The Hard Truth #8 – Nemico pubblico

The Hard Truth

THIS-IS-AWE-SOME!!!  THIS-IS-AWE-SOME!!!


Ad ogni minima pausa dopo uno scambio di manovre a ritmi vertiginosi, il coro colma i recessi di tutte le arene tanto fortunate da ospitare lo sport più emozionante del mondo. Vi piace, vero? E’ un apprezzamento di quanto gli atleti stanno facendo per divertire gli spettatori, col loro fuoco di fila di mosse e contromosse, scintillanti coreografie, performance tanto trascinanti da incantare chi assiste e farlo gridare per averne di più. Vi immaginate i cuori dei wrestler gonfi di gioia nel sapere che l’audience adora quanto stanno mettendo in scena. E invece no. Gli interessati non lo danno a vedere, ma dentro di loro stanno bollendo di rabbia nel realizzare che i loro sforzi sfumano inesorabilmente nel vento. Loro non vogliono fini intenditori che si ergano a giudici di un elegante gala di ginnastica artistica, ma un’armata di Fanciullini che perdano la voce e la compostezza nel tifare i propri preferiti. E’ solo il più comune dei casi in cui i fan non compiono il proprio dovere, di quando la folla non costituisce un valore aggiunto ma la zavorra che trascina a fondo il prodotto. Un pubblico troppo consapevole. Un pubblico nemico.

“Ma il wrestling non può esistere senza un pubblico che assiste alle evoluzioni dei lottatori! E’ un’arte performativa che ha senso solo quando si svolge dal vivo!”, dirà il conformista smartone medio, varcando la soglia della caverna in cui ha vissuto negli ultimi 4 anni. Il Covid ci ha dimostrato che uno show può essere portato avanti, per cause di forza maggiore, anche senza una singola persona ad assistere. Abbiamo avuto un’intera edizione di Wrestlemania tenuta in una palestra vuota come le tasche di Vince McMahon; abbiamo avuto un anno intero di card dove pugnaci agonisti si davano guerra davanti ai fantasmi degli spettatori perduti. E la sapete una cosa? Non è stato così male. Certo un vivo e sincero fervore non può essere rimpiazzato da una manciata di figuranti prezzolati dal Boss, o un pugno di nerd ripresi davanti al proprio pc, ma quanti bruciori di stomaco ci siamo evitati non ascoltando i troll maledetti infarcire di WHAT? il promo di un heel che cerca di farsi valere? Quanto sollievo nell’anima ci ha dato non sentire gli YES, gli YEAH, gli YEET o qualunque tormentone malsano concepito da una mente perversa?

Perchè questo è il nocciolo del problema: il pubblico va bene e può risultare utile, ma solo a determinate condizioni. Deve essere appassionato ma non invadente, chiassoso ma non volgare, deve godersi lo show ma non diventare esso stesso lo show. Mai e poi mai un’arena deve diventare ostaggio di un nugolo di esibizionisti pronti a tutto per mettersi in mostra, dirottando l’attenzione da ciò che succede sul ring: troppe volte abbiamo visto abomini come la ola a match in corso, i cori verso se stessi, i palloni da spiaggia lanciati tra le gradinate per manifestare disprezzo e indifferenza agli atleti. Altrettanto sbagliato è mostrare un entusiasmo esagerato, forzato, innaturale che travalica i limiti del buon senso. Ho ancora gli incubi a ripensare agli spettatori francesi che hanno funestato il recente PLE da Lione. Quanti conteggi di 2 possono esserci nel corso di un ppv? Un centinaio? E ci credete che ad OGNUNO di essi i nostri cugini d’Oltralpe hanno intonato il coro “Seulement deux!”, urlando e battendo ritmicamente le mani  per 30 secondi buoni? Roba da far uscire di testa noi poveracci che seguivamo da casa.

Potremmo aprire un dibattito su quale pubblico sia da considerare il peggiore del mondo, e non giungeremmo mai a una conclusione. I Mangiarane che per 50 minuti di seguito hanno cantato le lodi di AJ Styles, in teoria il cattivo della situazione contro il face amatissimo Cody? Gli abominevoli inglesi che imprimono il marchio di infamia ad ogni card con la loro mentalità da teppisti e canti da hooligans a favore dei peggiori puzzoni del roster? Gli italiani beceri e rozzi che, nell’unico Raw che abbiamo avuto il piacere di accogliere su suolo nazionale, ci hanno svergognato agli occhi del globo gridando canzonacce da osteria alle Divas a bordoring? I canadesi che sembrano vivere a Mondo Bizarro, comportandosi sempre all’esatto contrario di come un fan dotato di raziocinio sarebbe tenuto a fare? Oppure i bifolchi americani le cui ottuse smanie ed intemperanze sono entrate con segno indelebile nel folklore più oscuro della disciplina?

