WWE Planet #957 – What’s NXT?

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WHAT’S NXT?


L’edizione dei War Games di NXT dello scorso weekend è stato il capitolo finale, forse anche un po’ fuori tempo massimo, della Black & Gold Era di NXT. Lo show identificato fin dall’inizio dalla stessa WWE come passaggio di consegne tra il vecchio NXT e il nuovo, in un momento in cui ancora le diatribe tra chi sostiene l’uno o l’altro non si sono placate. Ma ora cosa ci aspetta?

Più passaggio di consegne che punto di finale. Innanzitutto perché come punto finale War Games non sarebbe decisamente all’altezza della storia di NXT e dei War Games e TakeOver passati. Difficile farlo, in effetti, e sarebbe stato inoltre tardivo, con buona parte dei protagonisti dell’era d’oro (molto più che nera) già lontani e associabili ad altri lidi. Ma soprattutto perché è come trasferimento del testimone che la WWE ha impostato lo show: un “vecchio contro nuovo” rimarcato a doppia sottolineatura, a tratti anche eccessivamente ma col fine di renderlo evidente. Comprensibile e lineare nel processo che sta avendo il terzo show della compagnia. Si gradisca o no la metamorfosi del cosiddetto NXT 2.0, questa è ormai la scelta fatta e la strada è delineata, va solo percorsa, nel migliore dei modi. La vittoria finale del Team 2.0, su tutte, è la chiosa definitiva, un nuovo che avanza e vince anche in storyline, magari non legittimato alla perfezione nelle settimane precedenti ma assolutamente coerente. Dal cambio di veste, lo show ha improntato molto sulle nuove leve o su chi era già qui da prima ma tale può ancora essere considerato. D’altro canto, ci siamo attesi epurazioni e se ne attendono altre in futuro, per andare a rendere definitiva e soprattutto totale la muta. Non è solo un cambiamento di cosa sia NXT ma anche di come ragiona e ragionerà da ora in poi, in quella critica che più di tutte viene portata dai sostenitori del vecchio sistema: ora è a tutti gli effetti uno show WWE. Non che prima non lo fosse, ma ne sta rapidamente acquisendo i crismi, i meccanismi e ovviamente anche le criticità, perdendo soprattutto l’identità distintiva che ha avuto per anni. Quello di Johnny Gargano ne è forse l’esempio più lampante.

Se fossero ancora vigenti le norme e le logiche, semplicemente l’ambiente del “vecchio NXT” risulta a dir poco folle pensare che uno dei pilastri di NXT come Gargano venga salutato di mala grazie e con pochissimo riguardo per i fan. Nella sua versione giallo-oro, il brand aveva privilegiato tanti aspetti di concepire gli show provenienti dal mondo delle Indy, tra cui il rapporto a doppio filo con il pubblico. Non proprio uno dei punti di forza della WWE ai piani superiori. NXT ha sempre cercato di portare il massimo rispetto con gli spettatori, ha cementato un rapporto con i fan più costanti – dalla Full Sail al CWC – e tutto ciò passava senza eccezioni dal riconoscimento che essi avevano delle qualità di un performer. Restava la sospensione durante lo show, quasi sempre si tifavano i buoni e fischiavano i cattivi in estrema sintesi, ma questo non precludeva di far sentire la propria voce nei confronti dell’atleta in sé, al di là del personaggio. O della gimmick in sé, al di là del valore del pro wrestler. Il percorso era comune, il viaggio non poteva che dipendere da ciò che avveniva sugli spalti quando ci si esibiva in un promo o in un incontro, in maniera imprescindibile ma mai sbilanciando gli equilibri di potere. Uno dei marchi la cui paternità è attribuita a Triple H ma soprattutto una delle cose che più funzionava nella fidelizzazione del pubblico, live e davanti allo schermo, che creava un ecosistema diverso se non alternativo in cui si ritrovava chi faceva fatica a scendere a patti con il prodotto principale.

Il saluto di Johnny Gargano ad NXT e al suo pubblico è l’indiretta ma forse anche volontaria risposta al quesito “What’s NXT?”. Immaginate di avere un lottatore che estende il contratto per una settimana per completare l’arco narrativo, per partecipare ai War Games e traghettare il nuovo corso, a livello di storyline e fisicamente a livello di lottatori attraverso un banco di prova oggettivamente tra i più difficili. Che ha reso NXT quello che è stato e che ha fatto le fortune del brand, che ne è stato uno dei simboli più brillanti e uno degli interpreti migliori, universalmente riconosciuto come tali e autore di piccoli grandi capolavori dell’epoca recente dell’intero panorama wrestling. Capace di costruire qualcosa di unico e difficilmente ripetibile con i fan, che è stato uno dei fulcri che ha elevato il tutto. Immaginate di avere tutto questo e, al termine di un War Games Match, fargli dare appuntamento al pubblico a mercoledì per il commiato. Immaginate di instradare questo commiato nella maniera più semplice ma anche l’unica richiesta dal pubblico, anzi da quel rapporto tra tutti i coinvolti. Immaginate che tutto sia perfettamente pronto ad un saluto intimo eppure coinvolgente, di chi sta soffrendo davvero. E poi di farla troncare al suo apice da uno sconclusionato e totalmente estraneo segmento on-screen, dal valore risibile e semplicemente fuori luogo. Immaginate di affidare e relegare il giusto saluto a Twitter e alle immagini sgranate di uno spettatore.

Immaginate di fare tutto questo per il gusto del colpo di scena a tutti i costi e per l’atavica incapacità di riconoscenza, per l’ostracismo forzato per chiunque non sia più parte della squadra, per il piacere perverso di non concedere ai fan quello che meriterebbero, oltre che quello che vorrebbero. E ora chiedetevi: la decisione di chiudere così è da NXT o da WWE? È la risposta che cercavate, che potrà far piacere ad alcuni e meno piacere ad altri, che condanna già a priori i membri del nuovo NXT a tante cose ma che, sostanzialmente, è l’unica che ci verrà data. Sempre e comunque.

Scritto da Daniele La Spina
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