Marx in Egitto
Inviato: 28/02/2011, 23:51
1) Se non sono rivolte di classe dove possono portare? Se la classe non incide con le sue proposte sulle rivolte, e ora nella fase post-rivolta, quali saranno le proposte in campo? E soprattutto, se non sono i lavoratori, chi determinerà i livelli di proposta politica che verranno presi in considerazione?
2) Una rivolta interclassista può avere delle proposte politiche interclassiste, o più probabilmente alla fine la classe che saprà emergere come più forte inciderà sul futuro dei governi?
3) Come è stato possibile che delle rivolte pacifiche siano giunte al potere? Dopo una media di trent’anni di egemonia politica per rais, è davvero possibile che due settimane di mobilitazioni di piazza siano bastate a far crollare regimi appunto ultradecennali e apparentemente fedeli all’occidente?
4) Come è possibile che degli apparati militari apertamente in combutta con i dittatori non ci abbiano pensato un attimo a lasciare il vecchio potere per appoggiare la rivolta dis-organizzata? In Egitto il potere è sempre stato controllato dall’esercito; e più in generale, in tutti questi stati l’esercito rappresenta una casta separata e superiore al resto della popolazione, mediamente benestante e legata a doppio filo col potere. Com’è possibile che abbiano deciso in blocco di “mollare” il potere costituito e la tranquillità della loro egemonia sociale per appoggiare rivolte che in fin dei conti potevano anche finire malissimo?
5) Perché tutto questo va bene per la Tunisia e l’Egitto e non succede in Grecia, tanto per fare un esempio, che ha quasi lo stesso livello di reddito della Libia, ma che in compenso ha una lotta praticamente armata contro il potere, organizzata e cosciente? O non è successo in tutto il resto del mondo, dove è stata la violenza a caratterizzare la presa del potere, o quantomeno la sua parte distruttiva di abbattimento dei regimi, e dove l’esercito è sempre stata la fonte di tranquillità dei governi, consentendo in ultima analisi una repressione militare alle rivolte?
6) Può essere davvero chiamata “rivoluzione” una protesta che non prevede la presa di possesso dei mezzi di produzione, o che in ogni caso non si pone questo come obiettivo a cui aspirare? E che non ha alla base il miglioramento sociale, bensì un adeguamento alle norme democratiche presenti in Europa o negli USA, una richiesta tout court di democrazia senza specificazioni?
http://www.militant-blog.org/?p=4149#more-4149
2) Una rivolta interclassista può avere delle proposte politiche interclassiste, o più probabilmente alla fine la classe che saprà emergere come più forte inciderà sul futuro dei governi?
3) Come è stato possibile che delle rivolte pacifiche siano giunte al potere? Dopo una media di trent’anni di egemonia politica per rais, è davvero possibile che due settimane di mobilitazioni di piazza siano bastate a far crollare regimi appunto ultradecennali e apparentemente fedeli all’occidente?
4) Come è possibile che degli apparati militari apertamente in combutta con i dittatori non ci abbiano pensato un attimo a lasciare il vecchio potere per appoggiare la rivolta dis-organizzata? In Egitto il potere è sempre stato controllato dall’esercito; e più in generale, in tutti questi stati l’esercito rappresenta una casta separata e superiore al resto della popolazione, mediamente benestante e legata a doppio filo col potere. Com’è possibile che abbiano deciso in blocco di “mollare” il potere costituito e la tranquillità della loro egemonia sociale per appoggiare rivolte che in fin dei conti potevano anche finire malissimo?
5) Perché tutto questo va bene per la Tunisia e l’Egitto e non succede in Grecia, tanto per fare un esempio, che ha quasi lo stesso livello di reddito della Libia, ma che in compenso ha una lotta praticamente armata contro il potere, organizzata e cosciente? O non è successo in tutto il resto del mondo, dove è stata la violenza a caratterizzare la presa del potere, o quantomeno la sua parte distruttiva di abbattimento dei regimi, e dove l’esercito è sempre stata la fonte di tranquillità dei governi, consentendo in ultima analisi una repressione militare alle rivolte?
6) Può essere davvero chiamata “rivoluzione” una protesta che non prevede la presa di possesso dei mezzi di produzione, o che in ogni caso non si pone questo come obiettivo a cui aspirare? E che non ha alla base il miglioramento sociale, bensì un adeguamento alle norme democratiche presenti in Europa o negli USA, una richiesta tout court di democrazia senza specificazioni?
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