WWE Planet #1011 – Analisi e controanalisi

WWE Planet

Di tanto in tanto, alle analisi che vengono fatte, vengono contrapposte le motivazioni per cui una compagnia prende certe decisioni. Sono sempre legate al business, a quello che conta davvero, alla risposta del pubblico che magari agli analisti non piace ma che va rispettata e assecondata, al merchandise e all’investimento fatto. Il vantaggio delle analisi, però, è l’analizzare. Sempre. Anche questo.


Potrà piacere o non piacere che la WWE, come la AEW, Impact e qualsiasi altra compagnia, prenda dei personaggi e decida per un motivo legittimo o per l’altro di renderli cardine degli show. Se all’analisi può sfuggire la motivazione di fondo, che magari risiede in affidabilità comunicative o riscontri economici, come detto; è tuttavia impossibile che sfugga il grande lavoro di protezione, costruzione, assestamento e la qualità che la compagnia giustamente profonde per il proprio act di punta. Prendiamo la WWE. Dopo gli ultimi mesi, sicuramente non sbagliamo a pensare che – per motivi diversi ma tutti legittimi extra-ring – a Stamford si punti su Bianca Belair, Gunther, la Bloodline e Cody Rhodes.

Belair è Campionessa da oltre un anno, non è un segreto che la WWE punti forte su di lei e la forte presa sul pubblico giovane e femminile è ottima, riscontro che arriva anche e soprattutto dai dati di vendita del merchandising. Insomma, anche se non vi piace, funziona e vende. Sarebbe lecito aspettarsi, come naturalmente succede sempre in WWE, che la fine del suo regno serva a qualcosa di grane e importante. Difficile dire cosa, visto che attualmente ci si limita a non scrivere niente per lei. Dopo aver passato mesi di anonimato ad aggiungere +1 al suo regno, venendo snobbata dalla vincitrice della Rumble che pure aveva più senso affrontasse lei e non Flair, ora si limita a essere lo scoglio contro cui si schiantano le Damage Ctrl. Che non è granché, considerando che le Ctrl non hanno praticamente mai vinto contro nessuno di importante e si sono schiantate contro qualsiasi scoglio avuto davanti.

Gunther funziona da dio, piace al pubblico, trasversalmente. È un lottatore spettacolare e con presa immediata. Forse ha fatto storcere il naso la sua vittoria a WM ma non avendo un livello più alto in cui lanciarlo, in attesa che si sblocchi la siutazione dei Titoli Mondiali, resta a fare il dominatore con quello Intercontinentale. In una federazione convinta che basti ripetere a pappagallo: “È campione da N giorni” per rendere qualcuno interessante, però, è quasi un anno che è semplicemente il Campione che ammazza di Chop la gente. L’ultima storyline in cui ha partecipato, lui era persino il terzo incomodo e per il resto, gigioneggia con avversari di poco conto come Xavier Woods. Che dall’alto della loro personalità gli regalano ottimi incontri una tantum, che però lasciano il tempo che trovano per arco narrativo e profondità.

Sulla Bloodline è didascalico persino sottolineare che la WWE abbia messo tutte le fiches. Una stable che passa la maggior parte del tempo in contumacia del suo personaggio principale e che alterna momenti di grande fretta a ridosso di alcuni PLE, ad altri, eterni (come quello attuale) in cui ciurla nel manico aspettando di avere qualcosa da fare. In compenso cannibalizza il tempo televisivo di due show su due, senza mai trovare una sottotrama da esplorare in maniera sensata o dare una continuità a quelle sparute idee che vengono in mente. Tipo l’alleanza col JD o il fatto che Riddle fosse completamente solo ad affrontarli a SD dopo aver ricevuto l’aiuto di 6 altre persone nemmeno 5 giorni prima. Un continuo girare in tondo che aiuta solo a renderli indigesti, più che credibili.

Rhodes è il figliol prodigo che torna dopo aver sfidato il sistema, per cui ci si è subito spesi per metterlo sulla mappa. Ritorno in grande stile, incensato, tenuto presente e rilevante durante l’infortunio, datogli una Rumble. Ben oltre l’extra mile, per farlo diventare e rimanere uno dei punti d’interesse di Raw. Salvo farlo vincere, quello non sia mai, quando conta. E salvo anche dargli una storyline di senso compiuto. Era quello sbagliato a WM, ora è lui a prendersela con quello sbagliato dopo. Viene difficile pensare che la miglior cosa che il team creativo riesca a confezionare per l’American Nightmare, da gennaio a questa parte, è quella di fare promo contro un avversario che non c’è mai. Dopo Lesnar, insomma, la WWE rispolvererà il personaggio di Dio per farlo feudare in estate e fargli mantenere l’allenamento. No, storie con un capo e una coda, no, rischiano di fare intravedere coerenza.

Le analisi non potranno rivelare tutto di certe scelte, ma per esempio aiutano a sottolineare anche che di tempo e spazio per costruire cose interessanti con questi 4, nelle attuali versioni di Raw e SmackDown Supershow, ce ne sarebbe. Le partigianerie restano sempre quelle col difetto di omettere l’evidente a convenienza. Se siamo e dobbiamo essere tutti d’accordo che la WWE possa non puntare su quelli su cui punteremmo noi, pacificamente c’è da accettare che ultimamente sembra farlo nel modo sbagliato con quelli su cui vuole puntare. Sottolinearlo è onestà, prima ancora che critica.

Scritto da Daniele La Spina
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