WWE Planet #1002 – Promemoria: Royal Rumble

Ad una settimana dal primo appuntamento importante nel calendario WWE, la Royal Rumble, ci troviamo di fronte a tutto fuorché a degli show che stanno costruendo non uno ma ben due match a 30 persone. L’attenzione sarà anche dirottata a quel che accade a Stamford, più che sul ring, ma ad oggi si fa fatica a respirare il clima da Rumble. Perché se ne parla poco, perché ce ne si occupa meno e perché, di fatto, sembra che anche i personaggi delle storyline sappiano di non poterla vincere.


Il problema più grande è proprio questo. A 2 show di distanza dalla Rumble ci sono una quindicina di iscritti per la maschile e appena mezza dozzina per la femminile. Il resto della card è già delineato e, lasciando spazio alle entrare a sorpresa, restano comunque parecchi posti da riempire. Ma a convincere poco, prima ancora degli iscritti ufficiali – che sono di per sé sintomo di attenzione verso l’incontro dentro e fuori la kayfabe – è la modalità di esse. Non si è mai pretesa una domanda in carta bollata per entrare nella Rumble, ma almeno ci si rifà allo sforzo della dichiarazione d’intenti degli anni scorsi, quest’anno a stento abbozzata da alcuni: si va infatti da Kofi Kingston che si è iscritto addirittura a inizio dicembre, fino a McIntyre e Sheamus che lo hanno fatto via Twitter, passando per adesioni a mezza bocca tipo quella di Ripley e LeRae e per mega annunci alla Cody Rhodes. Senza mai dimenticare l’ormai “splendido” e ciclico personaggio di Ricochet a metà strada tra Oliver Twist e Bomber Picci, ad oggi l’unico a essersi qualificato tramite match. Un po’ troppo confusionario, specie se altri – vedi il trio Theory-Rollins-Lashley – lo accennano solo mentre proseguono la loro eterna storyline di cui non si vede la fine (nel senso che non si è mai ben capito che senso avesse e che tutt’ora non si capisce dove vada a parare). Il resto della card è delineato, con due risse reali non servono tanti incontri; c’è forse spazio per un altro slot, ma anche tre match sembrano più che sufficienti. L’indecifrabile Pitch Match tra Wyatt e Knight, in una storyline che sembra aver perso da tempo sia capo che coda, la difesa titolata di Belair con l’altrettanto a metà strada Bliss e sua maestà Roman Reigns, che ci farà persino il favore di presenziare e difendere il Titolo.

Ed ecco che forse i nodi vengono al pettine proprio in questi ultimi due casi. Al femminile l’impressione è che il poco riciclo di volti nel main eventing abbia portato alla solita situazione – comune anche, ad esempio, alla vigilia del MITB – di non sapere cosa fare visto che non si vuole cambiare lo status quo. Belair ha preso il posto di Banks nelle Four Horsewoman+Rousey e le altre sono sempre condannate a fare da comparse, laddove anche per le 3 rimaste vincere la Rumble sarebbe una ripetizione (nel caso di Lynch, comunque sempre più over di chiunque, e di Rousey) oppure ridondante (per Bayley). Se la WWE ha in mente di lanciare un nuovo prospetto, si è nascosta talmente bene che non ce n’è il minimo sentore. Ma la paura, molto più promettente, è che ci sia tanta voglia di sprecare anche questa Rumble, come fatto con le ultime valigette e RR. Al maschile, il presenziare per una volta non da statale di Reigns, toglie di mezzo uno dei possibili vincitori, ossia Kevin Owens. Non c’è da illudersi: nessuno avrebbe creduto più di tanto al coraggio della WWE di dare la Rumble a Owens e renderlo l’uomo che batterà il Samoano dei Samoani; ma almeno avrebbe creato dei momenti durante l’incontro di sospensione del risultato. Non ci saranno nemmeno quelli e, sottolineato che ad oggi non è chiaro se Zayn parteciperà, per lui ci sono ancora meno speranze che ciò accada. Potrebbe essere una svolta, darebbe una buona profondità alla sua storyline con la Bloodline, ma oltre ad esser qualcosa di parzialmente già visto (come per Batista e l’Evolution), richiederebbe una dose di coraggio e scrittura che attualmente sembrano stare al team creativo tanto quanto Vince McMahon sta all’astinenza sessuale. Insomma i candidati sono solamente quei due, i soliti, da agosto, forse da aprile: Cody Rhodes, annunciato in pompa magna per evitare il solito effetto di finta sorpresa ma massimizzare le vendite, e The Rock. Il primo con la certezza della presenza, il secondo con la solita presenza sovrannaturale. O uno o l’altro, con la sicurezza che si vada finalmente verso la fine del regno dell’orrore di Reigns a WrestleMania.

Non c’è da entrare nel merito, non finché non succede davvero. Ma questo scenario ci regala una Rumble con poche pretese e meno pretendenti. Non ci si dà la pena di costruirla, con quasi nessuna storia che si legherà a doppio filo con l’andamento della serata e praticamente tutti gli altri act che la vedono come impiccio, mentre s’impegnano nei loro feud tra l’altro spesso molto poveri di significato. Sembra più spuntata fuori come una notifica da promemoria sul telefono di tutti, che come un vero progetto su cui ragionare. Non c’era bisogno di grandi cose, magari solo di farci credere che a qualcun altro interessasse della Rumble. Qualcun altro oltre a noi, s’intende.

Daniele La Spina
Daniele La Spina
Una mattina ho visto The Undertaker lanciare Brock Lesnar contro la scenografia dello stage. Difficile non rimanere incollato. Per Tuttowrestling: SmackDown reporter, co-redattore del WWE Planet, co-presentatore del TW2Night!. Altrove telecronista di volley, calcio, pallacanestro, pallavolo e motori.
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