Gorilla Position #26 – Bad Judgment Day

Nel Gorilla Position il mio obiettivo è sempre quello di far riflettere sulle strutture narrative delle storyline che ci troviamo a commentare. O sulla costruzione dei personaggi che ne fanno parte. L’equazione è sempre quella per cui ciò che vediamo su un ring deve avere senso nell’ottica di una storia che faccia parlare i personaggi e che, in un modo o nell’altro, li valorizzi. Uno dei “casi” dell’ultimo periodo riguarda Extreme Rules e il match tra Edge e Finn Bàlor, che per molti è stato un fulgido esempio di storytelling. Mentre per me ha rappresentato l’acme di un fallimento narrativo piuttosto importante.


NELLE PUNTATE PRECEDENTI

Riassumendo un po’ la genesi del match di Extreme Rules, possiamo dire che il Judgment Day era nato da un’idea di Edge. Era la sua stable, in cui dopo un bizzarro turn heel collimato con la vittoria con AJ Styles a Wrestlemania, aveva riunito upper level finiti un po’ nel dimenticatoio come Damian Priest e Rhea Ripley. Quest’ultima, in grado di aiutare il leader a ottenere un ulteriore successo contro il Phenomenal One. In questa prima fase, il JD viveva del proprio fondatore: Edge era il padre e padrone di un gruppo che altrimenti non aveva identità, ma speranze. Non aveva obiettivi né posti specifici nella card. Non aveva una storia, in parole povere.

Una storia che si reggesse in piedi. Anche perché andava contro a ciò che il ritorno di Edge aveva rappresentato per il WWE Universe. A me la lacrimuccia era scesa il giorno in cui aveva annunciato “I have to retire”. E al suo ritorno, potevi giocarti in mille modi il ruolo della leggenda che rivendica quello che un tempo era stato il suo territorio. E non uno qualunque, tra titoli mondiali, personaggi e match che hanno scritto la storia. Una storia ricca di avvenimenti e colpi di scena, di sotterfugi e manipolazioni, di violenza e pazzia. Una storia “extreme” potremmo dire. Ma Edge si ritira, passano gli anni (tanti) e alla fine il canadese a furor di popolo si riappropria del palcoscenico che è suo. Per chiudere come si compete a una leggenda del suo calibro, per portare a termine un percorso lasciato incompiuto.

E da lì, un calando clamoroso, fatto di promo vuoti, di turn dal retrogusto di nullità, da feud senza né capo né coda. Perché Edge non deve puntare a un ultimo titolo? Una storia che si scrive da sola, “I have to retire”, rinunciando al titolo e ai sogni di gloria. Torni dopo che ci eravamo promessi di non vederci mai più, tra le lacrime e cosa fai? Banalizzi. Svuoti il personaggio di Edge di tutta quella profondità che aveva dal punto di vista emotivo, invece di raccontarne una meritata e leggendaria redemption, declinabile in duecento e passa modalità (campione, sconfitto ma “resiliente”, maestro-allievo, mentore per una stable etc).

E lo rendi un fenomeno da baraccone, palesemente finto e costruito, che fa un retirement tour tra match più grandi di sempre (spoiler: non è vero), narrazioni bislacche per combattere con la moglie e, ora, un feud con una stable di gente senza né arte né parte. Però ridono.

BAD JUDGMENT DAY

Perché dopo la parentesi con AJ Styles, nel disegno del Giorno del Giudizio si inserisce Finn Bàlor, che spodesta Edge dal suo trono dell’oscurità. Senza motivo, senza costruzione, random, un po’ a cazzo di cane. Ma tant’è: che sia giunto il momento in cui Finn avrà quel che si merita? Ma no. Che vai a pensare. Settimane e settimane di baby gang che bullizza padre e figlio Made in Mexico. Però ridono. E continuano a ridere anche quando il vecchio leader torna dopo un periodo di pausa.

Che sia arrivato il momento in cui finalmente si darà vita a un feud sensato in cui si cerca di valorizzare le parti in causa? Che si usino Edge e Rey Mysterio per dare rilevanza a Priest, Bàlor e Ripley? No. Ma che vai a pensare. Il Judgment Day non vince manco sotto tortura. Summerslam, tag team match, No Disqualification, occasione perfetta per far vincere la stable heel contro i Mysterios. E invece no. Il ritorno della Rated R Superstar costa il match ai ribelli, che perdono ancora anche a Clash at the Castle in modo ancora più ridicolo. Dominik Mysterio fa vincere il padre ed Edge salvo poi turnare su di loro per unirsi al Judgment Day e alla sua adorata mistress Rhea Ripley.

Una scrittura tutta al contrario per cui non c’è trama ma solo effetto sorpresa. Che sia un ritorno, che sia un turn. Le interferenze non sono funzionali e consequenziali all’incontro, ma è l’incontro a vivere nell’attesa che succeda qualcosa. Perché in background non c’è niente che gira. Non c’è caratterizzazione, viene completamente ignorata la statura dei personaggi, la loro biografia, le loro specificità. Ed è vero che nel wrestling vige la regola della dimenticanza, ma prima o poi i nodi vengono al pettine.

EXTREME RULES – ANALISI DEL MATCH

Ed è così che arriviamo a Extreme Rules. In cui appunto, a parere di chi vi scrive, si sono frantumate tutte le crepe narrative di cui ho parlato sinora. I Quit Match, Finn Bàlor contro Edge, ma sappiamo tutti benissimo che non sarà un match lineare. Anche perché un face di solito lo vince questo tipo di match. Quindi succederà qualcosa. E l’incontro si divide in 20 minuti lentissimi e completamente irrilevanti, prima che poi inizino i fuochi d’artificio.

