La Parola al Maestro: La storia del “tape trading” e la sua influenza sul wrestling moderno

Esattamente come una delle rare apparizioni di Undertaker o frequente come i titoli del mondo vinti da Darby Allin, ecco un nuovo numero de “La Parola del Maestro”, ad opera del Vostro Sempre (poco) Umile Maestro Zamo.


L’argomento che andremo a trattare in questo articolo è di quelli inusuali, perché nell’era del digitale, del tutto a portata di mano, dei social media e della qualità sempre più scadente dell’informazione riguardo la disciplina della lotta libera, sembra quasi impossibile pensare ad un’epoca in cui, se volevi vedere un po’ di wrestling che non fosse solo quello trasmesso sulla tua Tv locale, dovevi ingegnarti ed entrare in un universo un po’ nascosto, oscuro e composto da persone di tutte le età, nazionalità, generi ed interessi.

Un mondo dove l’impiegato di banca di Torino si confrontava con il dirigente scolastico di un paesino nella Loira, che a sua volta aveva intrecciato un proficuo contatto con un karateka di Washington ed un alto industriale di Kyoto. Un modo diverso da quello offerto da internet – che comunque amplierà il concetto – di costruire una comunità, quella degli appassionati – i veri appassionati, non quelli di oggi che aprono il proprio portatile o ipad e si sentono di avere lo scibile planetario sull’argomento – che, nel loro tempo libero, lontano da mogli, mariti, fidanzati, colleghi e amici “comuni”, costruivano in segreto il loro tesoro, un archivio fatto da centinaia di vhs, magari chiuse dentro la classica custodia trasparente che recava una costoletta ed una cover fatta ad arte, utilizzando ritagli di giornale od una prima versione di “Publisher” per il PC con Windows 98.

Era la comunità del “tape trading”.

Ma andiamo con ordine.

Il wrestling, come sappiamo, affonda le sue radici nella storia classica, nei giochi olimpici di lotta libera che si svolgevano nell’antica Grecia, una forma di spettacolo per famiglie che diventava punto di riferimento elitario per una certa branca della società. Fast forward molti secoli dopo, negli Stati Uniti, durante i conflitti mondiali, il wrestling aumentò il suo valore esponenzialmente, grazie al passaparola tra i militari che, tra una sofferenza e l’altra del campo di guerra, trovavano un momento di pausa e serenità (e di sfogo interiore) nel vedere questi incredili match tra giganti del quadrato. Il wrestling era ancora considerato uno “sport” a tutti gli effetti, alla stregua di boxe ed arti marziali, mentre l’aspetto “entertainment” – se così vogliamo chiamarlo – pur essendo presente cedeva il posto a quello prettamente sportivo.

Presto, però, la forma “spettacolare” della disciplina portò il wrestling ad uscire da stadi di prim’ordine e ad essere integrato in un altro circuito sempre più apprezzato da famiglie e ragazzi dei primi del Novecento, che permettesse loro di svagarsi in un epoca molto rigida ed attraversata da ondate di crisi sempre più pesanti: il circo. Nei cosiddetti “side shows” o “dime shows”, accanto alla donna barbuta, l’uomo serpente, la sirena ed il tizio a due teste, c’era il classico spettacolo di wrestling: se pensate che questa parte dello spettacolo non c’entri assolutamente nulla con quello che vediamo in TV, vi sbagliate di grosso: un veterano come William Regal ha iniziato proprio qui a muovere i suoi passi, negli spettacolini itineranti di Blackpool, dove sfidava chiunque in mezzo al pubblico a batterlo e regolarmente vinceva (anche grazie allo stratagemma del “complice” in mezzo alla folla). Questo suo trascorso l’ha aiutato non poco a costruire quei personaggi e quelle personalità che l’hanno reso protagonista in WCW ed in WWF e ne hanno reso uno degli uomini “dietro le quinte” tra i più apprezzati del business.

Il fatto che ogni circo avesse la sua “donna cannone”, la sua “trapezista” e via dicendo, portò ogni compagnia a crearsi il proprio piccolo circuito di lottatori: era la prima, embrionale fase della territorializzazione, che spezzetterà gli States in grossi blocchi in cui una famiglia, un promoter dettava legge su storyline, push ed eventi. L’unica forma con cui era possibile, per un ragazzo dell’epoca, vedere del buon wrestling era necessariamente recarsi agli show della promotion più vicina alla sua abitazione, leggere i programmi che illustravano rivalità e precendenti e cercare di seguire le gesta sui rari trafiletti che ogni tanto i quotidiani riservavano al wrestling.

