WWE Planet #1016 – Qualunque nuova, buona nuova

WWE Planet

QUALCUNA NUOVA, BUONA NUOVA


Il detto dice nessuna nuova, buona nuova, è vero. Ma in un momento come quello della WWE, di grandi vuoti creativi seguiti da altri grandi vuoti creativi, qualsiasi cosa si muova in un’altra direzione, una qualsiasi altra direzione che non sia l’immobilità, è ben accetta.

Questa piccola ripartenza delle idee a Stamford si deve, sicuramente, in parte al ritorno di una Cintura per Raw. Lo show rosso ha infatti smesso di dover gravitare a forza attorno allo US Championship. La creazione del World Heavyweight Championship ha infatti ridato una collocazione al main event, una collocazione che mancava da praticamente 2 anni. Resta il lavoro da fare. Provare a scrollarsi di dosso, tramite Seth Rollins e il suo regno, la sensazione che sia un Titolo di Serie B o C, visto il pessimo lavoro fatto nelle tappe di creazione e poi d’avvicinamento all’incoronazione dell’Architect. Ma la sola presenza di un Titolo con i crismi di un Titolo Mondiale garantisce un interesse in kayfabe e dunque un motore, una motivazione. Si potrebbe ragionare sull’opportunità di rendere il Judgment Day il primo da far affrontare e battere a Rollins, ma diciamo che ci si può accontentare, andando per gradi come in una fase di recupero. Lo show del lunedì sera è evidentemente in convalescenza, dopo un lunghissimo periodo malato: non si può avere eccessiva fretta.

A cascata, questo libera mid e uppercarding dal dover stare a guardare mentre i grandi battibeccano sui loro Titoli. Il maggio spazio guadagnato da Kevin Owens e Sami Zayn – pur orfani dell’unica narrazione funzionante dal post-pandemia o quasi – è un toccasana che ha effetto per il 100% dei minuti che passano on-screen. Provando inoltre a imbastire qualcosa con l’Imperium e Riddle, che di per sé è un’ottima notizia. Riddle, esempio plastico di un act capace di mandare quasi da solo over Orton da face per la prima volta in carriera e accantonato una manciata di mesi dopo perché, banalmente, non si avevano idee. Le direzioni da prendere possono essere sempre sbagliate, l’errore è sempre plausibile oltre che infinitamente tollerabile. Lo è quanto meno molto di più del non muoversi proprio. L’effetto a catena sblocca slot su slot, spazi televisivi per tanti anche nel sottobosco non ne trovavano. Un contorno di vitale importanza per un appuntamento televisivo che non è mai stato in grado di superare l’imposto scoglio di 3 ore da riempire.

Si attende che a riprenda a muoversi anche SmackDown, a breve. La piccola iniezione avuta dai match di qualificazione per il MITB va lentamente ad esaurirsi. Ma diciamo che la prognosi potrebbe allungarsi ancora un po’, visto che la brillante idea dei vertici WWE è stata calare dall’alto Charlotte Flair nello show già impallato dall’unica cosa più ingombrante di lei. I venerdì sera di Fox sono ancora fermi, a rivoluzionare attorno al proprio asse-Bloodline, incapaci di proporre qualcosa che non sia mero riempitivo tra un segmento incoerente e l’altro dei samoani. Non che Raw ne sia esente, ma aver recuperato tutti i pioli della scaletta, almeno riesce ad uscirne con agilità, una volta pagata la “tassa Supershow”. Lo show blu resta al palo e proprio questo suo prolungarsi a tempo indeterminato nel girovagare a zonzo, sottolinea ulteriormente il passo avanti che è fare un qualsiasi passo in qualsiasi direzione.

Un sentimento da anno zero, un ricominciare come se si fosse appena usciti dagli anni più bui. Raw sta iniziando a farlo, cercando di mettere un piede dopo l’altro con il tentennamento di chi non la fa da tempo e l’insicurezza inevitabile di chi ha perso gli automatismi dell’abitudine. Con il grande se che impera sopra a tutto: è mancato il coraggio di raccontarci l’orrore come tale, ci sarà almeno quello di affrescare la liberazione con una qualità all’altezza del suo valore?

Scritto da Daniele La Spina
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