Arrivano tutti, dal Judgment Day a Rey Mysterio a Beth Phoenix e chi più ne ha più ne metta. E gli heel stavolta massacrano senza appello i face che ne escono con le ossa rotte e il job title di scemo del villaggio nel curriculum. Fino al gran finale, magnifico, enfatico, emotivamente disturbante. Ma senza il minimo senso storico. Perché Edge viene ammanettato e poi costretto alla resa pena la decapitazione della moglie. Che poi puntualmente, indovina indovinello, avviene lo stesso. Wow, che storytelling, che interpretazione pazzesca, che scena shockante. Tutto fumo negli occhi, a parere di chi vi scrive.

Perché? Perché non ha nessun senso alla luce dei personaggi coinvolti. Ricordate cos’abbiamo detto di Edge? Rated R, heel storico, ha vinto tutto. E anche senza aprire i libri di storia, era turnato heel l’altro ieri. Cazzutissimo. Ritorna face e diventa un pivello alle prime armi. Signor Copeland, between you and I, tu che hai vinto titoli in ogni modo possibile e immaginabile e che hai evaso ogni regola possibile e immaginabile… davvero ti fai ammanettare così? Davvero non hai pronto un piano B sapendo che interverranno in 4 contro di te? Davvero presumi che non prenderanno a sediate tua moglie solo perché da bravo umiliato dici I Quit?

Bontà divina. Lo stesso dicasi per Rey Mysterio, preso a schiaffi per mandare over il figlio manichino. Il messicano cade in ogni sorta di tranello come un face alle prime armi. Poi cambia show, va a SmackDown! e improvvisamente riapre il playbook del magheggio e vince contro Ludwig Kaiser. In questa storia siamo nell’ambito di ingenua stupidità di un film per bambini, in cui hai l’eroe, cui catturano la principessa e lo minacciano, lui si arrende e i cattivi, brutti e meschini, la rapiscono lo stesso. In attesa della redemption finale in cui il buono, dopo essersi leccato le ferite, recupera la propria tempra e va a fare pelo e contropelo ai cattivi.

“Non farlo, ti prego”, disse il principe all’orco.
“Ahaha, povero pivello, arrenditi e concedimi il tuo regno, la principessa sarà salva”, rispose l’orco brandendo la sua mazza sul candido collo della dama.
“E va bene, mi arrendo, eccoti le chiavi del mio regno. Ma lasciala andare!”, gridò il principe divincolandosi dalle manette che lo tenevano legato.
L’orco scoppiò a ridere, prese le chiavi dorate e se ne andò, imprigionando la principessa sul suo carro.

Capitan Uncino si fece rivelare da Trilli la location del nascondiglio di Peter Pan, con la promessa di non toccarlo con dito o uncino. E poi Uncino gli manda una bomba. Ci vedete grandi differenze? Io no. Non c’è maturità narrativa in questa storia. Non c’è obiettivo, non c’è tema, non c’è evoluzione, non c’è personalità. Trilli fa la figura della boccalona, per esigenza narrativa, la stessa cosa fa Edge, che però non è una fatina delle favole, ma un wrestler con una storia e una vita in ring.

Veniamo da una settimana in cui MJF e Regal ci hanno parlato di anni interi della loro vita in un promo. In cui hanno portato sul ring la loro biografia e hanno sedimentato gli stessi concetti di rivincita e di riscatto, ma a partire dalla loro realtà, da chi sono. E gridiamo al miracolo, perché la finzione scenica è consequenziale di una realtà che stanno raccontando. E questo crea identificazione.

Sono i personaggi a scrivere la storia, a renderla loro, a far valere il loro vissuto e le loro ambizioni, non il viceversa. E proprio per questo ha senso anche il fatto che, a volte, l’heel abbia il favore del pubblico mentre il face no e l’uno parli con argomenti che di solito usa l’altro. Qui abbiamo visto, in maniera del tutto insensata e non consequenziale, i face vincere in stipulazioni da heel e in modalità da heel, mentre gli heel hanno vinto nella stipulazione per eccellenza in cui narrativamente deve vincere il face. Perché dopo mille avversità, il face vince perché non si arrende. Perché tutte le batoste patite ne hanno corroborato la vigoria e ora è il momento del riscatto. In cui vinco, vinco bene e a modo mio, senza volare. Facendo sì che tu ti arrenda e dichiari ai quattro venti “Sono un baccalà!”.

Che la riuscita visiva sia stata egualmente di impatto non v’è dubbio alcuno. Edge ha interpretato fantasticamente il ruolo. E lo farà anche come Ares in Percy Jackson, ora che prenderà una pausa. Ma guardando oltre l’apparenza di una scena visivamente impattante, dietro quella sedia e quella situazione c’era il nulla. Ed è un nulla che vediamo anche ora che della battaglia è rimasto ben poco. Nessuno dei partecipanti ha beneficiato della situazione. Forse il solo Dominik che è passato da 0 a 0 virgola. Ma per il resto, la vacuità di personaggi e situazioni è rimasta e rimane inalterata. Ed è paradossale, visti i performer coinvolti. Che però ridono.

Con questa disamina, che comunque rimane pur sempre la mia personale opinione, si conclude il Gorilla Position di questo mese. Buon wrestling a tutti!

Andrea Samele
Andrea Samele
Laureato in filosofia, amante della creatività, della scrittura e del suono musicale di una chop. Appassionato di wrestling di lunga data per la capacità di creare personaggi e storyline in grado di coinvolgere gli spettatori. Per Tuttowrestling.com curo l'AEW Planet.
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