bryan e Styles probabilmente chiuderanno le loro diatribe proprio a WM. Forse mi sbaglio ma con l'Elimination Chamber di mezzo ad allungare il brodo e un vuoto cosmico alle spalle del Phenomenal One come #1 Contender credibile, la strada sembra obbligata. Una strada che relegherà Asuka ad un incontro di secondo piano – visto che tutte le ragazze in gamba o sono a Raw o sono impegnate con l'altro Titolo – così come obbligherà The Miz e Shane McMahon ad arrivare ai ferri corti. Tutto un po' troppo scritto tra le trame principali e poco spazio persino per chi potrebbe essere una mina vagante in cerca di sistemazione, come Strowman o, ancor di più, Bálor. Vero: due mesi sono tanti ed è presto per parlare ma a far pensare che poco cambierà è anche la mancanza di alternative; per quanto un minimo scontata come card di WM sarebbe anche difficilmente superabile in credibilità, coerenza narrativa e appeal. Il tutto però soggetto a stravolgimenti: in mezzo ci sono due PPV, due mesi e una federazione parecchio in affanno sul da farsi per incrementare il proprio roster e per limitare l'emorragia di talenti. Cosa che forse, più di tutte, sta rapidamente diventando la priorità a Stamford.

Daniele La Spina
Daniele La Spina
Una mattina ho visto The Undertaker lanciare Brock Lesnar contro la scenografia dello stage. Difficile non rimanere incollato. Per Tuttowrestling: SmackDown reporter, co-redattore del WWE Planet, co-presentatore del TW2Night!. Altrove telecronista di volley, calcio, pallacanestro, pallavolo e motori.
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