Questo fino al fatidico 1976, in cui il colosso Ted Turner, grandissimo appassionato della disciplina, decise di irradiare sulla stazione WTCG (poi in seguito rinominata TBS) un programma di lotta libera, che diventerà l’araldo di questa disciplina: Georgia Championship Wrestling.

Il wrestling, in Tv, divenne una scommessa subito vincente: chiunque, senza bisogno di comprare un biglietto o leggere un giornale, poteva in quel giorno ed a quella data ora, vedersi una selezione di match incredibili, accompagnati da dichiarazioni degli sfidanti ed analisi approfondite date dal commento durante l’incontro.

Presto, l’idea di trasmettere il wrestling in TV divenne di uso comune ed ogni promotion, in qualche modo, riuscì a trasmettere qualcosa di quello che proponeva nelle proprie arene nelle Tv locali, le quali – a sua volta – traghettavano una maggior affluenza nelle arene.

In realtà, negli anni quaranta e cinquanta, canali come la NBC avevano provato ad irradiare il wrestling in tempi non sospetti ma, nonostante gli alti ascolti, la natura “violenta” del programma costrinse gli alti dirigenti dei network ad allinearsi ad altre trasmissioni, come contenitori culturali e film ad alto tasso drammatico, oltre a serial su cowboy e supereroi fumettistici.

Il wrestling continuò per molto tempo ad essere qualcosa di “segreto”, appannaggio solo di coloro che erano appassionati, alcuni dei quali (potremmo definirli gli antesignani ed i padri fondatori dei futuri “tape traders”) tentavano in tutti i modi di tenere i fili dello svolgersi delle varie rivalità, riportandole in fanzine e newsletter per tutti coloro che, come loro, amavano questa disciplina. Questa forma di cultura è esistita anche in Italia, ne parleremo più avanti,

Ma la vera, enorme rivoluzione arrivò proprio in contemporea con il programma di Turner, una coincidenza davvero strana ma che la dice lunga sul rapporto tra TV e tape trading: nel 1976 la società tecnologica giapponese JVC lancia sul mercato un apparecchio da collegare al televisore, che consente prima di vedere da alcune cassette nere, denominate VHS, immagini preregistrate senza limiti di volte in cui un appassionato poteva visionarle. Esattamente come i dischi in vinile erano per l’audio, le VHS consentivano finalmente all’appassionato di distaccarsi dalle maglie del palinsesto televisivo e godersi del sano pro wrestling in qualsiasi momento della giornata.

Ed il passo successivo fu ancora più importante: con una ulteriore, definitiva implementazione, l’apparecchio che leggeva i nastri poteva ora anche registrare direttamente dalla TV, o in alternativa da un altro apparecchio come lui: non più lettore, adesso lo strumento si faceva chiamare “VCR”, Video Cassette Recorder, chiamato in italiano “videoregistratore”.

In realtà, i formati di video erano molti: la VHS si presentava con sistema PAL nel circuito europeo mentre era NTSC in quello a stelle a strisce. Esisteva poi la Betamax, una sorta di cassette molto più piccole (e – a detta di mio padre, che era un amante dell’audio-video – molti migliori delle vhs) che necessitavano del proprio VCR.

Adesso, gli appassionati potevano videoregistrarsi le puntate di proprio interesse, vederle, fare delle compilation dei propri atleti preferiti e riporle poi nel proprio “sancta sanctorum”, ovvero quello scaffale che fungeva da vero e proprio archivio per ogni appassionato. E grazie alle fanzine ed alle convention, i mercati locali e via dicendo, i vari amanti della videoregistrazione scoprirono di non essere soli, ma che in tutti gli Stati Uniti c’erano altri appassionati, che magari avevano registrato questa o quella puntata di una differente promotion: presto si iniziò a scambiare “un video per un video”, a fare richieste di “best of”, alla ricerca del pezzo più raro ed esclusivo da inserire nella propria collezione.

Negli anni Ottanta, alcune fanzine divennero così popolari da diventare punti di riferimento per ogni appassionato, non solo per sapere lo svolgersi dei fatti, ma perché proponevano liste di scambio titoli che incrementavano la voglia di ogni appassionato di crescere il proprio sapere in materia. Non solo, una di loro, il Wrestling Observer, aveva un direttore, Dave Meltzer, che aveva contatti esclusivi con mondi che fino ad allora sembravano totalmente avulsi da questo universo, ma che invece da una infinità di anni era patria di un modo di fare wrestling totalmente esclusivo e differente, ma non per questo meno divertente: Messico, Giappone ed Europa.

