WWE Planet #984 – Vince McMahon, you’re fired!

WWE Planet

L’editoriale che mai si pensa di dover scrivere. Il mondo alla fine del mondo. Il punto di non ritorno. La fine di un’era, di un’epoca e di un’epopea e del periodo più importante oltre che longevo della storia del professional wrestling. L’addio di Vince McMahon è questo e per diversi motivi molto altro. È qualcosa che da tempo era destinato a segnare un argine, un limite: un prima e un dopo.


Con pochi eguali nella storia, tanto per cominciare: al di là e ancora prima di eventuali valutazioni positive e negative, il regno di Vince McMahon è stato il più longevo di sempre. La dittatura che più ha resistito nel mondo dell’intrattenimento e del business (forse con qualche eccezione e qualcuna di dittature vere, quindi soprassediamo). Forse, prima ancora di dargli l’etichetta di “era più importante del wrestling”, è lecito realizzare che il wrestling per come lo conosciamo e per come quasi tutti nel mondo lo fanno, è quello che ha inventato Vince McMahon. Più che l’era più importante, ad oggi, è l’unica. E solo oggi si staglia di fronte a noi il cammino di quello che sarà, che qualsiasi cosa sia, per la prima volta sarà il wrestling senza di lui. Ma tralasciando le definizioni e i confini, l’impatto gigantesco di una scelta che comunque sembrava vicina, resta appunto monumentale.

Vince McMahon lascia, tutto, per sempre. Probabilmente questo dà il via nella realtà all’incubo per eccellenza, quello che ha dominato i suoi sogni per anni. Un’industria, la sua industria, che inizia da oggi il lento e progressivo processo che porterà a dimenticarsi dei suoi dettami, delle sue regole, delle sue convinzioni. Mai di lui, questo è indiscutibile (o indiscusso); una magra consolazione per chi ha sempre controllato tutti e quattro gli angoli del suo globo. Non avverrà presto, non avverrà tutto d’un colpo e non avverrà solamente in WWE. È possibile che sia graduale e mascherato, così lento e coinvolgente da quasi non accorgersene: se ci sono state persone che non hanno vissuto abbastanza da vedere la fine dell’era di Vince, noi stessi potremmo non vivere abbastanza da vedere la fine dei suoi effetti. Ma sarà inevitabile, naturalmente. E poi forse, in realtà, nemmeno così lento. Il potere che ha costretto il Potere stesso a detronizzarsi, la stanza dei bottoni che ha premuto quello dell’espulsione forzata del Capo dei Capi, lo ha probabilmente fatto con una destinazione ben precisa in testa. Il dubbio del dopo, l’ansia del futuro, qualcosa che di sicuro Vince si era sempre premurato, questo sì, di non concedere ai propri fan.

Ci sarà tempo per discutere di quello che sarà. C’è tempo ora per valutare ciò che è stato ma forse non ci sono le forze, le misure adatte per farlo. Come si fa a dare una valutazione totale ed esaustiva di un lavoro di quasi mezzo secolo? Impossibile. Nel mondo reale e in quello del wrestling, infinite volte più mutevole. Se 50 anni sono tanti per tutti, sono ere geologiche, anche più di una, per una timeline a velocità alterata come l’intrattenimento. Sono cambiate tantissime cose nel mezzo, dentro e fuori il wrestling. Se resta quello che ha fatto, se rimane come rimane il valore del cambiamento che ha indotto nel pro-wrestling, facendolo diventare l’elemento di portata mondiale che conosciamo; dall’altra parte restano le scelte discutibili, gli errori, le valutazioni sbagliate e quelle volutamente forzate, le immani vaccate, le gestioni sconsiderate degli eventi, i comportamenti tossici e questo solo restando in ambito wrestling-related. Ci sarebbero per tutti, figuriamoci per lui che sbaglia e sbagliava volentieri solo per principio. Ci sono errori passati in giudicato, ci sono errori prescritti e errori che il comune senso già condanna da tempo. La flessione evidente della qualità del prodotto, la riduzione a ciclo ininterrotto di autocelebrazione a breve termine di tutti gli show, insomma il wrestling e l’intrattenimento di qualità inferiore che la WWE propina da qualche anno a questa parte porta, in basso a destra, la stesa firma del boom di popolarità e della Monday Night Wars. Croce e delizia inevitabile, insomma, anche se con un calo inspiegabile dell’impegno, almeno nell’umano buon senso, in tutto e per tutto.

Vince McMahon è un genio, lo ringraziamo e lo faremo per sempre. Vince McMahon è un demonio e merita ciò che gli sta succedendo, senza di lui il prodotto migliorerà. Probabilmente c’è pochissimo di falso in queste due frasi, coesistono. Vince McMahon ci ha condotto qui ma si è spesso macchiato di cose deprecabili sia a livello personale che dal punto di vista creativo. Vince McMahon è stato un mostro per certi versi ma al contrario di Mussolini, lui sì, ha fatto anche cose buone. Divisivo è riduttivo. Scegliere solo una delle due parti è per occhi a visione parziale. È semplicemente inevitabile che alberghino due animi in questo momento in ogni fan di wrestling. Per il resto sono quisquilie da bambini, l’ultimo suo regalo probabilmente, con una risata sguaiata di scherno, a prendervi ancora in giro.

Scritto da Daniele La Spina
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