WWE Planet #962 – Il significato dei nomi

WWE Planet

Esistono abitudini dure a morire, anche se non così datate e radicate nelle routine. Una di queste è la sempreverde volontà della WWE di costruire il percorso che porta agli ex-PPV mettendo fin da subito le carte sul tavolo (COVID e part-timer permettendo, chiaramente), senza lasciare spazio ai dubbi e mostrando fin da subito dove si vuole arrivare in occasione dei grandi eventi. Ma ha ancora senso farlo nell’era dei Premium Live Events?


Risposta corta: forse no. Dietro al ban che ha colpito di recente l’espressione Pay-Per-View in favore della nuova Premium Live Events, al contrario di tanti altri ban, c’è una logica. Se vogliamo persino condivisibile. Da anni ormai sul mercato americano (pare, in futuro, anche nel resto del mondo), non è più necessario pagare per vedere gli eventi del weekend della WWE, almeno non singolarmente. In più il WWE Network completò poi la migrazione sulla piattaforma Peacock l’anno scorso, rendendo di fatto vetusto il concetto di “pagare per vedere” per un singolo evento. Da qui, la variazione sulla definizione. Come detto lecita e comprensibile. Ma va anche ricordato come fu proprio l’esigenza di vendere in anticipo gli eventi, accelerare l’aumento dei buyrate fin dalle settimane precedenti, a spingere la WWE a evitare i colpi di scena a ridosso di essi, cercando di essere fin da subito limpida su che cosa si stesse acquistando. Dietro questa logica, furono progressivamente abbandonati (o quasi) i match di qualificazione, i format come i tornei e gli incontri per il posto di #1 Contender. Ovviamente a favore di decisione prese subito, chiare, a tratti asettiche ma che non aprivano al minimo dubbio su chi avrebbe lottato in un PPV e per cosa. E così di ciclo in ciclo, gli show della settimana immediatamente successiva ad un PPV sono spesso stati quelli dove si decideva il grosso, si dettavano le linee guida, decretando subito headliner o protagonisti di quello successivo. Poco curandosi del fatto che la praticità economica coincidesse spesso con la pigrizia creativa, di match imposti dall’alto di non si sa bene cosa e storyline che non avevano tempo, modo o spazio di prendere il ritmo.

Pur non inficiando sempre e per forza il risultato del PPV, questa scelta ha avuto fin da subito una ricaduta più immediata nelle puntate successive. Tante, troppe volte ci siamo trovati di fronte a storyline e feuds ormai resi inutili perché sperati da altre imposizioni, con lottatori già dichiaratamente impegnati in altro che dovevano ancora consumare un pezzetto di un’altra candela. Pezzetto, a quel punto, dal peso specifico minimo. È successo altrettanto spesso che una volta decisa la destinazione, decisamente il bello non è stato il viaggio, con incontri destinati ad accadere e che, nel mentre, non facevano accadere niente, impelagati nelle sabbie mobili di un qualcosa che non ha senso provare a raccontare con lo spoiler sul finale. Sfidanti che dovevano risudarsi il posto senza un motivo, con pochissima credibilità per gli incomodi. Inflazione e ripetitività di strumenti di traccheggiamento (nessuno dica “Can they coexist?). Insomma grandi episodi filler di racconti che non ci avevano ancora dato un motivo per essere seguiti. Quelle poche volte che si è proposta una variazione sul tema – quando non forzata da contingenze -, i crismi erano quelli del colpo di scena a tutti i costi, il cambiare tanto per farlo e non per un effettivo tentativo di rianimare la questione. I soliti sacrifici per i soliti volti, brusche sterzate in nome del nulla

Ponendo la sanità mentale al primo posto, non penso che la strategia sia mai stata particolarmente apprezzata da qualcuno, specie al di qua dell’Oceano. E dunque, la domanda iniziale, torna prepotente: perché insistere? Ora che gli abbonati e solo loro hanno accesso agli eventi mensili, ai Premium Live Events, che senso ha insistere nel rendere le puntate di Raw e SmackDown piatte all’inverosimile annunciando tutto e subito, senza svilupparlo? Andiamo nel pratico. Non c’è dubbio alcuno che non esista anima viva che disdirebbe il proprio abbonamento solo perché Seth Rollins diventa lo sfidante di Roman Reigns a 9 o 2 giorni da Royal Rumble anziché un mese prima. Ma allora perché farlo, per poi costringere il suo personaggio a perdere costantemente tempo on screen senza aggiungere assolutamente nulla alla storia che porterà lì? Un esempio su tutti, vale per la stragrande maggioranza delle storyline di primo piano che quand’anche si prendono una settimana in più, poi mancano sistematicamente di inserire la nuova marcia, incespicando in incroci poco valorizzati e scambi per nulla arricchenti.

L’auspicio è che la consapevolezza dell’inutilità di questa misura arrivi presto, magari riportando venti migliori sul team creativo, fin troppo abituato a scrivere al contrario oltre che in maniera spesso indolente. E se ancora non siete convinti (ce da dubitarne), vi basterà la prossima settimana per farlo: tutti iscritti a parole e nessuno si guadagna niente, nel posto dove ogni giorno ci si rinfaccia di doversi guadagnare ogni centimetro. Andiamoci piano coi cambi di nome, se sono vuoti, insomma. Anche perché poi c’è chi regala capolavori e viene ricompensato con un nome che fa infuriare una nazione intera.

Scritto da Daniele La Spina
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