Gli appassionati americani di wrestling, cresciuti con Ric Flair, Dusty Rhodes, Bruno Sammartino ed Hulk Hogan, iniziarono ad entrare in contatto con Giant Baba, Mitsuharu Misawa, El Canek, Blue Demon, Otto Wanz e tanti altri wrestler e promotion che avevano vissuto un percorso simile ma parallelo. La comunità del tape trading stava crescendo enormemente ed iniziava a far sentire la sua voce, decretando spesso il loro disappunto per una forma di wrestling, quello classico americano, che adesso mostrava le sue lacune dal punto di vista tecnico e di innovazione.

I fans iniziarono a far sentire la loro voce, a collezionare migliaia di vhs che spesso finivano senza essere nemmeno viste se non con il “fast forward”, solo per avere una idea di risultati, statistiche e via dicendo. L’esempio più lampante di come questo fenomeno iniziò seriamente a cambiare il volto del pro wrestling fu la nascita della Extreme Championship Wrestling.

I cosidetti fan ossessionati che riempivano il palazzatto da Bingo che ospitava la defunta promotion di Paul Heyman a Philadelphia, non volevano assolutamente vedere Hogan o Flair, ma volevano provare l’ebbrezza della violenza che avevano visto nelle vhs della FMW importante dal Giappone, oppure gli spettacolari voli aerei tipici della lucha libre messicana, o ancora la tecnica sopraffina che proveniva dal Regno Unito e dal vicino Canada. Tutto questo definì un mix geniale ed innovativo, con cui presto i due colossi WWF e WCW dovettero fare inevitabilmente i conti.

L’avvento di internet, diventato fruibile a tutti alla fine degli anni 90, incrementò ulteriormente questo fenomeno: adesso, grazie alle e-mail, si poteva contattare molto più velocemente qualsiasi appassionato ed imbastire uno scambio stellare in pochi minuti.

In Italia, come è facile immaginare, il wrestling era sempre stato considerato un divertimento e nulla più. Eppure anche qui gli appassionati, prima dell’avvento di internet, cercarono in tutti i modi di far sentire la loro voce: uno di loro, un ragazzo appassionato del mondo giapponese a cui – leggenda dice – capitò per caso una scatola di cartone contenente vhs della New Japan Pro Wrestling, decise di doppiarle in italiano, con un commento tecnico, affiancato da esperti del mondo delle competizioni di arti marziali ed affini, e di proporle nei circuiti della TV libere dei primi anni ottanta, affiancadoli al nascente e prolifico mercato dei cartoni animati giapponesi. Era Tony Fusaro, ed il suo “catch” irradiato sui circuiti locali iniziò a contagiare il popolo italiano, sempre più appassionato di Antonio Inoki, André the Giant, Hulk Hogan e Tatsumi Fujinami.

Incredibilmente, prima di Meltzer e prima degli States, in Italia il wrestling era arrivato sugli schermi tramite la NJPW, e presto si venne a creare una piccola comunità italiana dedicata al fenomeno, la “contea delle farfalle” presieduta dallo storico Vittorio Castronovo e di cui faceva parte Luca Fino, grandissimo esperto ed uno dei primi a tradurre dal giapponese all’italiano storici pezzi dedicate alle stelle di questo fantastico mondo del “catch”. Fino ebbe anche la fortuna, durante un volo in Pakistan, di conoscere il possente Giant Baba, personaggio che in Italia avevamo imparato a conoscere dai cartoni animati de “L’Uomo Tigre”. La Contea durò più di 10 anni ed il fenomeno catch portò persino ad uno show esclusivo a Roma con le stelle della NJPW.

Ma torniamo al “tape trading”: in Italia trovare qualcosa di wrestling era veramente impensabile: c’era chi aveva avuto la lungimiranza di registrare dalla TV le trasmissioni di Fusaro e quelle condotte da Dan Peterson sui canali Koper Capodistria, Italia 1 e Tele+2, altri invece – specie se abitavano in grandi metropoli, come Milano, dove era molto più semplice trovare materiale d’importazione – avevano avuto la fortuna di acquistare a prezzi stellari le vhs della Silver Vision, l’azienda che aveva avuto l’appalto della distribuzione in formato PAL (soprattutto nel Regno Unito) dei prodotti targati Coliseum Video/WWF.