Se esistesse un inferno nel wrestling, la sua entrata sarebbe a Chicago, in quella cloaca ribollente di melma dove vige il culto satanico per un mascalzone che brucia le federazioni dall’interno e travia le menti dei fan; e il suo centro si troverebbe al Madison Square Garden, palazzetto dei sogni deturpato dai folli esaltati che 20 anni fa uccisero per puro capriccio il dream match fra due leggende al top della forma. Ma ancora più in basso, nelle fauci di Lucifero stesso troveremmo l’arena ECW coi suoi talebani, un’orda di disadattati che condividono in mille un solo cervello, tanto malvagi da inneggiare a sanguinamenti, mutilazioni e pazzi barboni raccattati alle fermate della metropolitana. E certamente non entrerebbe nel Paradiso delle arene virtuose il catino di NXT, col suo pubblico tossico, bizzoso, radical chic che tanto male ha fatto all’industria stroncando le carriere di potenziali campioni e lanciando quelle di perfetti incapaci senza arte nè parte.

E se la WWE piange, la AEW non ride. Lo spirito identitario porta a rinchiudersi in una setta accanita, escludendo tutto ciò che non si conforma ai propri gusti elitari. Possiamo lamentarci finchè vogliamo di Rhodes, della sua ipocrisia, del suo grigiore da impiegatuccio, ma quanto sarebbe diverso oggi il panorama del wrestling se il movimento zelota anti-major non l’avesse contestato per mesi in modo spietato mentre cercava di fare il suo meglio, esasperandolo tanto da costringerlo a bruciare i ponti con la compagnia che aveva fondato? Ed è possibile che non si capisca che gridare “Fight Forever” ai match di 50 minuti è un’usanza perniciosa e malsana? Un vero tifoso sportivo dovrebbe sperare che l’incontro finisca presto con la vittoria del suo preferito: che senso ha volerlo prolungare all’infinito, a meno di fregarsene del risultato e appartenere a quella razza dannata che si appaga solo nel catalogare e valutare le mosse?

Sono migliaia gli atteggiamenti sbagliati da parte dei fan, e occorrerebbero decine di articoli per esporne anche solo una minima parte, ma tutti sono riconducibili ad una tara di fondo: essere smart. Solo chi è lobotomizzato da Meltzer può avere l’idea di contestare il top face per partito preso, come è successo ai migliori degli ultimi 30 anni, da Cena a Reigns e perfino ad Hulk Hogan in WCW; solo chi non crede nel wrestling può assistere ad un grudge match incitando entrambi i rivali contemporaneamente, mostrando sdegno supremo per la faida alla base della contesa; solo chi non rispetta la disciplina può pensare di tifare un atleta perchè fa i suplex migliori degli altri, infischiandosene se è alto come un paletto, ha il carisma di un comodino e pesa come un coniglio bagnato. Ma adesso la misura è colma. E’ giunto il momento di porre un freno a questo nocivo costume che tanto sangue amaro ci ha procurato negli anni.

Prendiamo in mano le chiavi del business e imponiamo le più draconiane misure, per salvare l’essenza del nostro sport preferito. Se il futuro è in mano agli ottenni, apriamo gli stadi ai fanciulli e alle loro famiglie, e che l’aere risuoni delle loro voci argentine invece che dei grossolani grugniti di panzoni trucidi che imbrattano di pizza i sedili. Istituiamo severi e inflessibili test di ingresso nei palazzetti, per valutare come si comporterà chi sta per entrare: se qualcuno a precisa domanda risponde che il wrestling è finto, e se come suoi preferiti indica i fantocci di internet e fra quelli più odiati gli eroi della federazione, deve essere rispedito a pedate nella sua cameretta, a costo di rimborsargli il biglietto e fare entrare al suo posto ragazze e bambini. Perche il lavoro dello spettatore è serio come quello del wrestler: richiede la tempra di un anacoreta, purezza di cuore e di mente, amore per i sani principi e odio per le crudeltà umane. Se non si tifa come si deve, è meglio non esserci proprio.

E lo potete gridare in coro, che questa è la verità.


ISCRIVITI AL NOSTRO CANALE WHATSAPP UFFICIALE: https://whatsapp.com/channel/0029VaE6VKfLI8YfGSitF01t

ISCRIVITI AL NOSTRO CANALE TELEGRAM UFFICIALE: https://t.me/tuttowrestling

Scritto da Federico “Colosso” Moroni
Parliamo di: ,