WWE Planet #911 – Le pagelle del 2020

L’anno scorso, di questi tempi, si diceva che la fine dell’anno è il momento giusto per fare dei bilanci e che le tradizioni vanno rispettate. Non sapevamo a cosa andavamo incontro e chi l’avrebbe detto che oggi, più che mai, aggrapparci alle tradizioni dà un senso di sicurezza. È stato un anno pieno di sorprese, soprattutto negative, quindi facciamola semplice: il 2020 della WWE in una pagella.
10 A “THE FIEND” BRAY WYATT
Non parliamo di un anno strepitoso, anche se c’è in mezzo una vittoria lampo del Titolo Universale, e nemmeno di una partenza straordinaria, visti i primi mesi. Eppure ha retto SmackDown quasi da solo per mesi ed è riuscito a raccontare una storia lunga un anno, se non una carriera. Un personaggio profondo come nessun altro, livelli di lettura molteplici e quasi mai lasciati al caso. Propone un racconto diverso, continuo, di cui discutere, di continuo. Non può durare per sempre e talvolta non basta a salvare la baracca, ma perlomeno dissemina di perle il porcile per provare a farci credere che dal letame a volte nascano i fiori, anzi i diamanti.
9 A DREW MCINTYRE
Ritrovarsi ad essere finalmente dove si merita in piena pandemia mondiale è difficile. Così come difficile è essere un Campione senza pubblico. Lo hanno provato con mano tutti, in tutte le compagnie. Eppure McIntyre non solo ha dimostrato di saper stare egregiamente dove la WWE non aveva mai voluto metterlo, ma soprattutto ha capito come fare il Campione in un’epoca del genere. Ci sono stati passi falsi, problemi causati e causatigli, ma se l’è cavata egregiamente; anzi, meglio di tutti.
8 A SASHA BANKS E BAYLEY
Hanno avuto la reggenza di SD in compartecipazione col Fiend, ma l’onere esclusivo di tenere (a stento) a galla la divisione femminile. Con la gravidanza di Becky Lynch, tutto è dipeso da loro che – con buona pace di chi le etichettava solo come ragazzine capricciose – hanno fatto di necessità virtù. Ciurlando nel manico finché potevano, per poi tirar fuori quello che ci dovevano da anni. E grazie tante.
7 A KEVIN OWENS
Il 2020 è sicuramente l’anno dell’abuso della parola “resilienza” ma francamente calza a pennello per KO: 12 mesi passati ad essere bersagliato costantemente da decisioni di booking da sciacquone. Eppure il Prizefighter riesce a uscire dalla discarica sempre con lo smoking immacolato, nonostante abbia passato l’anno impegnato in feud che era destinato a perdere. Tutto bello, se non fosse che nell’Alfabeto dell’anno scorso eravamo allo stesso punto e iniziamo a chiederci quando verrà di nuovo il suo momento.
6 ALL’UNDISPUTED ERA E AD NXT
Sufficienza piena, forse qualcosa in più. L’anno dell’UE è stata la perifrasi dell’anno di NXT. Messo contro un avversario tosto, tostissimo. Costretto a dimostrare sempre qualcosa, pur continuando a cercare un’identità (roster o vivaio) che nessuno si prende la briga di dargli. Nel dubbio NXT – così come O’Reilly, Fish, Strong e Cole – tira fuori match da annali ad ogni TakeOver e buoni show ogni mercoledì. Per quel che vale, nonostante quel che vale, e quasi senza soluzione di continuità.
5 A ROMAN REIGNS
Il classico voto d’incoraggiamento: 6 mesi dopo il ritorno nella nuova versione, serve qualcosa in più. Un miglioramento – che chi vede si sforza di vederlo – o perlomeno un tentativo di fare qualcosa oltre il compitino. La nuova gimmick funziona, l’abbiamo capito, e ci troviamo di fronte alla miglior versione del Big Dog, forse anche nella miglior condizione possibile. Per una volta val la pena raddoppiare, anziché lasciare.
4 A SETH ROLLINS
Nell’Alfabeto di un anno fa etichettavo il 2019 come l’anno peggiore di Rollins. Anche i migliori, a volte, sbagliano. Figuriamoci se non lo faccio io. Non che ci fosse bisogno di dimostrarlo con un anno tanto dimenticabile. Che poi se sei Seth Rollins, il tuo anno peggiore annovera comunque dei buoni sprazzi. E diciamo che una cosa meravigliosa ce l’hai regalata comunque: quella splendida creatura tirata fuori con Becky Lynch. Ma ora torna te stesso.
3 A LANA, CARMELLA E BOBBY LASHLEY
I primi nomi a sovvenire, tra i più sovraesposti, che hanno fatto di meno per meritarsi quell’esposizione. Potrebbero essercene tranquillamente altri (Lana potrebbe portarsi a braccetto Nia Jax, per esempio), ma tutti sono la dimostrazione che non è sempre colpa delle storyline proposte o delle scelte creative. In un 2020 in cui tutti e tre hanno attraversato rinascite narrative, raramente ho visto tanta refrattarietà al miglioramento. Tre performer mediocri, non sullo stesso livello ma mediocri, che possono archiviare l’ennesimo anno sotto la voce “Nessun passo avanti”.
2 ALLA DIVISIONE TAG TEAM
Qui torna a metterci lo zampino il processo creativo. Si è perso il conto dei tag team, maschili e femminili, splittati senza alcuna motivazione, senza un beneficio per uno dei due atleti e spesso senza nemmeno una storyline, un’idea, una scusa, una pezza giustificativa. Il tutto in un panorama che langue, anzi agonizza: tre Coppie di Cinture che, in pratica, nessuno vuole.
1 AL TEAM CREATIVO
La nota dolente della WWE da anni, forse decenni. Ma in questo 2020 ha dato il peggio di sé. Turbolenti cambiamenti di potere e riscritture dell’ultimo minuto. Praticamente non c’è stata una storyline la cui linearità non sia stata stravolta in nome del nulla e la logica gettata alle ortiche per far posto al nonsense. Un esercizio di follia giocato sulla pelle di spettatori in calo drastico. E chissà come mai.
0 ALLA GESTIONE DELLA PANDEMIA
Tentativi di portare il pubblico nonostante i divieti, protocolli anti contagio inesistenti, poi ignorati e poi ancora insufficienti, favori politici in cambio di deroghe, wrestler ricattati per tornare in azione, wrestler licenziati perché impossibilitati a raggiungere la concorrenza per mesi, dipendenti messi in aspettativa non pagata arbitrariamente, forzature contrattuali, rischi sanitari corsi per tornare comunque live, focolai. Serve altro? Tranquilli, sicuramente ho dimenticato qualcosa.
S.V. AI MATCH CINEMATOGRAFICI
Hanno fatto discutere molto e hanno polarizzato, all’inizio. Qualcuno ne parlava anche come il futuro del prodotto ma dopo pochi mesi e pochi esperimenti è stato facile rendersi conto di come sono e debbano restare un’eccezione. Funzionano solo se sono ben fatti, sensati e ben realizzati, altrimenti risultano stucchevoli e comunque nauseanti. Un’eccezione, dunque, tanto per confermare la regola, s’intende.
Sui voti avrete da ridire, su una cosa saremo però tutti d’accordo: l’augurio finale non può che essere quello di vivere insieme un 2021 che sia migliore del 2020, dal punto di vista della WWE, del wrestling ma non solo. Sperando di fare un bilancio migliore tra 360 e qualcosa giorni circa.