Altri fortunati avevano avuto modo di installare un sistema satellitare degno di Julian Assange, e tramite un certosino lavoro di ricerca di segnali e trasmissioni TV, riusciva a captare e videoregistrare programmi provenienti da diverse emittenti televisive del globo. Uno di loro addirittura aveva creato la propria fanzine personale e permetteva, a quei pochi fortunati, di rimanere aggiornato sulle evoluzioni del wrestling quando in Italia ormai non lo trasmettava alcuna Tv nazionale, proponendo anche la possibilità di acquistare VHS con i principali show ed incontri della nostra amata disciplina. Mi chiedo che fine avrà fatto…

Grazie all’avvento di internet, come dicevamo, anche l’appassionato che si trovava nel posto più remoto della penisola, poteva adesso entrare in contatto con questa comunità e crearsi la propria collezione personale: nel 1999 i mie genitori mi regalarano il mio primo computer portatile con la potenza di Windows 98 (wow!), che nelle loro intenzioni mi doveva servire come strumento per aiutarmi nel mio percorso universitario.

Ovviamente.

Una settimana dopo ero ormai diventato padrone del panorama a luci rosse che offriva all’epoca il web e – soprattutto – entrai in contatto con diverse decine di scambisti (di vhs, che avete capito!), interessati a quelle poche vhs che tra registrazioni ed acquisti aveva accumulato nella mia piccola videoteca. Avevo circa 10 vhs, la settimana dopo 20, quella successiva 50. In un mese e mezzo contavo già più di 250 vhs ed inizai ad espandermi in Europa, dove proliferavano le custom tapes, ovvero quelle vhs registrate e fatte ad arte per gli appassionati. Addirittura instaurai la mia prima personale “newsletter”, dove mettevo al corrente tutti i miei amici collezionisti di cosa avessi recuperato, in attesa di poterlo scambiare con altro materiale.

Il mercato della VHS ebbe un forte colpo con l’avvento del DVD: migliore resa video, la possibilità di extra e di materiale più fresco, e senza l’orrenda paura di vedersi rifilare vhs rovinate, con registrazione di decima generazione o – peggio ancora – totalmente vuote. Ad oggi, però, sappiamo che i DVD hanno una vita abbastanza breve, mentre alcune VHS registrate negli anni 80 sono ancora ben visibili se avete in casa un VCR di ultima generazione.

Infine, la mannaia su questo fenomeno fu data dall’avvento dei peer-to-peer: da WinMX a Napster, per arrivare a Torrent ed eMule, adesso bastava collegarsi al “tracker” di riferimento per avere accesso a librerie vastissime. La nascita di Youtube e degli altri canali di streaming, spesso a costo zero, ha definitivamente annullato il tape trading.

Cosa rimane oggi di tutto questo? Il fenomento del tape trading non era solo “vedere più wrestling possibile”, ma costruirsi una propria cultura sulla ricerca, la dedizione ed anche – perché no – la fatica di cercare quella perla, quel pezzo raro che mancava alla collezione. Metteva in contatto personalità e culture diverse, univa nazioni e gente di età differente: ricordo di aver parlato di wrestling a 20 anni con uno di 45 come se fossimo stati amici fin dall’infanzia, provate ora a mettere un appassionato di wrestlindi 20 anni con uno di 45: il primo lo deriderà come un boomer, uno che “non capisce nulla” perché è nato nell’epoca di Hulk Hogan ed Antonio Inoki (due di cui, molto probabilmente, non saprà quasi nulla). L’altro sarà preso da un vento nostalgico e schiferà giocoforza qualsiasi forma di wrestling moderno, totalmente avvolto dal prosciutto che dagli occhi avrà ormai preso tutto il volto.

Il tape trading era un’arte, un mondo sconosciuto, un sottobosco territoriale che faceva sentire i propri membri parte di una elite esclusiva, un gruppo di persone che sentivano di far parte di un fenomeno incompreso e che solo loro, nella loro passione esternata con tanta forza, riuscivano a comprendere nel pieno della potenza.

E se ve lo dice un vero tape trader d’annata, potete crederci!

Il Vostro Sempre (poco) Umile Maestro Zamo

Francesco Zamori

Questa è una storia ESCLUSIVA di Tuttowrestling.com, ma se volete conoscere aneddoti, curiosità, immagini rare ed altri racconti seguitemi sul mio canale Facebook “Maestro Zamo: le mie avventure nel pazzo mondo del wrestling”, raggiungibile al seguente link: www.facebook.com/maestrozamo80


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Scritto da Francesco 'Maestro Zamo' Zamori
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