Piper’s Pit#83 – Viaggio nel Belpaese del wrestling con Martin Catania

Bentornati ad un nuovo numero del Piper’s Pit! Oggi torniamo ad occuparci del panorama italiano, intervistando l’amico Martin Catania, musicista per passione, istruttore di arti marziali per professione che, da qualche tempo, ha iniziato a cimentarsi anche nel wrestling.
Per prima cosa raccontaci un po’ del tuo percorso professionale al di là del wrestling.
Ciao a tutti! Parto col dire che è davvero un piacere trovarmi per la prima volta su Tuttowrestling e vi ringrazio. Come hai già detto nell’introduzione sono un istruttore di arti marziali per professione e ormai svolgo questa attività da diversi anni, diciamo che ho realizzato il sogno di trasformare la mia passione nel mio lavoro, ovviamente non senza difficoltà e sfide che mi hanno sempre messo a dura prova richiedendo impegno e dedizione (l’arte marziale dà tanto, ma ti insegna realmente qualcosa quando ti mette davanti a sconfitte e delusioni, lì si trova la crescita). Ho iniziato a praticare arti marziali da ragazzino all’età di 14 anni e la prima disciplina nella quale mi cimentai con serietà fu la shooto (Satoru Sayama fu infatti fin da subito uno dei miei idoli), passando poi al grappling e alle MMA. Tra agonismo, viaggi, allenamenti continui, cambi di palestre, avventure e disavventure ho finito per formarmi, negli anni, in diverse discipline marziali fino a trovare la mia strada “definitiva” nel Kali filippino. Ad oggi sono una cintura nera quarto dan di Kali, stile Kombatan.
Da quanto tempo hai iniziato a cimentarti nel wrestling? Come hai maturato questa decisione? Ne sei sempre stato un appassionato?
Al momento dell’intervista pratico wrestling da due anni, ma è un percorso che in realtà iniziai molto tempo prima trovandomi però costretto a interromperlo, mio malgrado, prematuramente. Nel 2011, infatti, mi avvicinai per la prima volta alla scena del wrestling italiano allenandomi per un anno con la TCW, ma nello stesso periodo mi trovavo impegnatissimo nell’agonismo sportivo di grappling ed MMA e, vista la grande richiesta di impegno e sforzi di quel percorso legato agli sport da combattimento, mi trovai costretto a fare una scelta e dovetti abbandonare il sogno di diventare un pro wrestler, dedicandomi quindi al 100% alle arti marziali. Un paio d’anni fa però mi son lasciato trascinare nuovamente da quel sogno che avevo continuato a covare in me e quindi ho deciso di ricominciare ad allenarmi nel wrestling ripartendo da zero, sempre con la TCW. Prima ancora di essere un praticante, sono un grande appassionato di wrestling e seguo questo mondo, un po’ come tantissimi altri fan, da quando ero solamente un bambino. Il wrestling è un desiderio ardente, che continuava a bruciare in me con quell’idea del dare spettacolo e intrattenere, di sfoggiare un lato di sé sicuramente impossibile da esprimere nella vita di tutti i giorni. Indossare una maschera, vera o metaforica che sia, e raccontare una storia che arrivi a toccare le corde del cuore di chi guarda e ne è parte attiva in quanto pubblico. Lo trovo magnifico.
Parlaci un po’ delle tue prime esperienze, delle gimmick che hai interpretato e delle federazioni con le quali collabori.
Al momento mi sto facendo i denti con dei ruoli che in qualche maniera si addicono al meglio alla mia immagine strettamente legata alle arti marziali. Con Tana delle Tigri interpreto principalmente Tiger Mask (quando non sono presente viene interpretato da un altro performer), mentre in una sola occasione ho interpretato anche Re Tigre. Con la TCW invece ho interpretato in due occasioni White Ice, controparte del ben più famoso Black Ice, e speriamo presto ci sia una resa dei conti, eh eh.
La tua esperienza si è rivelata come te l’aspettavi?
La prima volta su un ring di wrestling ci si sente completamente spiazzati. Si viene travolti dagli stimoli, dall’adrenalina e da tutta una serie di pensieri che ti scorrono nel cervello alla velocità della luce. Bisogna dare una grandissima prova di lucidità, gestione degli spazi e sensibilità nei confronti del proprio “avversario”. Contrariamente agli sport da combattimento, dove l’obiettivo è chiaramente sconfiggere il proprio avversario, nel wrestling si deve dare spettacolo e raccontare una storia stando ben attento sia alla propria sicurezza che a quella degli atleti con i quali si sta facendo lo show, e tutto ciò richiede una preparazione particolare e profonda. In TCW in genere mi affido totalmente alle direttive che mi vengono date, quindi ho dei binari ben precisi sui quali viaggiare. Mentre in Tana delle Tigri ho una libertà creativa maggiore, e ciò mi serve anche da allenamento sul campo per imparare a muovermi con le mie gambe. Il botch all’inizio è normalissimo, e sbagliare davanti a un pubblico che guarda ogni tua mossa penso sia il migliore dei maestri. Il ring insegna a uscire dalla propria comfort zone, ti dà una lezione di vita.
Come vedi attualmente la situazione italiana? Mi sembra che finalmente qualcosa abbia ricominciato a muoversi, sia a livello di lottatori che di pubblico, come ha dimostrato il recente live event di Bologna.
