WWE Planet #1018 – Good Bye, SmackDown!

A valle del Draft, come sempre, Raw è stato favorito rispetto a SmackDown. Più che parlare del valore delle scelte, però, il grosso è dipeso dalle decisioni sui roster (e probabilmente dei Network sui roster). Raw si è liberata del suo problema più grande, il non avere un Campione. SmackDown ha invece acuito il proprio più ingombrante: avere Roman Reigns.
Non che nello specifico Reigns sia un problema, anzi. Dal punto di vista degli spettatori la scelta della WWE e di FOX, probabilmente arrivata di comune accordo, è logica. Le ripercussioni, però, restano su tutto il resto dello show. Vero o no che Reigns (così come Rousey e Lesnar all’inizio dell’accordo televisivo) sono utili ad attrarre il pubblico occasionale, essendo FOX in chiaro; dall’altro lato, resta vero anche che nella situazione particolare in cui è stato incastrato il Tribal Chief, è difficile che chi si sintonizza sullo show blu veda altro. E non vede altro nemmeno nei momenti, frequenti, in cui Reigns è assente. Esempi lampanti lo sono stati gli episodi di queste ultime settimane: con l’acuirsi della crisi della Bloodline dopo NOC, la storyline ha passato il solito avanzamento a singhiozzo. Nemmeno per uno snodo narrativo così importante, infatti, ci i è sforzati di avere Reigns tutte le settimane. Ma se c’è qualcosa in cui questo non ha fatto la differenza è stato l’impegno nel resto. Che Reigns ci fosse o non ci fosse, che la storyline andasse avanti o no, col consueto, cronico singhiozzo, SD non aveva altro da raccontare. Un po’ poco nelle puntate in cui “bastano” i samoani e le loro sorprese pre-fabbricate. Decisamente pochissimo nelle altre. Proprio da NOC e in generale dal post- Draft, questa difficoltà nel trovare alternative – o meglio, nel trovare il resto dello show – è aumentata. Credo sia difficile per tutti andare a ritroso e trovare l’ultima storyline che non riguardasse qualcuno della Famiglia nelle ultime settimane. Puntate intere dedicate a questo, con tanti segmenti dentro e fuori dal ring o altre puntate interamente dedicate ad asettici match di qualificazione al MITB.
Basti pensare all’episodio di questa settimana. Tralasciando la logica, che ci imporrebbe di considerare assurda la presenza di Solo Sikoa senza Roman Reigns – sfido chiunque a pensare che sarebbe furbo o sensato presenziare dove ci sono solo nemici, i più agguerriti, senza arrabbiarsi con il proprio compare che decide di stare a casa sul divano. Eco, da parte questo, nella puntata andata agli archivi, praticamente non è successo nulla. Nulla per la Bloodline, che a parte tirar fuori un buon segmentino post-match tra fratelli che si prendono a calci, non fa granché per la storyline. Nulla per tutti gli altri che, nonostante abbiano finalmente avuto spazio maggiore, si sono persi in un bicchier d’acqua.
Andiamo in ordine: i face continuano a essere stupidi e quindi Escobar esce a salvare Mysterio solo a fin match con Knight, non pensa che visto che Knight ha barato con lui la settimana prima, possa barare ancora. Il tutto per non far succedere niente, a parte una vittoria in più a casaccio per Knight, probabilmente solo in ottica MITB e poi ce ne dimenticheremo. Rousey e Baszler unificano i Titoli e cercano di far fare una bella figura alle sfidanti, che poi vengono sotterrate dal ritorno indietro di appena un mese che ci fa chiedere perché si sia fatto addirittura un torneo per riassegnare le Cinture di Coppia. Grayson Waller, sorvolerei per pietà. Di certo è abbastanza controintuitivo che gli sfidanti ai Titoli di Coppia vadano, a casaccio, contro uno dei team battuti la settimana prima e non abbiano nemmeno un confronto coi Campioni. Oltretutto nemmeno il team battuto per ultimo. Charlotte Flair, affronta una a caso e la storyline tra lei e Asuka è che Bianca Belair è incaz***a, il tutto all’insegna del “perché sì”. Sikoa, lo ricordiamo, da solo, decide di menare uno che è circa il doppio di lui senza motivo. Quindi l’amico lo sfida ad un match (brutto e lungo) che Sikoa fa finire in no contest con una mossa vista 14 volte negli ultimi 12 mesi con conseguenze di gran lunga inferiori. Senza storie pregresse, si presume senza grandi ripercussioni future. Insomma, se anche fosse andato a segno l’obiettivo di attirare pubblico occasionale e nuovo, la sfida che la WWE si lancia da sola è di farlo appassionare ad una storia, una qualsiasi di quelle che “racconta”. Difficile invece che chi vede il wrestling da più di 3 o 4 mesi possa gradire uno show così vuoto e senza meta, dove le cose più interessanti che succedono sono le blastate di Wade Barrett a Michael Cole.
Come nella pellicola “Good Bye, Lenin!”, se uno spettatore fosse caduto in coma per qualche mese e si risvegliasse adesso, probabilmente penserebbe di essere ancora in Road to WM e al massimo potrebbe chiedersi dove sia finito Cody Rhodes. Per non traumatizzare nessuno, la scelta è di rimanere immobili, in attesa forse del mondo nuovo o di chissà cosa. Non a caso, alle soglie di MITB, non c’è un match che riguardi esclusivamente SD in card, ad eccezione – tu guarda le coincidenze – della ribattezzata “Bloodline Civil War”. C’è di sbagliato persino nel nome, ironico.