La parola al Maestro: Ora come ieri, considerazioni sulla guerra di ascolti tra AEW e WWE

La WWE ha appena concluso il doppio PLE Bash in Berlin e No Mercy (di NXT), con tremendo successo di pubblico. Appena 10 giorni fa, la All Elite Wrestling ha messo in scena a Londra un incredibile evento di wrestling, All In, che ha regalato incredibili emozioni a noi fan di questo sport spettacolo.
Due federazioni, due sigle che ci stanno regalando tanti incontri e tante rivalità degne di nota, cambi di titolo, passaggi di atleti da una promotion all’altra. Un clima divertente, di guerriglia che non può riportare alla memoria quei lunedì sera tra il 96 ed il 2000, quattro anni che videro coinvolte le maggiori stelle delle due federazioni mondiali di wrestling, la WWF di Vince McMahon e la WCW di Eric Bischoff e Ted Turner.
Ma sono passati più di venti anni (anzi, quasi venticinque!) da quella storica, vera, rivalità.
Il mondo è enormemente cambiato, l’avvento dei social network, dei canali streaming ed alcuni avvenimenti politici e sociali di altissimo rilievo (prima fra tutti, la pandemia di Covid-19) ha generato un humus di fan appassionati di lotta libera totalmente diversa da quella in cui quelli come noi (quarantenni, qualcuno ha detto boomer o vecchiarelli?) hanno vissuto la “Monday Night War”.
Ma, mentre lì, la guerra era solo ed esclusivamente fra promotion, lasciando i veri vincitori, noi fan, entusiasti di assistere alle scorribande della nWo e della DX e di vedere campionissimi come “Stone Cold” Steve Austin e Hollywood Hogan sul quadrato, adesso la guerra sembra essersi spostata dietro le tastiere di ogni computer e telefono cellulare, alla portata di ogni “leone da web” che può dire la sua ed esprimersi, non sempre rispettando le classiche regole del buon gusto e della critica.
Chi mi conosce, sa che amo molto il buon wrestling anni 80 e 90, i big men, le storyline, i promo, prediligendoli alla tecnica, alle mosse aeree ed ai fisici più asciutti delle federazioni come la AEW o le indipendenti che ne fanno da terreno fertile.
Ma questo non rende assolutamente impossibile, anche per me, godermi questo e quello show, indipendentemente dalla sigla che ne fa capo.
Purtroppo invece, una nuova generazione di fan, si sta facendo piede.
Una generazione che ripudia il passato, che considera stelle come Hulk Hogan, Ultimate Warrior, Ric Flair, Vader delle piaghe da estirpare, senza rendersi conto che il wrestling che ci godiamo comodamente alla TV in salotto deve la sua vita a queste figure, che l’hanno estirpato dai club per soli uomini, dalla puzza di sigarette mista a sudore, per portarlo nella famiglie, coinvolgendo ragazzini di ogni età con action figure, videogames ed i loro genitori con un linguaggio più comprensibile per ogni generazione.
Una generazione che fa dell’arroganza e della totale abnegazione del passato – ritenuto scomodo, oppure totalmente cancellabile – un credo e che vede in storyline vetuste, personaggi ormai – quello si – fuori moda, come un cancro della disciplina, senza saperne estirpare il contenuto per inquadrarlo nel contesto storico in cui sono nati.
Sono gli stessi che si sono aggrappati sulle spalle di chi ha combattuto per avere un campione del mondo di colore, di chi ha sudato e pianto lacrime per uscire dallo stereotipo della ragazza valletta con tette e culo e fare anche di una donna, non solo di un uomo, un Atleta con la A maiuscola.
Vi si sono aggrappati, senza però aver sofferto lo stesso iter, e dall’alto di un pulpito immaginario si sono decretati imperatori di un sapere e di un modo di vedere il wrestling che deve essere, e sottolineo DEVE, quello giusto per tutti.
Ma non esiste un wrestling giusto per tutti, ed è proprio quello il bello del wrestling.
Il wrestling è (era, forse) l’unico spettacolo che poteva accomunare nello stesso show colui a cui interessavano i personaggi “larger than life”, quelli che prediligono le sfide tecniche ed al cardiopalma, chi cerca semplicemente 20 minuti di risate a cuor leggero e chi, in famiglia, vuole godersi una serata all’insegna del divertimento.
Ecco, appunto, divertimento, la parola chiave.
