Gorilla Position #2 – La crisi dei babyface? Colpa degli heel

Gorilla Position

Nell’eterna lotta tra bene e male, spesso si tende a pensare che i personaggi buoni sovrastino quelli cattivi. Perché alla fine vincono sempre. Prima o poi arriva quel momento in cui il piano diabolico di questo o quell’antagonista fallisce di fronte all’ineluttabile destino che fa sì che domani smetterà di piovere e sorgerà il sole. L’etimologia stessa delle parole sembra suggerire un certo servilismo del male nei confronti del bene. Protagonista significa dal greco “primo lottatore/attore”, mentre un antagonista esiste solo se c’è un primo lottatore cui contrapporsi.


Ma nel wrestling, così come nei film, nei cartoni animati o nei videogame, spesso si evidenzia l’esatto opposto. Sono i buoni ad avere un disperato bisogno di elevare la propria statura per sconfiggere un avversario degno, di polarità opposta. La traduzione di Dragon Ball Z tra le corde di un ring sarebbe sicuramente un Namecc Falls Count Anywhere tra Goku e Freezer, non certo un Handicap Match Goku & Piccolo vs Radish, per esempio. Final Fantasy VII ci propone un eroe tormentato come Cloud che insegue la grandezza di un nemico spietato come Sephirot. E ancora Darth Vader o il Joker: l’appagamento per le imprese di Luke Skywalker o Batman è direttamente proporzionale alla gigantesca aura di chi devono superare.

LA GRANDEZZA DI UN NEMICO RENDE FORTE UN EROE

La caratura di un heel invece, almeno in fase iniziale, non ha bisogno di altro che della caratterizzazione del personaggio e di quanta carne da macello gli viene data in pasto. La malvagità del Freezer di turno è innata, viene sublimata dalle sue azioni, compiute in degli squash più o meno lunghi contro midcarder come Crilin o Gohan e uppercarder come il tweener Vegeta. Quindi perché non ci sono più i babyface che il pubblico tifa apertamente? Perché oltre alla crisi creativa (e di ascolti) in generale, mancano proprio quei monster heel adeguati a generare quasi da soli hype nell’underdog di turno.

Una trama riesce quando ti fa percepire le emozioni di chi la prova. Quando tu che guardi puoi identificarti in ciò che il protagonista sta vivendo e condividere con lui la gratifica del successo finale dopo tante avversità. Per un face, il boss finale è il punto esclamativo che dà senso all’intera road to redemption, è una condizione necessaria e sufficiente. Non a caso, una storyline con un heel irrilevante spesso non viene “salvata” da un face ben costruito, ma fa annaspare anche quest’ultimo nel mare del “meh”.

LA CRISI DEGLI HEEL IN WWE

Guardiamo agli heel attuali nel panorama WWE: Seth Rollins, per esempio. Prima della pausa, faceva paura a qualcuno? Emanava una qual certa aura di onnipotenza o di autorità? No, nonostante il nickname (ridicolo). Stesso discorso, non me ne si voglia, anche per AJ Styles, Baron Corbin, Finn Balor e compagnia bella. Lo stesso Roman Reigns, rinfrescato, rivitalizzato da una gimmick più nelle sue corde. Ma che a oggi non ha ancora né un senso ben preciso, né un obiettivo ben preciso. Non hanno esplorato a dovere il lato personale di Reigns, né il suo rapporto con Heyman o con la famiglia. Vuole umiliare chiunque, vuole essere il capo tribù, ripetendolo a macchinetta a chiunque (e alla famiglia di Owens immagino interessi molto saperlo). Ma la domanda è: perché? Cos’è cambiato?

Un heel “antipatico e basta” rischia di diventare un character che genera indifferenza non appena la storia che ha intorno diventa poco interessante. Invece, più è temibile e invincibile, più genera quel senso di rivalsa e più la vittoria del face avrà significato ed importanza. In tal senso, il COVID ci ha negato il boato del pubblico per McIntyre dopo la vittoria su Lesnar. Una reazione che lo scozzese avrebbe sicuramente stra-meritato. Analoga a quella che avremmo potuto sentire per Keith Lee a NXT, che ha battuto Adam Cole, ovvero colui che con la sua stable ha dominato letteralmente la federazione in tutti i suoi titoli.

Guardando altrove, Tessa Blanchard ha fatto la storia di Impact! con la sua personale Woman Revolution anche e soprattutto per  quel grandissimo personaggio che risponde al nome di Sami Callihan 2019-2020 edition. E in questo mese abbiamo avuto Kenny Omega, finalmente tornato agli antichi splendori con titolo alla vita, turnando heel e avendo chiaro in testa il proprio vissuto e i propri obiettivi. Quanto sarà entusiasmante la futura vittoria di Moxley o, a parer mio, di Hangman Page, contro un cattivo di tale fattura?

Il prototipo di heel che ci propongono in WWE invece è perlopiù codardo, ricorre solo a sotterfugi per mascherare le sue debolezze e incapacità, alterna momenti di egemonia a sconfitte ogni volta che c’è qualcosa di grosso in ballo oppure ancora viene affiancato da compagni di tag o stable più temibili di lui. Se so già che un cattivo è battibile, se non sento nessun timore, se non c’è nessuna costruzione di un personaggio che abbia una connotazione morale terribilmente negativa, se banalmente non mi importa niente di lui, allora di contro perché mai dovrebbe importarmi qualcosa dell’eroe che lo sconfigge?

Scritto da Andrea Samele
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