Penso anch’io, con gioia e ottimismo, che il wrestling in italia stia ritrovando la via. Magari non raggiungeremo nuovamente il boom dei primi anni del nuovo millennio, le condizioni oggi sono nettamente diverse, però ci sono tutte le carte in tavola per far sì che il nostro amato sport riceva le giuste attenzioni mediatiche e arrivi a imporsi nel nostro paese riportando sul territorio grandi eventi e la WWE ha dato un segnale molto eloquente dopo il live show di Bologna. La scena italiana la sto conoscendo dall’interno, e anche su questo versante vedo una crescita costante, con federazioni e promotion che riescono anche a inanellare eventi con palazzetti gremiti di pubblico e fan ed è un’ottima cosa. Mentre nelle realtà più piccole vedo comunque un ottimo livello tecnico e una base inossidabile di fan sfegatati. Voglio essere ottimista e crederci.
Svelaci un po’ qualche segreto su come un atleta si prepari ai match. Anche a livello dilettantistico l’incontro viene preparato minuziosamente? Dicci qualcosa che spesso sfugge all’occhio del tifoso.
Il pro wrestling è estremamente tecnico anche e soprattutto nella preparazione di un match e in ciò che avviene prima dello show. Senza svelare tutta l’impalcatura che c’è dietro (anche perché ci si potrebbe scrivere un’enciclopedia) parlerò solo dell’incontro in sé prendendo un esempio molto semplice: un match singolo tra due lottatori. Si parte esaminando i ruoli dei lottatori che si confronteranno, la storyline che dovranno seguire, se è un match tra face e heel, o se hanno lo stesso allineamento, e questo può incidere pesantemente sulle fasi del match (un incontro, per regola, ha delle “fasi” ben precise, altro discorso sul quale ci si potrebbe soffermare a lungo). Sbrigato tutto il discorso booking e le richieste del team creativo, starà ai due lottatori preparare il loro incontro e questa fase è incredibilmente affascinante e divertente. Ci si confronta, ci si chiede quali siano le proprie mosse, le trademark, le finisher, se si han problemi a subire una determinata mossa o bump e fino a dove ci si può spingere. La fase in cui i due lottatori si “conoscono” è fondamentale. Nel caso dei worker che girano molto questo può avvenire anche pochissime ore prima di uno show, dando ben poco tempo ai professionisti di prepararsi, che quindi dovranno anche improvvisare intere parti del match affidandosi alla loro conoscenza delle fasi dell’incontro (e seguendo le linee guida ricevute dal direttivo, quali spot particolari e chiaramente il risultato del match). Per quanto riguarda invece i lottatori che si allenano anche insieme ovviamente essi avranno molto più tempo per preparare un incontro e saranno facilitati dal fatto di conoscersi già bene. Quando prepari un match, inoltre, ti viene chiaramente comunicata la sua durata totale, quindi si deve rimanere entro certi limiti ben precisi per non sforare nell’orario e sballare tutta la programmazione. Prepararlo a “memoria” è sbagliato, o meglio, va bene per principianti come me, ma dopo aver guadagnato esperienza si inizia ad andare per fasi e le uniche cose da memorizzare sono spot ben precisi che non si possono mancare perché molto importanti nell’economia della storia che si sta raccontando con quell’incontro. Ci sarebbe tantissimo da dire su quest’argomento.
Come puoi descrivere il tuo stile di combattimento?
Sto sviluppando un misto tra l’high flyer e il tecnico. Venendo dalle arti marziali mi è sempre piaciuto il dinamismo nell’azione, quindi cerco di portarlo anche nel wrestling affidandomi a mosse volanti quali l’head scissor, la cazadora, la famouser (una delle mie finisher), il sunset flip, l’hurracarana o il dropkick, e contemporaneamente amo proiezioni come il Michinoku driver, la blue thunderbomb, la powerslam e altre. Volando basso invece mi affido spesso a ddt e neckbreaker vari, che per un principiante van benissimo, cosi non faccio danni ah ah.
Quali sono stati i tuoi lottatori preferiti del passato e del presente?
Essendo cresciuto con la WWE inizialmente i miei idoli erano Eddie Guerrero, Triple H, Shawn Michaels e Undertaker. In età adulta invece ho iniziato ad apprezzare molto di più personalità e particolarità tecniche più ricercate, quindi ho iniziato a seguire tantissimo e riscoprire dal passato lottatori come Bret Hart, Ric Flair, Razor Ramon, Owen Hart, Chris Jericho, Rob Van Dam, Kurt Angle, i Dudley Boyz, Ultimo Dragon, Tiger Mask di Satoru Sayama chiaramente, Dynamite Kid, Jushin Liger e tantissimi altri. Il preferito in assoluto però rimane Triple H, ha cambiato la mia infanzia, mi ha influenzato tantissimo e al giorno d’oggi si deve a lui la rinascita della WWE.
Parlaci dei tuoi programmi futuri.
Divertirmi, fare esperienza, mostrare il meglio di me e meritarmi le mie occasioni. Sarà un bel percorso.
Spazio finale per saluti e per aggiungere tutto quello che vuoi.
Ringrazio ancora una volta la redazione, in particolare Johnny, per lo spazio su queste pagine. Saluto i miei compagni d’allenamento, in particolare Fabio e Christian con i quali ormai facciamo danni insieme da un po’ di tempo. Ho dato una visione del wrestling dagli occhi di un praticante ancora considerabile alle prime armi, quindi un veterano avrebbe sicuramente saputo spiegare meglio certi passaggi, ma è parte del percorso, si impara da tutto e da tutti. Per me l’esperienza sul campo è il miglior insegnante, quindi sono sempre disponibile per show ed eventi, mi trovate come Martin Catania su Facebook (Il profilo attuale aggiornato, non quello vecchissimo che non ho più modo di cancellare eh eh), e trovate, sempre su Facebook anche la pagina della mia attività, Kombatan kali – Brianza, sulla quale potete scrivermi liberamente per prendere contatto. Grazie a tutti e viva il wrestling!
“I have wined and dined with kings and queens and I’ve slept in alleys and dined on pork and beans”.
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