Perché il wrestling è proprio questo, la più pura forma di divertimento, che mischia azione, risate, drammaticità ed anche un pizzico di sano romanticiscmo qua e là, in una sorta di “soap opera” per adulti, che deve prima di tutto intrattenere.
Si può fare della dietrologia di questa disciplina? Certo, si deve, per studiarne il fenomeno, comprendere da dove siamo partiti ed analizzare dove stiamo andando, consapevoli che il percorso è un ottovolante di grande emozione e suspance.
Eppure c’è chi ne fa un credo, così come chi ne fa una sorta di bibbia di numeri, date e dati analitici senza alcun senso per una disciplina regolamentata da decisioni predeterminate. Fareste calcoli su quanti morti fa John Wick più di Jason Vorhees della saga di “Venerdì 13”? Che ci crediate o no, tali persone estistono eccome.
Quasi venti anni fa abbandonai il mondo del “wrestling web”, quello autodefinito da noi ragazzi invecchiati,che avevamo stretto una sorta di comunità online per ripotare il wrestling agli albori dello storico successo che ebbe negli anni 80 e 90 con Dan Peterson.
Di quella storica ondata, i portavoce erano due siti, TuttoWrestling (in prima battuta, il sito n. 1 di wrestling in Italia) e The Italian Wrestling Gazette, a volte in lotta tra loro per via delle linee editoriali intraprese.
Ma una cosa non mancava: il rispetto, la voglia di scoprire, di crescere, di imparare, che portava lettori e scrittori (tra cui il sottoscritto) ad appianare divergenze e scontri generazionali per cercare quel video, quella vhs, quella notizia, quell’aggancio che avrebbe portato un passettino in avanti al ritorno del wrestling in TV.
E se pensate che i due “boss” delle due testate erano nientemento che Luca Franchini e Michele Posa, i due commentatori della WWE su Dmax (ed insieme da ben 25 anni!), capirete bene come le differenze fossero davvero minime in confronto alla passione, alla voglia di far conoscere al mondo la nostra comune passione.
Lo stesso humus da cui hanno avuto origine la prime federazioni italiane di wrestling, del ritorno del wrestling su Italia 1 prima ed in prima serata poi, dei dvd e del dilagare di internet che oggi, grazie al cielo, non ci lascia mai senza wrestling.
Ma pensate a quanto era difficile, quando internet praticamente si muoveva come una tartaruga addormentata e dovevi avere in casa impianti assurdi per duplicare vhs o ricevere emittenti satellitari dall’Arabia Saudita per poter captare qualche nuova immagine!
Venti anni fa, improvvisamente cambiò tutto.
Il wrestling era diventato un “business”, un modo di fare soldi, spesso da parte di gente che di wrestling ci capiva quanto io di fisica nucleare e che di passione aveva praticamente l’unghia del mignolo del piede sinistro.
Ma dopo lo show WWE a Bologna ho capito che il vento era nuovamente cambiato, che c’era un nuovo mondo, fatto da ragazzi desiderosi di staccarsi dal credo “comune”, di comprendere il passato.
“Maestro, tu racconti di avvenimenti incredibili che non ho mai visto!” è la frase che ogni tanto mi sento dire, e che riallaccia in me la passione di un tempo.
Perché il wrestling non è la WWE.
E nemmeno la AEW.
Il wrestling è una forma di intrattenimento che deve unire, fare amicizia, accorciare distanze immani ed avvicinare mondi, interessi e contesti apparentemente diversi, ma accomunati da una medesima, invicibile e folgorante, passione.
La nostra passione.
Il Vostro Sempre (poco) Umile Maestro Zamo
Se volete conoscere altri aneddoti, curiosità, video ed esperienze personali nel mondo del wrestling, vi invito a seguire la mia pagina Facebook:
Maestro Zamo: le mie avventure nel pazzo mondo del wrestling
www.facebook.com/maestrozamo80
O la mia pagina Instagram:
@francescozamori
Non dimenticate di condividere, commentare, lasciare i vostri like e mandarmi vostri commenti e critiche!
ISCRIVITI AL NOSTRO CANALE WHATSAPP UFFICIALE: https://whatsapp.com/channel/0029VaE6VKfLI8YfGSitF01t
ISCRIVITI AL NOSTRO CANALE TELEGRAM UFFICIALE: https://t.me/tuttowrestling